DOI Heft:
Fasc. 6
DOI Artikel:Ciaccio, Lisetta: Scoltura romana del Rinascimento, [3]: primo periodo (sino al pontificato di Pio II)
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SCOLTURA ROMANA DEL RINASCA MENTO
441
La nostra scultura è dal « Cicerone » 1 attribuita dubitativamente al Filarete, ma non
mi pare che tale ipotesi possa prendersi in considerazione. Se pme nel panneggio a fitte
pieghe può vedersi qualche cosa dello stile di Antonio da Firenze, quantunque questi non
tormenti mai a tal punto le sue stoffe, vi sono dei particolari che impediscono assolutamente
di riferire a lui la scultura: basti osservare gli occhi tutti lisci, mentre il Filarete vi graifisce
sempre profondamente l’iride, ed il brutto leone mal costruito ed inorganico che si potrebbe
supporre scolpito soltanto in un momento di pazzia da quel potente e maraviglioso anima-
lista che Antonio si rivela nelle istoriette dei fregi ed in tutti i rilievi della porta ènea di
San Pietro.
Ciò nondimeno la scultura non è davvero delle peggiori della scuola romana, ma anzi
essa ci presenta insieme con i suoi difetti un tale aspetto di distinzione e nobiltà di stile
da meritare di esser collocato, insieme con le opere del maestro delle Virtù, al primo posto
fra i prodotti dell’ inizio del Rinascimento romano, giacché, per il suo stile ancora arcaico
rispetto alle sculture del tempo di Callisto III, dobbiamo appunto considerarla contempo-
ranea ai primi saggi del maestro delle Virtù.2
* * *
Resterebbe ora, per terminare lo studio impreso, di passare in rassegna, o meglio vedere
quale realmente sia l’opera dei due maggiori artisti del periodo che ci interessa: Paolo
Romano ed Isaia da Pisa. Ma ciò mi riservo di fare prossimamente, contentandomi per
ora di avere cercato di schiarire l’ambiente artistico nel quale quei due operarono, a fine
di poter meglio comprendere il loro valore e quanto può esservi di veramente personale
nell’arte loro.
Lisetta Giaccio.
1 IX edizione, Leipzig, 1904, II, pag. 469. esso ne è un frammento eterogeneo, certamente an-
2 L’architrave della porta su cui è collocato il ri- tenore e di molto,
lievo è del pontificato di Paolo II (1464-1471); ma
L'Arte. IX, 56.
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La nostra scultura è dal « Cicerone » 1 attribuita dubitativamente al Filarete, ma non
mi pare che tale ipotesi possa prendersi in considerazione. Se pme nel panneggio a fitte
pieghe può vedersi qualche cosa dello stile di Antonio da Firenze, quantunque questi non
tormenti mai a tal punto le sue stoffe, vi sono dei particolari che impediscono assolutamente
di riferire a lui la scultura: basti osservare gli occhi tutti lisci, mentre il Filarete vi graifisce
sempre profondamente l’iride, ed il brutto leone mal costruito ed inorganico che si potrebbe
supporre scolpito soltanto in un momento di pazzia da quel potente e maraviglioso anima-
lista che Antonio si rivela nelle istoriette dei fregi ed in tutti i rilievi della porta ènea di
San Pietro.
Ciò nondimeno la scultura non è davvero delle peggiori della scuola romana, ma anzi
essa ci presenta insieme con i suoi difetti un tale aspetto di distinzione e nobiltà di stile
da meritare di esser collocato, insieme con le opere del maestro delle Virtù, al primo posto
fra i prodotti dell’ inizio del Rinascimento romano, giacché, per il suo stile ancora arcaico
rispetto alle sculture del tempo di Callisto III, dobbiamo appunto considerarla contempo-
ranea ai primi saggi del maestro delle Virtù.2
* * *
Resterebbe ora, per terminare lo studio impreso, di passare in rassegna, o meglio vedere
quale realmente sia l’opera dei due maggiori artisti del periodo che ci interessa: Paolo
Romano ed Isaia da Pisa. Ma ciò mi riservo di fare prossimamente, contentandomi per
ora di avere cercato di schiarire l’ambiente artistico nel quale quei due operarono, a fine
di poter meglio comprendere il loro valore e quanto può esservi di veramente personale
nell’arte loro.
Lisetta Giaccio.
1 IX edizione, Leipzig, 1904, II, pag. 469. esso ne è un frammento eterogeneo, certamente an-
2 L’architrave della porta su cui è collocato il ri- tenore e di molto,
lievo è del pontificato di Paolo II (1464-1471); ma
L'Arte. IX, 56.