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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0487

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444

MISCELLANEA

molto prominente con narici gonfiate, sopracciglia ar-
cuate, a stragrande elevazione sopra gli occhi, mede
simo tipo fisionomico del Bambino). Senonchè l’artefice,
nel bassorilievo di Piazzola, rivela un fare progredito:
la rigidità delle forme nel suo primo lavoro (quello di
Costozza) si è sciolta in un’attitudine di movimento
disinvolto, e nell’animazione interna, specialmente del
Bambino, si nota un progresso essenziale. Qual parte
di ciò spetti a un diretto modello di Donatello, che
il nostro artista avrebbe tenuto innanzi a sé, è quello
che non possiamo determinare non essendo oggidì in-
dicabile un simile lavoro del maestro (se il dott. Sclui-
bring al luogo citato mette innanzi come tale il bas-
sorilievo n. 46 del Museo di Berlino, riprodotto dal
Bode, Fiorentiner Bildhauer, Berlin, 1902, pag. 116,
e sulla tavola IV del catalogo del Museo pubblicato
nel 1887, la sua asserzione non ci pare accettabile se
non cum grano salis). In ogni caso non corre alcun
dubbio che il bassorilievo del conte Camerini sia
il posteriore dei due, e che sia stato lavorato a Pa-
dova.

Gli altri tre lavori del nostro artefice, che spettano
alla nostra serie, li dobbiamo cercare in Toscana.
E procedendo in ordine cronologico si deve additare
alla Madonna col Bambino in terracotta non dipinta,
che esiste in un tabernacolo nella Via Pietrapiana a
Firenze (fotografia Abitari, 5677). Anche riguardo a
quest'opera, noi ci troviamo in opposizione col dot-
tore Schubring che nega l’affinità di essa con la Ma-
donna Camerini; dall’altra parte oltrepassiamo la de-
terminazione del Bode che la dichiara per un lavoro
affine di quest’ultima, inquantochè noi riteniamo che
essa sia addirittura un’opera dell’autore della Madonna
Camerini. Il modello diretto che(il nostro scultore imitò
in quanto al motivo, si riconosce senza esitazione nel
magnifico bassorilievo donatelliano in bronzo nel
Louvre (vedasi la riproduzione dal Bode, Flurenti-
nische Bildhauer, pag. 75). Senonchè l’allievo anche
in questo suo lavoro ha serbato le singolarità fisiono-
miche più sopra accennate, nonché il modo di trattare
le pieghe; quest’ultimo però sotto l’influenza del suo
modello è riuscito più stilizzato. Del resto il progresso
nella sua evoluzione artistica si palesa manifestamente
nel carattere più monumentale per non dir eroico di
questa sua opera ; sopra tutto nel tipo della Vergine
l’impronta individuale nei due anteriori bassorilievi
ha ceduto il posto a un concetto penetrato di stiliz-
zazione. Con questo poi sparisce anche ciò che in
quest’ultimi si affermò di carattere specifico padovano.
La Madonna di Via Pietrapiana è una produzione del
tutto fiorentina, nel sentimento come nella conforma-
zione artistica. Una sua copia in stucco nel Museo di
Berlino (n. 48-A) fa spiccare i suoi pregi più dell’ori-
ginale avendo essa serbato l’antica sua finissima di-
pintura; un’altra copia in gesso duro meno bella si trova
nel Museo di South-Kensington (n. 7412).

Un passo ulteriore nella sua evoluzione nel senso
testé accennato, il nostro artefice lo fa nel tondo di
marmo della Vergine, la cosiddetta Madonna del Per-
dono, sopra la porta che conduce nella nave trasver-
sale del duomo di Siena (fotografia Alìnari, n. 8951).
Della squisitezza di questa opera fa testimonianza la
circostanza, ch’essa per lungo tempo fu giudicata es-
sere della mano di Donatello, e che in seguito venne
attribuita a Michelozzo. In ogni caso corre lo spazio
di parecchi anni fra la sua origine e quella del bas-
sorilievo della Via Pietrapiana. Giacché, fatta anche
astrazione della materia che impose allo scultore l’ob-
bligo di maggior cura nella modellazione e nella tecnica
del lavoro (nella quale egli, del resto, si afferma del
tutto versato), il tondo di Siena al primo colpo d’occhio
riguardo al suo stile tradisce una maturità progre-
dita, una concezione • di monumentalità affatto lim-
pida. Dall’altra parte, però, tradisce pure il lavoro
« di un allievo o collaboratore che in modo più manie-
rato e senza quel senso di bellezza che è proprio a
Michelozzo, rende lo stile di Donatello, piuttosto con
maggiore fedeltà, ma imitandolo fuor di misura e con
meno destrezza » (Bode), — di un allievo — aggiun-
giamo noi — che però non rinuncia alle singolarità
formali sue proprie, alle quali più sopra si accennò
ripetutamente.

E ultimamente il nostro eroe potrebbe aver scol-
pito conte ultima e più compiuta sua opera nella
quale egli si emancipa dal suo maestro e lavora sotto
l’influsso dei marmorari fiorentini della generazione
più giovane (Rossellino, Desiderio, Majano), il pic-
colo bassorilievo della Madonna nel palazzo Saracini a
Siena, di cui esistono alcuni esemplari, tutti quanti
ben conosciuti (al Louvre, nell’Ateneo di Pesaro,
presso l’antiquario Bardini, nel Museo di South-Ken-
sington, e dal signor Schweitzer a Berlino) ci paiono
essere soltanto repliche dell’originale di Siena (foto-
grafia Abitari, n. 9995). Però, questa attribuzione non
la proferiamo se non dubitativamente, accennando nel-
l’istesso tempo, che, anni or sono, già il dott. Bode
richiamò il bassorilievo Saracini per opera di uno scul-
tore fiorentino, non senese, e lo classificò in vici-
nanza del tondo sulla porta del duomo (v. Italienìsche
Bildhauer der Renaissance, Berlin, 1887, pag. 35).

Domandiamoci ormai quale degli aiuti toscani di
Donatello a Padova potrebbe essere l’autore dei
bassorilievi in questione. Da quanto si è detto, consta
ch’egli si abbia a cercare nel numero di questi, e
non fra i successori padovani del maestro, ed è certo
pure che dobbiamo eliminare a bella prima Giovanni
da Pisa e Urbano da Cortona, poiché i loro lavori
autentici, di cui conosciamo parecchi, quanto allo stile
differiscono del tutto dai nostri bassorilievi. Restano,
quindi da mettere in considerazione soltanto Fran-
cesco del Valente e Antonio di Chellino. Del primo
non si sa nulla all’ infuori della sua attività a Padova ;
 
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