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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Corrieri
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CORRIERI

459

stato l’intenzione di donare allo Stato questo magni-
fico insieme di 92 pitture e di più di 50 disegni. Il
Louvre era felicissimo di questa buona occasione, ma
anche un poco imbarazzato, poiché una misura molto
savia e fino ad ora sempre rispettata, non autorizza
l’entrata delle opere d’arte se non che dieci anni, al-
meno, dopo la morte del loro autore. Ciò è necessario
per potere giudicare giustamente il valore di un artista
che i contemporanei possono avere tendenza a troppo
esaltare o a troppo trascurare. Ora alcuni dei maestri
di cui M. Moreau Nélaton possedeva le opere erano
morti da poco tempo. Claude Monet è vivente, e il
suo giovane e robusto talento ci fa sperare ancora
dei lunghi anni di esistenza ; e d’altra parte il colle-
zionista teveva che la sua galleria fosse presen-
tata al pubblico nei suo insieme. Impossibilità
dunque di esporla al Louvre se non si voleva
rinunciare ad una mi ura molto giusta, ed impos-
sibilità di presentarla convenientemente al Museo
del Luxembourg, la cui ristrettezza non permette
neanche di esporre convenientemente le opere
acquistate dalto Stato. Intervenne allora il Museo
delle arti decorative ed offri di conservare questi
quadri fino a che potessero prendere al Louvre
il loro posto definitivo. La combinazione era
felice, piacque a M. Moreau Nélaton, e attual-
mente si sta attendendo ai lavori per il colloca-
mento delle opere. II primo gennaio, al più tardi,
il pubblico sarà ammesso ad apprezzare il dono
prezioso che M. Moreau Nélaton ha fatto allo Stato.
Noi avremo allora l’occasione di fare uno studio di
questa collezione per i lettori de L'Arte.

Queste righe erano già scritte allorché giunse a
Parigi l’annuncio del terribile incendio di Milano. Noi
non possiamo qui renderci conto esattamente dell’en-
tità del disastro, ma i primi telegrammi sono sventu-
ratamente assai precisi per farci capire che oggetti
d’arte preziosissimi sono si..ti distrutti. L’umanità
tutta intera è colpita da un tale disastro; ma più di
ogni altro il nobile popolo italiano cosi attaccato alle
glorie artistiche del passato, e cosi giustamente orgo-
glioso di avere conservato fino a noi le migliori pro-
duzioni dei suoi grandi maestri, è particolarmente
sensibile a questi guai irreparabili. Noi facciamo voti
perchè si cerchi di raccogliere i ricordi, le descrizioni
e le riproduzioni degli oggetti distrutti, affinchè almeno
essi non siano completamente perduti. Tutti coloro che
sono stati colpiti da una tale sventura vogliano ben
credere che noi prendiamo una grandissima parte al
loro lutto artistico, e possano trovare qui l’espres-
sione della nostra viva simpatia.

5 agosto 1906. Jean Gujffrey.

Notizie della Liguria.

La Riviera di Ponente, bella nei suoi promontori
fragranti di mirto, nelle opre dell'uomo sugli aspri

terreni, nelle case ridenti di colore dinanzi all’immenso
mare, non è abbastanza nota nei suoi monumenti
d'arte, ed una visita anche fugace, quale potei com-
piere in alcuna delle sue città, in alcuni dei suoi vaghi
paesi, può riserbare molte sorprese.

Antichi affreschi a San Pier d’Arena. — Presso
la chiesa parrocchiale di San Pier d’Arena, che an-
cora conserva nascoste le vestigia di una sua primitiva
struttura romanica, è racchiuso entro un agglomerato
di costruzioni più recenti un pregevole documento
d’arte medioevale, la cappella di Sant’Agostino (fi-
gura x), chiesuola d’una navata, con due campate
coperte da volte a crociera, terminante in un’absidiola

Fig 1 — San Pier d’Arena
Pianta dell’oratorio di Sant’Agostino

munita di due finestre a doppia strombatura (fig. 2).

Benché 1’ Ufficio regionale per la conservazione dei
monumenti abbia già mostrato di apprezzarne l’im-
portanza, il piccolo edificio trovasi ancora nel più
triste abbandono e le poche tracce rimaste dell’an-
tica sua decorazione dipinta vanno deperendo sem-
pre più. Sulla parete di destra non resta più nessun
avanzo di pitture, nè nella conca dell’abside, ma sul-
l’arco frontale di questa vedesi ancora, a sinistra, un
frammento di affresco, l’inizio di due fasce dipinte
che cingevano la curva esterna della conca. Della
prima fascia rimangono due busti di vegliardi, con
candide chiome e grandi barbe fluenti, in atto di sol-
levare con ambedue le mani una fiala: di certo, due
dei ventiquattro vegliardi dell’Apocalisse che dove-
vano essere qui effigiati all’intorno mentre entro l’ab-
side il p'ttore forse aveva espresso Cristo fra i quattro
simboli degli evangelisti. Della seconda fascia restano
due busti di giovani santi, nimbati, entro riquadri
formati da racemi. L’ultima campata della parete di
sinistra ha ancora quasi intiera, sebbene assai eva
nida, l’antica decorazione. La parete, guasta ora da
tuia finestra praticatavi distruggendo in parte le pit-
ture, appar divisa in tre zone con istorie della vita
di Cristo: ancora si può decifrare fra gli scialbi resti
di colore, in alto, VAnnunciazionet indi parte della At-
tività, col vecchio Giuseppe (IOSEP.) seduto, e con
 
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