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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 20.1917

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Fasc. 3
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Pittaluga, Mary: Eugène Fromentin e le origini de la moderna critica d'arte, [3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17337#0275

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EUGÈNE E ROM E NT IN E LE ORIGINI DE LA MODERNA CRITICA D'ARTE 241

le sue pitture vive e tali che loro non manchi che il fiato »'; e ancora: «Bisogna di poi
sapere imitare il color de' panni, la seta, l'oro ed ogni qualità così bene che paja di
vedere la durezza o la tenerezza più o meno, secondo che alla condizione del panno
si conviene: saper fingere il lustro de le armi, il fosco della notte, la chiarezza del giorno:
campi, fuochi, lumi, acqua, terra, sassi, erbe, arbori, fronde, fiori, frutti, edifici, casa-
menti, animali e siffatte cose tanto appieno, che elle abbiano tutte del vivo, e non sa-
zino mai gli occhi di chi le mira ».2

Il passo ricorda singolarmente Leonardo.

Il Dolce ha dunque, de l'arte, un concetto del tutto naturalistico: tale convincimento
è così radicato, che domina, senza incertezze, ogni parte de la breve trattazione. Mentre,
per altri riguardi, egli fa che nel dialogo le idee dei due interlocutori contrastino, giun-
gendo a volte ad una, sia pure retorica, vivacità.di linguaggio, circa la definizione de la
pittura l'accordo è perfetto; dice il Fabrini a l'Aretino: « Questa definizione è facile e
propria», e nessuno sospetta che possa csservenc un'altra.

Il giudizio de l'arte di Michelangelo, quello de l'arte di Raffaello, sono conseguenza,
diretta e indiretta, di quel criterio, e gli argomenti, su cui l'uno e l'altro poggiano, indicano
fino a qual punto possano giungerne gli effetti.

Dopo aver dato, ancora una volta, la definizione di pittura, ed aver ripetuto che
« colui tanto più è migliore e più eccellente pittore, quanto maggiormente le sue pitture
s'assomigliano alle cose naturali »,3 il Dolce, per bocca de l'Aretino, sentenzia: « Quando

10 vi avrò dimostrato questa perfezione trovarsi più ne la pittura del Sanzio che del
Buonarroti, senza fallo ne seguirà quello che vi ho replicato più volte »,4 ossia la supe-
riorità di quello su questo.

La pittura consta di invenzione, disegno e colorito 1 — lo scrittore vuol dimostrare,
attraverso una trattazione lunga, in cui i riferimenti a la mitologia, a la storia, a la poesia
si susseguono, vuol dimostrare che Michelangelo non è stato sublime nel conseguimento
di alcuno dei tre elementi.6

Ne l'invenzione no (e il Dolce dà al vocabolo il significato più iconografico), poiché
non ha osservate le leggi « d'ordine e di convenevolezza »: « Non ha egli popolato le siie com-
posizioni di muscolosi nudi, che appena lasciano travedere le diversità de l'età e dei sessi? »
E, d'altra parte, « chi ardirà affermare che stia bene ne la chiesa di S. Pietro, principe
degli apostoli, in una Roma, ove concorre tutto il mondo, nella cappella del pontefice, ecc..
si veggano dipinti tanti ignudi, che dimostrano disonestamente dritti e riversi? »7 « Oh!»,

11 Fabrini ribatte, « gli occhi sani non si corrompono per vedere dipinte le cose de la na-
tura: nè gl'infermi riguardano che sia con sana mente ». Il contrasto diviene più intenso,
finché Raffaello entra in lizza; Raffaello, ideale di modestia e di convenienza, di san-
tità e di divinità, « che par che levi da la mente degli uomini ogni reo pensiero ».s

Né al Dolce sembra che Michelangelo abbia superato l'Urbinate nel « componimento
de. la storia », poiché nel Giudizio « si vedono cose ridicole »: al Fabrini attonito, l'Aretino
spiega: « Non è cosa ridicola l'aversi imaginato in cielo, tra la moltitudine de le anime
beate, alcuni che teneramente si baciano; ove dovrebbero essere intenti, e col pensiero
levato alla divina contemplazione ed alla futura sentenza...?»' E, ciò che a lo scrittore.

1 L'Aret., pag. 07.

2 L'Aret., pag. 100-101.

3 L'Aret., pag. 27.
* L'Aret., pag. 27.

5 L'Aret., pag. 53.

6 Può stupire che, dopo tanti argomenti antimi-
chelangioleschi, almeno ne l'intenzione, l'Aretino

consenta con il Fabrini circa un equivalente pri-
mato dei tre artisti, Michelangelo, Raffaello, Ti-
ziano,

7 LJAret., pag. ito.

8 L'Aret., pag. in,

9 L'Aret., pag. T14.

L'Arte. XX, 32
 
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