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ADOLFO VENTURI
egli non è tra i compagni ricorrenti, mentre, come abbiamo veduto, negli atti del 1503-506
i suoi eredi reclamano la parte del loro avere, con Ambrogio de Predis e Leonardo.
Questi due, dopo aver accennato nel ricorso, all'è ancona de figure de relevo misa tuta
de oro fino », opera probabile di Evangelista, discorrono di quel che essi avevano ese-
guito, e cioè « uno quadro de una nostra dona depinta a olio et dui quadri cum dui
angeli grandi depinti similiter a olio ». Per il primo quadro, in seguito, indicano quale di
loro due sia stato l'autore, dicendo: « dieta nostra clona facta a olio per lo dicto fioren-
tino », cioè per Leonardo da Vinci; e per i due quadri coi due angeli non si fa questa men-
zione, distinguendoli così come opera dell'altro, dell'aiuto, di Ambrogio de Predis.
Leonardo e i compagni avevano tardato a compiere la pala d'altare, ma, compiutala,
volevano liquidare il loro avere; e poi che la Scuola della Concezione era aliena dall'ac-
cettai^ le domande del maggior prezzo per parte degli artisti, ed essi avevano « trovato
persone che hano voluto comprare », pensarono di vendere a queste la tavola mediana, la
Nostra Donna, di Leonardo da Vinci, che doveva essere finita, non potendosi presentare
un compratore per cosa incompiuta, per una pittura in erba. Già consegnata alla Con -
fraternita, ornata « in forma prout perspici possit »,' aveva attratto il desiderio di un
amatore, il quale aveva offerto cento ducati invece delle cento li 1 e che la Fraternità era
disposta a sborsare; ma, prima di cederla, gli artisti cercarono il saldo e un maggior prezzo,
come solo potevano cercare per un lavoro condott a termine. Ri colsero quindi al Duca
Ludovico il Moro, dicendo che le 800 lire imperiali pattuite le avevano avute, ma che tutte
si erano spese nella ancona di rilievo, e che del quadro mediano non potevano contentarsi
di altre 100 lire, secondo la stima che avevan fatto gli scolari della Concezione, come ciechi
che non possono giudicare di colori. Insomma, se non si voleva riparare all'ingiustizia, non
dare il sopraprezzo, e, sentiti i periti d'arte, non aggiungere quanto essi avrebbero stimato
il quadro mediano, si lasciasse almeno «ali dicti exponenti dieta nostra dona facta a olio ».
Ludovico il Moro s'interessò probabilmente alla richiesta, poi che si addivenne a
una soluzione, la quale però lasciò insoddisfatti gli artisti. Nel 1503 e nel 1506, risulta
che Leonardo, Ambrogio Preda e gli eredi di suo fratello Evangelista avevano rice-
vuto, totale compenso, 730 lire imperiali, più lire 100 aggiunte, « prò et occasione so-
lutionis predicte ancone et tabule ». Dunque si era cercato già dalla Fraternità di venire
a liquidazione dell'avere degli artisti, si era arrivati all'« occasione solutionis »; ma si
erano sborsate poco più di 800 lire imperiali. Era naturale che gli artisti restassero scon-
tenti; e pensassero se non era il caso di accettare le offerte generose di chi quadrupli-
cava il meschino sopraprezzo di 25 ducati esibito dai confratelli stimatori, poveri e cicchi ».
Fatto è che nel 1506, mentre s'aspettava Leonardo a Milano da Carlo d'Amboise, luogo-
tenente del re di Francia, e l'antica vertenza con la Scuola della Concezione, per l'in-
tervento di Luigi XII, era riaperta, gli stimatori, gli arbitri notarono che, contrariamente
agl'impegni, « dieta ancona non fuerit finita, nec etiam de presente sit finita », e aggiun-
sero anche ch'essa rimase incompiuta per la partenza di Leonardo da Milano. Evidente-
mente qualcosa che ci sfugge, che i documenti non dicono era avvenuto, perchè l'an-
cona, già consegnata al Priore e agli scolari della Fraternità, apparisse, per la prima
volta, nel 1506, incompiuta: aggiungasi che dell'incompiutezza non è parola ne' documenti
anteriori al 1506 per la tavola pagata male, ma pagata, consegnata, e da amatori de-
sideratissima. Non è possibile credere che, a finirla, occorressero ancora due anni di
tempo, mentre nel contratto iniziale del 1483 gli artisti s'obbligavano di dare tutto
finito in otto mesi. La tavola, tornata nello studio di Leonardo o di Ambrogio Preda,
riconsegnata agli artisti perchè la compissero, dovette per il fatto nuovo sopravvenuto,
del quale i documenti non potevano tener conto, essere sostituita, probabilmente per
volontà del potente monarca francese, nella cui, guardaroba si trovò ben presto. Non si
1 V. Luca Beltrami, Documenti inediti cit.
ADOLFO VENTURI
egli non è tra i compagni ricorrenti, mentre, come abbiamo veduto, negli atti del 1503-506
i suoi eredi reclamano la parte del loro avere, con Ambrogio de Predis e Leonardo.
Questi due, dopo aver accennato nel ricorso, all'è ancona de figure de relevo misa tuta
de oro fino », opera probabile di Evangelista, discorrono di quel che essi avevano ese-
guito, e cioè « uno quadro de una nostra dona depinta a olio et dui quadri cum dui
angeli grandi depinti similiter a olio ». Per il primo quadro, in seguito, indicano quale di
loro due sia stato l'autore, dicendo: « dieta nostra clona facta a olio per lo dicto fioren-
tino », cioè per Leonardo da Vinci; e per i due quadri coi due angeli non si fa questa men-
zione, distinguendoli così come opera dell'altro, dell'aiuto, di Ambrogio de Predis.
Leonardo e i compagni avevano tardato a compiere la pala d'altare, ma, compiutala,
volevano liquidare il loro avere; e poi che la Scuola della Concezione era aliena dall'ac-
cettai^ le domande del maggior prezzo per parte degli artisti, ed essi avevano « trovato
persone che hano voluto comprare », pensarono di vendere a queste la tavola mediana, la
Nostra Donna, di Leonardo da Vinci, che doveva essere finita, non potendosi presentare
un compratore per cosa incompiuta, per una pittura in erba. Già consegnata alla Con -
fraternita, ornata « in forma prout perspici possit »,' aveva attratto il desiderio di un
amatore, il quale aveva offerto cento ducati invece delle cento li 1 e che la Fraternità era
disposta a sborsare; ma, prima di cederla, gli artisti cercarono il saldo e un maggior prezzo,
come solo potevano cercare per un lavoro condott a termine. Ri colsero quindi al Duca
Ludovico il Moro, dicendo che le 800 lire imperiali pattuite le avevano avute, ma che tutte
si erano spese nella ancona di rilievo, e che del quadro mediano non potevano contentarsi
di altre 100 lire, secondo la stima che avevan fatto gli scolari della Concezione, come ciechi
che non possono giudicare di colori. Insomma, se non si voleva riparare all'ingiustizia, non
dare il sopraprezzo, e, sentiti i periti d'arte, non aggiungere quanto essi avrebbero stimato
il quadro mediano, si lasciasse almeno «ali dicti exponenti dieta nostra dona facta a olio ».
Ludovico il Moro s'interessò probabilmente alla richiesta, poi che si addivenne a
una soluzione, la quale però lasciò insoddisfatti gli artisti. Nel 1503 e nel 1506, risulta
che Leonardo, Ambrogio Preda e gli eredi di suo fratello Evangelista avevano rice-
vuto, totale compenso, 730 lire imperiali, più lire 100 aggiunte, « prò et occasione so-
lutionis predicte ancone et tabule ». Dunque si era cercato già dalla Fraternità di venire
a liquidazione dell'avere degli artisti, si era arrivati all'« occasione solutionis »; ma si
erano sborsate poco più di 800 lire imperiali. Era naturale che gli artisti restassero scon-
tenti; e pensassero se non era il caso di accettare le offerte generose di chi quadrupli-
cava il meschino sopraprezzo di 25 ducati esibito dai confratelli stimatori, poveri e cicchi ».
Fatto è che nel 1506, mentre s'aspettava Leonardo a Milano da Carlo d'Amboise, luogo-
tenente del re di Francia, e l'antica vertenza con la Scuola della Concezione, per l'in-
tervento di Luigi XII, era riaperta, gli stimatori, gli arbitri notarono che, contrariamente
agl'impegni, « dieta ancona non fuerit finita, nec etiam de presente sit finita », e aggiun-
sero anche ch'essa rimase incompiuta per la partenza di Leonardo da Milano. Evidente-
mente qualcosa che ci sfugge, che i documenti non dicono era avvenuto, perchè l'an-
cona, già consegnata al Priore e agli scolari della Fraternità, apparisse, per la prima
volta, nel 1506, incompiuta: aggiungasi che dell'incompiutezza non è parola ne' documenti
anteriori al 1506 per la tavola pagata male, ma pagata, consegnata, e da amatori de-
sideratissima. Non è possibile credere che, a finirla, occorressero ancora due anni di
tempo, mentre nel contratto iniziale del 1483 gli artisti s'obbligavano di dare tutto
finito in otto mesi. La tavola, tornata nello studio di Leonardo o di Ambrogio Preda,
riconsegnata agli artisti perchè la compissero, dovette per il fatto nuovo sopravvenuto,
del quale i documenti non potevano tener conto, essere sostituita, probabilmente per
volontà del potente monarca francese, nella cui, guardaroba si trovò ben presto. Non si
1 V. Luca Beltrami, Documenti inediti cit.