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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 22.1919

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Fasc. 1-2
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Tea, Eva: Esposizione internazionale d'arte a Parigi
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https://doi.org/10.11588/diglit.17339#0069

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ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D'ARTE

A PARIGI

Si è inaugurata a mezzo aprile in Parigi l'espo-
sizione internazionale artistica, a beneficio dei
bimbi, che, nelle province francesi devastate dal
nemico, son rimasti senza famiglia, senza casa,
senza pane. L'Italia ha «risposto all'appello»,
leggesi nel bel catalogo che porta il nome di Cor-
rado Ricci, organizzatore solerte e accorto della
mostra, «con un nome che, nel suo cuore, fa eco
alla bellezza con la bellezza, al patriottismo col
patriottismo, al martirio col mattirio : Venezia».

Per ragioni d'opportunità, già con ampiezza
discusse nella stampa quotidiana, l'Italia si pre-
senta ragionevolmente con una mostra regionale:
il ditirambo di Venezia intonato dal Tiepolo,
ripreso in minore dal Canaletto e dal Guardi, com-
mentato dai moderni con strofe brevi.

Sebbene la mostra abbia carattere più comme-
morativo che scientifico, è utile riflettere sugli
ammaestramenti che può fornire la temporanea
vicinanza delle opere sopra indicate all'arte fran-
cese del Settecento.

Dinanzi allo sviluppo dello stile settecentesco
in Italia e in Francia, l'osservatore attento non
mancherà di avvertire certi sincronismi ed ana-
cronismi che sfuggono alla lettura dei manuali.

Ricci, 1660-1734.

Tiepolo, 1696-1769.

Fra i due, il Piazzetta, cioè il rinnovamento
chiaroscurale.

Van Loo, 1684-1745.
Boucher, 1703-1770.

Fra i due, Watteau, che pennelleggia come
il Veronese.

La generazione settecentesca italiana avanzò
dunque di circa un ventennio il rococò francese;
scoperta punto meravigliosa, se è vero che lo
spirito del rococò apparve prima in Italia, col
secentesco genovese Gaulli.

Quando Boucher diceva a Fragonard: « Là bas
on te fera admirer Michelange et Raphael; si tu
as le malheur de prendre ces gens là au sérieux,

tu es perda », non alludeva di certo ai pittori ita-
liani, ma ai tardivi compatrioti di Villa Medici.

Già da tempo la pittura italiana aveva spiccato
il suo volo.

Il vigore con cui si sviluppò a Venezia si spie-
gherebbe invano con le generazioni pittoriche pro-
cedenti da Palma il Giovine e dal cavalier Liberi;
un'altra tradizione vi era che si alimentava di
continuo allo studio dei grandi cinquecentisti,
viva nella critica del Boschini, più viva che
mai nello Zanetti, il quale esclamava dinanzi alle
opere di Sebastiano Ricci: « dal felice secolo
xvi sino ad oggi nessuno per avventura migliore
di lui » ; e il Ricci tornava per l'appunto alla vera
tradizione veneta, traverso la scuola romano-ge-
novese.

Il visitatore attento esaminerà ancora i bozzetti
e i disegni del Tiepolo c riconoscerà quanto studio
dell'antico vi sia in questo romantico (come,
per contrapposto, è romantico il pagano e romano
Piranesi) e quanti fuggevoli spunti egli abbia
fornito a quel classicismo che si instaurerà in
Francia e in Italia con il primo Impero.

Accertata la parte originale e feconda del no-
stro '700 nello sviluppo della moderna pittura
europea, si proporranno altri quesiti minori:
quale la reazione di Rosalba alla pittura francese,
e del Canaletto all'inglese? La diaspora della pit-
tura veneta fu così insensibile come sembra ad
ogni novità straniera? E perchè tanta irrequie-
tezza nei veneti, mentre Gainsborough c Crome,
chiusi nei loro villaggi, elaboravano come api il
sugo attinto da Tiziano e da Van Dyk? C'era forse
una parola che soltanto i veneti potessero dire in
quel momento per tutta l'Europa?

L'amatore del Guardi, che non fosse mai sceso
in Italia, (('.nardi è uno di quegli artisti che ci
si può illudere di conoscere da pochi esemplari)
potrà finalmente valutare la potenza di questo
pittore, che trasfigura nella luce perfino i rap-
porti del bianco e nero; il segno a punta di penna,
 
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