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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 22.1919

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Fasc. 1-2
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Tea, Eva: Le rivendicazioni d'arte italiana
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https://doi.org/10.11588/diglit.17339#0095

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LE RIVENDICAZIONI D'ARTE ITALIANA

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s'ammira a Vienna è patrimonio normanno c
siculo, passato alla casa di Germania con il matri-
monio della « gran Costanza ». Il celebrato pallio
di Norimberga, la spada e la corona ritenute di
Carlo Magno, la spada di S. Maurizio, l'alba, la
tunica, i sandali, i preziosi guanti, i centuroni
mostrano i caratteri artistici e le iscrizioni del
Tiraz, come chiamavasi, dal nome persiano delle
vestimenta ricamate, l'opifìcio istituito da Rug-
gero a Palermo, sull'esempio delle corti musulmane.

Nel Tiraz, che ancor fioriva nel 1180, artefici
indigeni educati alla scuola degli arabi crearono
opere singolarissime per la fusione del genio siculo
con l'orientale, simboleggiando nel leone che sog-
gioga il cammello la vittoria della dinastia cri-
stiana sugli infedeli.

Narra Ottone di S. Biagio, continuatore delle
cronache di Ottone di Frisinga, che quando
Enrico VI trionfò a Palermo sullo sconfitto Tan-
credi « ìnaestimabili pecunia in thesaùris vegiis
auri argentique reperta, aerarium publicum Trievels
consertissìmum reddidit, aliaque imperialia triclinia
ex his admodum ditavit ».

Composte le lotte per la successione all'impero,
il tesoro passò ad Aachen per la coronazione di
Rodolfo d'Asburgo, che lo portò in seguito nel suo
castello di Kyburg. Con Carlo IV migrò a Karl-
stein, ove si custodiva anche il tesoro boemo;
donde fu trafugato ad Ofen durante le lotte de-
gli Ussiti. Da ultimo, mormorandosi nell'impero
perchè il tesoro non avea stabile custodia, venne
depositato a Norimberga, cui successive bolle
papali confermarono il privilegio, per esser ri-
masta fedele alla religione dei padri. Alla caduta
dell'impero romano il commissario di Reigensburg
lo portò segretamente nella sua città e lo consegnò
infine all'imperatore d'Austria, « ultimo della fa-
miglia Asburgo-Lorena, in cui la romana dignità
era stata ereditaria per secoli ».

Perchè a Vienna e non a Palermo? La casa
d'Austria non vi aveva alcun diritto, poiché da
lungo tempo la Sicilia si reggeva indipendente:
cessata anche l'ultima larva di potestà imperiale,
doveva il tesoro normanno ritornare alla città che
oggi lo richiede in nome della giustizia e per pub-
blico voto.

Le vicende del tesoro di Toscana sono più note:
come per il patto di famiglia 31 ottobre 1737 venis-
se aggiudicato a Firenze; con quali insidie si ten-
tasse dai Lorenesi di carpirlo all'ultima erede dei
Medici, violando alla fine il testamento di lei;
e come miseramente finisse a Vienna, venduto in
parte o fuso.

Sono passati invece in oblio gli altri abusi
commessi dalla Casa di Lorena nel governo della

Toscana: oneri dell'eredità Medici imposti alla
finanza pubblica, mentre la dinastia straniera
s' impinguava con i beni della Corona; doni
forzosi all' imperatore; titoli di monte usati da
Ferdinando III per la provvisione extra-dotale
della moglie Maria-Luisa; spese dell'erario per il
mantenimento di truppe austriache; vendita abu-
siva di possessioni; l'Accademia del Cimento spo-
gliata dei suoi apparecchi di fisica, memorie del
rinnovamento scientifico operato dagli italiani
nel secolo xvn. Chi volesse gridare all'esagera^
zione, rimandiamo ai due densi volumi dello Zobi,4
tornati d'attualità.

Non solo, dunque, i famosi gioielli, per cui si
consumò d'affanni 1' Elettrice, ma tutto il patri-
monio Medici trasportato a Vienna deve tornare
in Toscana, a saldo dei vecchi conti. Aspettano le
case avite, dove i preziosi oggetti sono ricordati
negli antichi inventari; le reggie deserte tornino a
splendere per la gioia del popolo, che ama lo
sfarzo quando è nobilitato dalla bellezza.

Un furto di gran stile rappresenta la collezione
di codici che Carlo VI asportava nel 1718 dai con-
venti napoletani; per tacere d'altre questioncellle
minori, come la confisca degli antichi bronzi vero-
nesi, mercè un baratto forzoso con mediocrissimi
vasi moderni.

S'è accennato ai casi più òvvii, i cui documenti
sono di pubblico dominio; ma ricerche sistematiche
negli archivi potrebbero rivelare altri vecchi
torti, di cui sia doveroso esigere riparazione.

Alessandro Luzio consigliava di rivedere il pro-
cesso dell'eredità Gonzaga, svoltosi a Venezia nel
1708 e del quale si conservano gli atti inediti.

E probabile che la casa di Lorena non vi avesse
più diritto di tante altre; armi, bronzi, quadri
della dinastia mantovana tornerebbero a noi, o
quella parte almeno che si può dimostrare esi-
stente in situ dopo il sacco del 1630.

Potremmo allor forse ridare alla corte di S. Gior
gio, insieme con gli arazzi di Raffaello, anche la
serie Fructus Belli, segnata con lo stemma Gon-
zaga, tutta pregna di tradizioni locali, dall'icono-
grafia mantegnesca al disegno singolarmente ve-
neto-emiliano-romano, testimonianza d'una conta-
minazione breve dell'arte, che ci piace, perchè at-
trasse gli occhi giovanili di Paolo Caliari.

E la successione Estense fu presa radicalmente
in esame? Onore al popolo di Tivoli, che, non
curando le ambagi diplomatiche, affermò la pote-
stà civica su quel delizioso paradiso perduto. Ma

1 A. Zobi, Memorie economico-politiche della Toscana, Fi-
renze, 1860.

L'Arte. XXII, 10.
 
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