A PROPOSITO DELLA « TRINITÀ » DEL TINTORETTO
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conoscersi nel quadro di Venezia, di cui parla la tradizione cinque-seicentesca, mi par
s'imponga senz'altro la tesi d'identificazione fra detto quadro e questo di Torino.
Resta l'incognita delle tre figure dei santi Agostino (o Antonio), Francesco, Adriano,
di cui parlano il Boschini e gli altri, le quali oggi mancano: incognita facilmente solu-
bile, quando si pensi alla grande quantità di tele, che ci sono pervenute, modificate nelle
loro dimensioni. Le tre figure, dunque, si persero, o per opera d'incendio, come credè il
Ratti, o per altra causa qualsiasi, che sarebbe ora difficile precisare: ma che la Trinità
di Torino sia stata amputata, se non bastassero le vecchie testimonianze, lo proverebbero
evidentemente, direi materialmente, le proporzioni del tutto insolite per un simile soggetto,
(altezza m. 1,22 e lunghezza m. 1,81, ossia un insieme assai più lungo che alto, là dove,
logicamente, si richiederebbe piuttosto slancio verso l'alto); nonché l'impressione stessa
d'affastellamento, che dal quadro oggi deriva, la quale diminuisce, anzi scompare, non
appena si pensi alla vasta zona sottostante, ed equilibrante, dell'originaria composizione.
Detta parte, ad ogni modo, dovè essere asportata durante il periodo veneziano: chè se
ciò fosse accaduto a Genova, dal Ratti stesso, con molta probabilità, ne avremmo notizia.
Così impostata, la questione del nostro quadro è risolta.
Dipinto, a me pare, nel tempo delle pitture dell'Albergo di S. Rocco, o immediata-
mente dopo (intorno al 1570, insomma), esso permase nella chiesa di S. Gerolamo, fino ai
primi decenni del Settecento: quindi venne a Genova, dove, in quel volger di anni, altre
cose veneziane erano emigrate, ed ivi il Ratti lo vide, nel I766: le notizie degli scrittori
veneti e di quello genovese concordemente comportano la tesi dell'epoca di passaggio da
una città all'altra. Privato della parte inferiore con i tre santi, che il Boschini vide
abbasso, rimasevi «rappresentata... opera veramente di bella rarità... la SS. Trinità»;
ossia il n. 566 della Pinacoteca di Torino.
Mary Pittaluga.
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conoscersi nel quadro di Venezia, di cui parla la tradizione cinque-seicentesca, mi par
s'imponga senz'altro la tesi d'identificazione fra detto quadro e questo di Torino.
Resta l'incognita delle tre figure dei santi Agostino (o Antonio), Francesco, Adriano,
di cui parlano il Boschini e gli altri, le quali oggi mancano: incognita facilmente solu-
bile, quando si pensi alla grande quantità di tele, che ci sono pervenute, modificate nelle
loro dimensioni. Le tre figure, dunque, si persero, o per opera d'incendio, come credè il
Ratti, o per altra causa qualsiasi, che sarebbe ora difficile precisare: ma che la Trinità
di Torino sia stata amputata, se non bastassero le vecchie testimonianze, lo proverebbero
evidentemente, direi materialmente, le proporzioni del tutto insolite per un simile soggetto,
(altezza m. 1,22 e lunghezza m. 1,81, ossia un insieme assai più lungo che alto, là dove,
logicamente, si richiederebbe piuttosto slancio verso l'alto); nonché l'impressione stessa
d'affastellamento, che dal quadro oggi deriva, la quale diminuisce, anzi scompare, non
appena si pensi alla vasta zona sottostante, ed equilibrante, dell'originaria composizione.
Detta parte, ad ogni modo, dovè essere asportata durante il periodo veneziano: chè se
ciò fosse accaduto a Genova, dal Ratti stesso, con molta probabilità, ne avremmo notizia.
Così impostata, la questione del nostro quadro è risolta.
Dipinto, a me pare, nel tempo delle pitture dell'Albergo di S. Rocco, o immediata-
mente dopo (intorno al 1570, insomma), esso permase nella chiesa di S. Gerolamo, fino ai
primi decenni del Settecento: quindi venne a Genova, dove, in quel volger di anni, altre
cose veneziane erano emigrate, ed ivi il Ratti lo vide, nel I766: le notizie degli scrittori
veneti e di quello genovese concordemente comportano la tesi dell'epoca di passaggio da
una città all'altra. Privato della parte inferiore con i tre santi, che il Boschini vide
abbasso, rimasevi «rappresentata... opera veramente di bella rarità... la SS. Trinità»;
ossia il n. 566 della Pinacoteca di Torino.
Mary Pittaluga.