25°
ACHILLE BERTIXI CALOSSO
demolire la tomba di Cecilia Metella per ricavarne il materiale occorrente alla costru-
zione della Fontana di Trevi, o perchè ha proposto lo spostamento dell'abside col mo-
saico di Sisto III in S. Maria Maggiore? Badiamo: i più puri uomini del Rinascimento
più puro hanno sulla coscienza peccati non meno gravi! È proprio di ogni età vigoro-
samente artistica, di ogni artista che a buon diritto abbia coscienza del proprio valore,
la scarsa considerazione per quelle opere del passato che rappresentino un impaccio alla
libera creazione attuale: nel Bernini nè possiamo nè dobbiamo ricercare l'erudito, ma
in lui troviamo lo spirito classico, nato dal profondo senso di romanità, alimentato
attraverso lo studio degli antichi e dei moderni più degni di culto, tenuto sempre vivo
da un puro idealismo e dall'esercizio elevato dell'aiti'.
* * *
1! classicismo di Gian Lorenzo Bernini si riflette evidentissimo soprattutto nel pro-
gramma didattico che egli prepara per l'Accademia Francese di Roma, e nell'aiuto
che dà incessantemente perchè questa possa raggiungere le sue finalità. L'estimatore
di Annibale Oarracci sa compilare un sapiente programma di educazione fondamental-
mente classica e liberalmente eclettica: influisce per tal mezzo sullo svolgimento dell'arte
francese, come già vi aveva influito attraendo nell'orbita della sua imitazione gli artisti
francesi venuti precedentemente a Roma, e fornendo pareri e suggerimenti durante il
suo soggiorno a Parigi.
Il Bernini era in Francia —almeno nel mondo ufficiale — stimato « le premier homme
« du temps », « le premier du siècle dans sa profession »: non è quindi maraviglia se, prima
ancora che si concreti il preciso programma di un'Accademia di Francia a Roma, il
Colbert, manifestando il desiderio del Re di mandare a Roma alcuni giovani artisti,
preghi il Bernini di prenderne cura.
Ricevendo l'Accademia Reale di Pittura e Scultura, il Bernini — quasi per la neces-
sità di una siffatta citazione davanti agli organizzatori ufficiali dell'educazione arti-
stica — parla di Annibale Carracci: allorché, più tardi, restituisce la visita nella
sede accademica, pronuncia un memorabile discorso, che è il vero programma per la
fondazione dell'Accademia di Roma. Insiste sulla necessità che l'Accademia possegga
calchi di belle statue, di rilievi e di busti dell'antichità, sì die su questi modelli
i giovani comincino a disegnare e a fermarsi il gusto, mentre è per essi dannoso da
principio lo studio sul modello vivo: a questo bisogna venire soltanto quando già si
abbia la capacità di riconoscerne e di correggerne i difetti. Ricorda quanto, da giovane,
ha studiato e disegnato dall'antico, e suggerisce d'intramezzare lo studio con la pro-
duzione, l'azione con la contemplazione. Per i pittori è necessario anche l'aiuto di buone
copie dei migliori dipinti. Così per i pittori come per gli scultori tre cose ci vogliono per
riuscire: vedere presto il bello e assuefarcisi, lavorare molto, avere buoni consigli. In
altra occasione ripete: « voir, entendre les grands hommes et pratiquer ».
Il discorso evidentemente ha fatto grande impressione, sì che il Colbert prega il
Bernini di metterlo per iscritto, e sull'argomento lo intrattiene anche il Re: a questo
l'artista ripete i suoi concetti, e dice che a Roma si producono più grandi artisti
che non altrove, perchè ivi è maggior numero di belle statue antiche. Nel suo pro-
gramma il Bernini mostra di saper tener conto di quelle ch'egli ritiene esigenze par-
ticolari per l'educazione di giovani artisti francesi, e non manca di insistere sulla
necessità dello studio dell'antico, nonché del disegno di nudi e di drappeggi. Anche
dopo che si è indotto a scrivere le desiderate istruzioni, continua a parlare con
fervore del progetto, a insistere sulle sue idee fondamentali, a studiare opportune
aggiunte, soprattutto per quello che riguarda i modelli, che — com'egli stesso ha
praticato talora, trovandosene contento — bisognerebbe scegliere tra i Levantini che
ACHILLE BERTIXI CALOSSO
demolire la tomba di Cecilia Metella per ricavarne il materiale occorrente alla costru-
zione della Fontana di Trevi, o perchè ha proposto lo spostamento dell'abside col mo-
saico di Sisto III in S. Maria Maggiore? Badiamo: i più puri uomini del Rinascimento
più puro hanno sulla coscienza peccati non meno gravi! È proprio di ogni età vigoro-
samente artistica, di ogni artista che a buon diritto abbia coscienza del proprio valore,
la scarsa considerazione per quelle opere del passato che rappresentino un impaccio alla
libera creazione attuale: nel Bernini nè possiamo nè dobbiamo ricercare l'erudito, ma
in lui troviamo lo spirito classico, nato dal profondo senso di romanità, alimentato
attraverso lo studio degli antichi e dei moderni più degni di culto, tenuto sempre vivo
da un puro idealismo e dall'esercizio elevato dell'aiti'.
* * *
1! classicismo di Gian Lorenzo Bernini si riflette evidentissimo soprattutto nel pro-
gramma didattico che egli prepara per l'Accademia Francese di Roma, e nell'aiuto
che dà incessantemente perchè questa possa raggiungere le sue finalità. L'estimatore
di Annibale Oarracci sa compilare un sapiente programma di educazione fondamental-
mente classica e liberalmente eclettica: influisce per tal mezzo sullo svolgimento dell'arte
francese, come già vi aveva influito attraendo nell'orbita della sua imitazione gli artisti
francesi venuti precedentemente a Roma, e fornendo pareri e suggerimenti durante il
suo soggiorno a Parigi.
Il Bernini era in Francia —almeno nel mondo ufficiale — stimato « le premier homme
« du temps », « le premier du siècle dans sa profession »: non è quindi maraviglia se, prima
ancora che si concreti il preciso programma di un'Accademia di Francia a Roma, il
Colbert, manifestando il desiderio del Re di mandare a Roma alcuni giovani artisti,
preghi il Bernini di prenderne cura.
Ricevendo l'Accademia Reale di Pittura e Scultura, il Bernini — quasi per la neces-
sità di una siffatta citazione davanti agli organizzatori ufficiali dell'educazione arti-
stica — parla di Annibale Carracci: allorché, più tardi, restituisce la visita nella
sede accademica, pronuncia un memorabile discorso, che è il vero programma per la
fondazione dell'Accademia di Roma. Insiste sulla necessità che l'Accademia possegga
calchi di belle statue, di rilievi e di busti dell'antichità, sì die su questi modelli
i giovani comincino a disegnare e a fermarsi il gusto, mentre è per essi dannoso da
principio lo studio sul modello vivo: a questo bisogna venire soltanto quando già si
abbia la capacità di riconoscerne e di correggerne i difetti. Ricorda quanto, da giovane,
ha studiato e disegnato dall'antico, e suggerisce d'intramezzare lo studio con la pro-
duzione, l'azione con la contemplazione. Per i pittori è necessario anche l'aiuto di buone
copie dei migliori dipinti. Così per i pittori come per gli scultori tre cose ci vogliono per
riuscire: vedere presto il bello e assuefarcisi, lavorare molto, avere buoni consigli. In
altra occasione ripete: « voir, entendre les grands hommes et pratiquer ».
Il discorso evidentemente ha fatto grande impressione, sì che il Colbert prega il
Bernini di metterlo per iscritto, e sull'argomento lo intrattiene anche il Re: a questo
l'artista ripete i suoi concetti, e dice che a Roma si producono più grandi artisti
che non altrove, perchè ivi è maggior numero di belle statue antiche. Nel suo pro-
gramma il Bernini mostra di saper tener conto di quelle ch'egli ritiene esigenze par-
ticolari per l'educazione di giovani artisti francesi, e non manca di insistere sulla
necessità dello studio dell'antico, nonché del disegno di nudi e di drappeggi. Anche
dopo che si è indotto a scrivere le desiderate istruzioni, continua a parlare con
fervore del progetto, a insistere sulle sue idee fondamentali, a studiare opportune
aggiunte, soprattutto per quello che riguarda i modelli, che — com'egli stesso ha
praticato talora, trovandosene contento — bisognerebbe scegliere tra i Levantini che