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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 30.1927

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Bollettino bibliografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.55192#0145

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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

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che non sarebbe del Pasti), e la medaglia, similmente fir-
mata, di Timoteo Maffei.
Al periodo riminese (1446-1451) appartengono, secondo
gli autori, le medaglie di Sigismondo Pandolfo Malatesta
e di Isotta degli Atti. Qui si è esercitata la critica del
Calabi e del Cornaggia, nello sceverare, fra le numerosissime
medaglie malatestiane, quelle, che a ragione possano venir
riconosciute come opere del. Pasti.
Queste sono: due grandi medaglie di Sigism. Pand. Ma-
latesta, col Castello di Rimini sul rovescio, firmate Matheus
Pastus V. e, la seconda, datata 1446; la piccola medaglia, del
medesimo signore, recante, nel rovescio, lo stemma di lui
e le iniziali dell’autore 0. M. D. P. V. 1446; la grande
medaglia di Isotta, con l’elefante, la firma Opus Mathei
de Pastis V. e la data 1446 nel rovescio, e la piccola, con
l’angelo volante con la corona, la stessa firma e la stessa
data nel rovescio.
Segue il minuto e convincente esame delle medaglie,
che vengono date, in genere, a Matteo de’ Pasti, opere,
invece, secondo gli autori, di anonimi riminosi del se-
colo xv. Alcune sono, evidentemente, imitazioni, più o
meno fedeli, delle medaglie pastiane: così le due col Ca-
stello di Rimini, e quella con lo stemma nel rovescio: la
firma è scomparsa, sostituita, nelle due prime, dall’iscri-
zione più spaziata, con l’anno segnato in cifre romane.
Opere di anonimi anche le tre medaglie di Sigism. Pand.
Malatesta, recanti, nel rovescio, una figura muliebre coro-
nata, seduta su due elefanti e tenente una colonna spezzata,
ed una, in cui la figura siede di profilo su di un trono,
tenendo la colonna spezzata con la destra.
Allo stesso gruppo appartengono la piccola medaglia del
Malatesta col braccio tenente la palma, nel rovescio, e le
due medaglie di Isotta, a capo scoperto: l’una, grande,
con la copia (senza firma) dell’elefante pastiano, l’altra,
piccola, con il volume chiuso delle Elegiae, nel rovescio.
Sono da aggiungere, ancora, tre medaglie, col Castello
nel rovescio, in cui il busto del Malatesta, corazzato, rag-
giunge la circonferenza esterna della medaglia, e quella,
dal busto simile, ma piccolo, coronato d’alloro, recante,
nel rovescio, il prospetto del Tempio Malatestiano di San
Francesco, idealmente compiuto. Notevole il giudizio su
quest’ultima medaglia, che è. una delle più notee delle più
comunemente attribuite a Matteo de’ Pasti: « Il rilievo del
Tempio è in se stesso composto di piani non logicamente
coordinati, sì che non dà alcuna efficacia prospettica, ma
solo determina un disegno con alcune parti rilevate. Il
disegno stesso non solo è immaginario per la parte del Tempio
che non fu mai compiuta, ma è completamente arbitrario
anche per gli elementi della costruzione realmente esistenti
(basti osservare gli arconi tra le colonne).» [Veramente, gli
arconi esistevano, tra le colonne, e furono murati in un
secondo tempo].
« Attribuire questa medaglia al Pasti è, anche per chi non
abbia visto neppure una autentica sua medaglia, negargli
ogni valore come architetto e ogni ingerenza nella costru-
zione del Tempio ».

Molto curioso è il confronto di queste opere anonime con i
medaglioni marmorei incastrati sull’esterno della Cap-
pella di San Sigismondo, alla porta d’ingresso della Cap-
pella delle Reliquie, nella Cappella d’Isotta sotto l’arco
della Cappella degli Antenati, a destra e a sinistra della
tomba di Sigismondo, nella porta d’ingresso della cella dei
Caduti.
Seguono, nel catalogo, le volgari falsificazioni, raggrup-
pate secondo le epoche in cui furono, probabilmente fab-
bricate, ad uso dei collezionisti.
Chiudono il volume una tavola delle leggende e delle con-
cordanze, ed una tavola cronologica.
Giovanni Incisa della Rocchetta.
J. Braun, Der christliche Aitar in seiner geschich-
tlichen Entwicklung, Munchen, Alte Meister Guen-
ther Koch, 1924.
L’autore dopo di avere esposto nell’ introduzione la
materia della trattazione, e dopo aver ricordato le fonti
e le opere precedenti riguardanti lo stesso soggetto, entra
nel tema, cominciando a parlare dell’altare in generale.
A quest’argomento egli dedica tutta la prima parte divisa
in due capitoli, nel primo dei quali vengono passati in ras-
segna i vari nomi dell’altare nella Sacra Scrittura, presso i
Greci e i Romani, presso i Padri della Chiesa, gli scrittori
ecclesiastici precarolingi e postcarolingi, e anche i nomi
speciali e i nomi dell’altare portatile. Nel secondo capitolo
il Braun tratta dell’altare fisso e dell’altare portatile al
presente e nella storia. All’altare fisso è dedicata la se-
conda parte dell’opera, dove si studiano il materiale in
cui questo altare si trova costruito e le varie forme dell’al-
tare stesso (altari, a tavola e loro differenti sostegni, al-
tari a cassa, a blocco, a sarcofago), le diverse specie di
mense e di decorazioni dello stipes. Alcuni capitoli sono
occupati da ricerche intorno al numero, l’ubicazione, la di-
sposizione e l’orientamento degli altari fìssi.
Nella terza parte del lavoro, l’autore studia il materiale,
le varie forme e le differenti specie di ornamentazione che
si possono trovare nell’altare portatile; nella quarta tratta
del sepolcro nell’altare fìsso e portatile. (Sua origine, sue
varie specie, uso attuale; la deposizione delle reliquie nel-
l’altare, genere e nomi di esse nelle diverse epoche ecc.).
nella quinta parla della dedicazione dell’altare fisso, dei
vari riti coi quali veniva compiuta nel passato e del rito
che presentemente si segue, della dedicazione dell’altare
portatile e della simbolica dell’altare. Con questa quinta
parte termina il primo volume. Il secondo volume tratta,
con le stesse divisioni e suddivisioni in parti, capitoli, para-
grafi ecc., dei rivestimenti e degli ornamenti dell’altare,
del velum, del sostegno per i candelabri, dei gradini del-
l’altare, del ciborio, del baldacchino, della pala d’altare,
degli altari delle reliquie e del Sacramento, e delle chiusure
intorno agli altari. L’opera è adornata da moltissime illu-
strazioni.
 
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