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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 30.1927

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Bertello, Mara: San Marco e la critica di Ruskin
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https://doi.org/10.11588/diglit.55192#0148

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io6 MARA BERTELLO
L’impressione è fondamentalmente giusta — è difficile, entrando in San Marco,
averne una diversa — ma nessuna deduzione ne è tratta, nè alcuna idea critica originale
ne balza fuori, perchè l’impressione favorevole non è posta in alcun rapporto con« l’idea
di architettura ». Cioè il Gauthier aveva imparato da una tradizione classicheggiante
che cosa era l’architettura, e, ricevuta l’impressione di San Marco, invece di criticare
il proprio concetto di architettura pensa che si tratti di un’altra cosa, di una caverna
d’oro.
Quando un altro critico, il Taine, si accinge a tradurre quest’impressione in co-
scienza critica, l’incanto ad un tratto è rotto e dalla constatazione e descrizione entu-
siasta dell’effetto misterioso del tempio si scende ad una svalutazione completa dell’arte
che l’ha creato. Infatti dopo aver rilevato anch’egli che l’attrattiva principale di San
Marco consiste nella calda colorazione rossastra e dorata, data dalle cupole rivestite
di musaici e di marmi, e nella poca luce che entra appena a suscitare qua e là vaghi
e misteriosi scintillìi, rilevanti solo a tocchi le forme, soggiunge che però scendendo ai
particolari1 « de toutes parts la niaiserie de l’art vieillot et l’insuffisance de l’art enfantin
ont multiplié des mannequins dont les yeux d’émail n’ont plus de regards ». Finisce però
col concluedere « ...si misérable que soient les figures, le jeune peuple qui ait obligé de
les emprunter au vieux peuple, fait d’elle un ensemble harmonieux et beau». E dimen-
tica di ricercare le cause per cui un insieme di cose, ch’egli vorrebbe brutte produce una
impressione complessiva di bellezza, cosa veramente assurda ove la pretesa bruttezza
delle singole parti non sia che il risultato di una mutilazione per cui il particolare, staccato
e astratto dal tutto, perde ogni realtà e ogni vita come un membro reciso e morto.
A Ravenna la sua svalutazione dell’arte bizantina si accentua e si determina; essa
gli appare come la manifestazione di un vecchio mondo in rovina che esaurisce le sue
forze vitali nelle orgie voluttuose, nelle corruzioni auliche e nelle sottigliezze teolo-
giche. E nel suo animo il disprezzo per l’arte bizantina diviene un parallelo del di-
sprezzo per la vita bizantina. 2 « Quel spectacle que celui d’un monde dans lequel
finit et se traine pendant mille ans la civilisation antique sous un Christianisme gàté
et parmi des importations orientales ». Di questa vita gli artisti bizantini sono i veraci
interpreti: « Ils ont désappris l’observation du modèle vivant, les Pères la leur ont inter-
dite: ils copient des types acceptés; de copie en copie leur main machinale répète servi-
lement des contours que leur esprit a. cessé de comprendre et que leur imitation ma-
ladroite va fausser ». E si potrebbe continuare ancora a lungo a enumerare i giudizi
negativi del Taine: riguardo i musaici di S. Vitale egli dice che le figure sono « des
ébauches d’hommes et non des hommes ». E non gli vien fatto, neppure una volta
di pensare se realmente i bizantini avessero le intenzioni ch’egli loro attribuisce di
creare delle compiute rappresentazioni plastiche e realistiche di figure umane.
Passando a considerare dopo i musaici le sculture, trova un’evidente degrada-
zione nel modo di interpretare il rilievo nei capitelli dei pilastri e delle colonne. L’er-
rore fondamentale insomma di tutta questa critica sta nel considerare l’arte bizantina
nient’altro che come una continuazione dell’arte antica e nel guardare ad essa con
occhio classico. Il risultato più strano di tale modo di vedere fu che il disprezzo este-
tico si trasformò per i vecchi storici di Bisanzio in un disprezzo morale, onde tutte
le leggende e i nobili sdegni per Teodora e gli altri più sfruttabili personaggi della
storia bizantina. Così che non poca fatica dovettero sostenere gli storici più recenti
per distruggere il « bizantinismo » come criterio di giudizio.
All’errore di giudizio estetico non seppero sottrarsi neppure gli studiosi che alla
fine del '700 e all’inizio dell’800 volsero la loro attenzione direttamente ai primitivi,

1 Taine, Voyage en Italie, Paris, p. 274.
2 Op. cit., p. 210 e segg.
 
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