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Buonpensiere, Emilio Claudio
Il Disegno Nei Suoi Principj Scientifici E Nella Sua Pratica Applicazione: Con 81 tavole incise e cromolitografate — Palermo, 1893 [ersch.] 1894

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https://doi.org/10.11588/diglit.23913#0022

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— 12 —

Allorquando la superficie è molto grande, è
meglio preparare la carta con una tinta debo-
lissima, e arrivare ai tono per mezzo di una se-
conda tinta.

La faccia b' g', essendo inclinata al piano ver-
ticale e completamente, in ombra, deve rice-
vere una tinta degradata dallo spigolo b c allo
spigolo g h ; ciò si ottiene colla posa successiva
di più tinte piatte. A questo effetto, per operare
regolarmente, si divide la faccia b' g' (figura 17,
tav. IV) in più parti eguali in 1' 2' e conducasi
per questi punti delle linee parallele ai lati b e,
e g li (fig A, tav. IV). Queste linee devono es-
sere leggermente tracciate a lapis , perchè non
servono ebe di guide o direttrici. Si mette allora
una prima tinta grigia sulla superficie compresa
fra la prima linea 1, 1 e lo spigolo bc (fig. 18,
tav. IV); quando quesla tinta è sufficientemente
asciugata , se ne pone una seconda simile clie
ricopra la prima, e che si estenda sino alla linea
2, 2 (fig. 19, tav. IV). Infine una terza tinta che ri-
copra le due precedenti, si termina allo spigolo
esterno g h, (fig. A, tav. IV) e completa il tono
degradato della faccia b e h g.

Il numero delle tinte destinate a esprimere la
gradazione deve evidentemente variare secondo
la larghezza della superficie degradante, e si
comprende che più le tinte saranno moltiplicate,
pili esse potranno essere deboli, e per conse-
guenza men dure saranno le linee sulle quali il
pennello si sarà arrestato.

Il metodo di sovrapporre le tinte covrendole
di più in più è preferibile a quello, qualche volta
impiegato, di covrire prima tutta la superficie
b g li e, di una tinta unita, poscia di posare una
seconda tinta b 2 2 e, ed infine di terminare col-
1' ultima tinta bile, perchè una tinta che ricopra
un'altra l'addolcisce e mostra la direttrice meno
apparente.

La faccia e' a' (fig 17, tav. IV) essendo incli-
nata al piano verticale, ma interamente illuminata,
deve ricevere un tono chiarissimo, perchè più
diretta ai raggi luminosi, ma degradandosi sino
allo spigolo estremo ef (fig. A, tav. IV); si pro-
cede per acquarellarla come nella precedente,
avendo cura però di fare le tinte molto più deboli.

Sia proposto di acquarellare un cilindro a
tinte piatte (fig. 20,21, 22, 23, 24, 25, 2G,B, tav. IV).

31. In un cilindro si deve tener conto della

degradazione dei toni sulla parte in ombra e su
quella che riceve la luce. A questo effetto, la
linea di separazione dell'ombra dalla luce è de-
terminata dal raggio a 45° O a1, (fig. 20, tav. IV)
perpendicolare al raggio di luce; per conseguenza
tutta la porzione dell' ombra propria apparente
sulla proiezione verticale, (fig. B, tav. IV) è com-
presa fra questa linea a b, e la generatrice e-
strema ed. Il tono di questa superficie dev'es-
sere degradata da « 6 a e d, come il piano in-
clinato 6' g' (fig. 17, tav. IV).

Per lo contrario tutta la parte del cilindro com-
presa fra a 6 e la generatrice estrema f g è il-
luminata; intanto bisogna osservare che a causa
della sua forma cilindrica ciascuna delle sue ge-
neratrici è ad inuguale distanza dal piano ver-
ticale di proiezione, e forma degli angoli diffe-
renti colla direzione della luce. Per conseguenza,
questa superficie deve ricevere dei toni degra-
dati. Per ben esprimere l'effetto, bisogna cono-
scere qual' è la porzione di questa superfìcie più
chiara o più brillante: questa è evidentemente
quella che circonda la generatrice e i (fig. B, ta-
vola IV), contenuta nel piano verticale del rag-
gio di luce BO (fig. 20, tav. IV). Ma osservia-
mo che i raggi visuali sono perpendicolari al pia-
no verticale e per conseguenza paralleli a V 0.
Ne risulta che la parte di superficie che all'oc-
chio appare più chiara si trova avvicinata a que-
sta linea V 0, ed è determinata dalla linea T 0
che divide l'angolo delle due rette B 0 e V O in
due parti eguali; se dunque si proiettano i punti
e' ed m' (fig 20, tav. IV) secondo le rette e i ed
m n (fig. B, tav. IV), si avrà la superficie e i in n
la più illuminata.

In seguito a queste osservazioni, noi suppo-
niamo ancora che il disegno del cilindro f m'
fi' e' (fig. 20, tav. IV) sia diviso in un certo nu-
mero di parti eguali la cui quantità aumenta in
ragione dell' estensione del diametro. Si proiet-
tano queste divisioni in altrettante linee verticali
che si tracciano leggermente a lapis. Si metta
allora una primo tinta grigia sulla parte in om-
bra a e d b (fig. 21, tav IV) per distinguerla im-
mediatamente daìla pai'te illuminata; quand'essa
è asciutta, si pone una seconda tinta che copra
la linea ab di separazione dell'ombra dalla luce
da ciascuna parte fra le due divisioni consecu-
tive, come indica la (fig. 22, tav. IV); in pari modo si
 
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