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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 5
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Gavini, Ignazio Carlo: Santa Maria Assunta in Assergi, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0374

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320

IGNAZIO CARLO CAVI NI

della nuova chiesa. Il Tornei, parroco di Assergi dal 1742 al 1766, parlando di questo fatto
nella sua preziosa opera : Dissertazione sopra gli atti ed il culto di San Franco d'Assergi, '
avverte che il calendario di Assergi registra nel giorno 22 ottobre 1150 le parole: « Dedicatio
Ecclesiae Asserici » e si sforza a risolvere la questione della coincidenza di questa data con
la posa della prima pietra avvenuta nello stesso anno; ma, a parer mio, tutto ciò non deve
preoccuparci, dovendosi tutto al più ammettere che nello stesso anno in cui veniva scritta
la pergamena potesse anche consacrarsi la chiesa. La stessa esistenza ed ubicazione della
cripta e gli avanzi di pitture di cui parla il prof. Moscardi sono argomenti buoni a far ritenere
che precisamente in quella località esistesse il primitivo monastero fondato da Sant’ Equizio ;
benché la scarsità di notizie e la mancanza assoluta di qualsiasi resto di tale costruzione
ci facciano pensare che l’edifizio fosse allo stato rudimentale e per lo più costituito dalle grotte
del monte su cui ora è la chiesa. La stessa frase « hedificatum est » della pergamena farebbe
ritenere che dal VI al XII secolo o non vi fu in quel luogo una vera e propria chiesa o
essa fu di sì poca importanza da non doverla considerare come esistente. Il monumento allo
stato attuale, osservato in tutti i suoi particolari, non ammette relazione alcuna tra la chiesa
del 1150 e un edificio più antico, sicché da quest’epoca noi dovremo cominciare a studiarne
la costruzione.

* * *

Della chiesa di Santa Maria Assunta si potrebbe dire che la facciata parla la lingua del
Rinascimento, che l’interno si sbizzarrisce nel linguaggio barocco, che il sotterraneo cioè la
cripta parla il più oscuro linguaggio del medio evo e finalmente che la facciata posteriore sa
parlare parecchie lingue insieme. E pur seguitando nella similitudine, si potrebbe aggiungere
che in ognuna di queste favelle la chiesa ripete un po’ troppo quelle d’altre età.

Appena entrati, sotto gli stucchi e le dorature barocche, vediamo negli otto arconi che
la dividono in tre navi una certa bassezza e pesantezza che ci richiamano alla mente altri
tempi. Ed osservando meglio quei piloni quadrati, su cui corrono i pilastri d’ordine composito
della nave maggiore, laddove s’impostano gli archi vediamo un rozzo capitello di pietra sbucar
fuori per dirci che la loro forma primitiva non era quale si vede. Lo stesso Tornei scrisse
che « le forti colonne di pietra ben lavorate una volta erano rotonde e poi nell’anno 1746
furono riquadrate mentre veniva insieme ristuccato tutto l’interno del tempio ». 1 2

Nel 1899 mi fu dato mettere a nudo quasi un’intera colonna, la prima a sinistra del-
l’ingresso, quella che appariva più ben lavorata, e se non completai l’opera di demolizione
fu solo per conservare la fronte del pilastro barocco, il quale, una volta soppresso, avrebbe
interrotto l’armonia dell’attuale architettura. Rilevai accuratamente la colonna che è delle
più conservate e finite, augurandomi però che essa non torni ad esser fasciata di muratura,
e rimanga così a dimostrazione chiara della sua antica forma.

Le altre colonne che rimangono nascoste, a giudicare da quella porzione di capitello e
di base che rimane visibile, sono poco ben lavorate, anzi talune assai trascurate nell’esecu-
zione. Sono però all’ incirca tutte eguali, e nella loro semplicità non mancano di carattere.
La base è un mezzo cordone, il fusto cilindrico è diviso in corsi di pietra più o meno rego-
lari, il capitello ha un largo abaco quadrato che sovrasta una bassa campana. L’antichità di
queste colonne, la loro forma e grandezza relativa agli archi, ci devono persuadere che la
chiesa del 1150 ebbe la stessa pianta della chiesa attuale; e la corrispondenza organica della
chiesa superiore e la sottostante cripta deve pure farci ritenere la preesistenza di questa o
almeno la contemporaneità delle due costruzioni. Dobbiamo quindi scendere nella cripta per
esaminarla e studiarla come base della nostra chiesa del 1150.

1 Napoli, MDCCXCI, pag. 39.

2 V. Moscardi, Cenni topografici e storici del Castello di Assergi, pag. 6.
 
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