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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 4.1901

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Fasc. 6
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Calzini, Egidio: La galleria annessa all' Istituto di belle arti di Urbino
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https://doi.org/10.11588/diglit.24146#0439

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LA GALLERIA D’URBINO

379

La Vergine del Crocchia, vista quasi di fronte,
sorregge il Bambino con ambo le mani, mentre
questi la stringe con le manine al collo ; la veste
di lei, cinta alla vita da un nastro verde, brilla
di un cupo eppur vivo color rubino. Ai lati
della Madonna stanno due angioli dalle chiome
inghirlandate di piccoli fiori. Quello di destra,
con tunica rosso-scura, regge in una mano un
giglio, mentre preme con la sinistra il petto ;
l’altro, con le mani giunte, veste una tunica
gialla con maniche di broccato. Dall’ovale della
Vergine, incorniciato da capelli biondo-castani
e da un fazzoletto violaceo, si appalesa una
certa forza e solidità di colore, ma non vi tra-
spare quel sentimento così fine e caratteristico,
anche della loro scuola, de’ grandi toscani del
Quattrocento. Tuttavia non mancano in queste
figure una certa grazia e perizia nel disegno e
nell’esecuzione, specialmente delle estremità di-
pinte con cura e finezza.

Il Crocchia, a prima vista, lo si direbbe un
condiscepolo del Palmerini, anch’esso urbinate,
ma a lui di gran lunga superiore nella tecnica
e nella composizione più serena, più tranquilla
e quale può essere in sostanza un artista che
ha veduto pitture di maestri toscani, che di
poco lo abbiano preceduto. Quel contornare con
segni piuttosto larghi e lievemente scuri ; quel
vagheggiare larghi piani nelle carni delle figure
poco rilevate ; quel ripassare i lineamenti del
volto, gli occhi, il naso, le sopracciglia con sottili
segni rosei, e que’ rossori nelle palpebre come
di persona stanca per lunga veglia o per pianto >
quell’attenzione che il pittore mostra nel piegare con diligenza a guisa di un buon quattro-
centista, alquanto minuto, robusto e luminoso nel colore ; sono tutte qualità che allontanano
questo maestro dal Palmerini ed attestano in lui una valentia che quegli non raggiunse
mai, e ci parlano di un’epoca anteriore alla sua.

Il Baldinucci pone il Crocchia o, come altri dicono, il Crocicchia, forse dal luogo donde
la tavola deriva (una parrocchia a tre chilometri dalla città), fra gl’ innumerevoli pretesi

Fig. 15 — Timoteo Viti: Santa Apollonia
Urbino, Galleria

(Fotografìa del sig. Conte Castracane)

semicalotta delle nicchie imita il nostro artista da Piero
della Francesca, il quale in Urbino, con tale motivo,
adornò superiormente il fondo della grande tavola
dipinta pe’ Zoccolanti e che ora figura nella galleria
di Milano.

A proposito dello stato in cui si trovano tali pit-
ture, richiamo l'attenzione di quanti in Urbino hanno
un culto per le nostre memorie gloriose e specialmente
di coloro che hanno in custodia le sei tavolette, le
quali, in sostanza, fanno parte del patrimonio artistico
della città. Se non vi si rimedierà con sollecitudine,
delle sei tavolette dell’insigne nostro pittore non re-

sterà che il ricordo. Il tarlo, che ha già quasi distrutta
la bella figura di profilo coperta dall’ampio manto
color piombo-scuro, finirà di rovinare anche le altre.

Ci pensino i signori canonici del Capitolo, chè la
responsabilità a cui vanno incontro non è lieve ; così
vedano di far riparare la tavola del Viti — poiché non
stimano conveniente depositarla nella galleria annessa
all’Istituto di Belle Arti, dove sarebbe certamente e
sollecitamente riparata — che è deturpata in tutta la
sua larghezza da uno spacco che, mentre guasta il
capolavoro di colui che fu il primo maestro di Raf-
faello, ne offende la memoria nobilissima.
 
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