Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

DOI issue:
Fasc. 1
DOI article:
Bibliografia
DOI Page / Citation link: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0112

DWork-Logo
Overview
loading ...
Facsimile
0.5
1 cm
facsimile
Scroll
OCR fulltext
74

BIBLIOGRAFIA

Il testo della prima edizione di queste, la torren-
tiniana, stampata negli anni 1550 e 51, non fu scritto
tutto di seguito, ma poco alla volta, a tempo perso
dal 1543 al 1549, servendosi talvolta il Vasari anche
di vecchi appunti, inseriti testualmente, con accenni
a persone e cose che costituiscono un vero anacro-
nismo rispetto al tempo in cui l’opera veniva com-
posta. Questa prima edizione fu redatta dal Vasari
quasi del tutto fuori da influenze fiorentine, special-
mente da quella di Vincenzo Borghini, col quale egli
dovette molto probabilmente far relazione soltanto
verso la fine del 1549; laddove per contrario il Bor-
ghini partecipò direttamente alla seconda edizione,
come lo Scoti-Bertinelli dimostra in base ad un ma-
noscritto del Borghini, da lui rinvenuto, sul quale è
scritto di sua propria mano: «per le vite di m. Gior-
gio », e che infatti contiene notizie riprodotte appunto
nell’edizione giuntina. Nella quale la parte dovuta al
Borghini sarebbe, come minutamente determina lo
Scoti-Bertinelli, quanto di nuovo fu aggiunto a pro-
posito del risorgere delle arti in Toscana nei secoli xir
e xin, nonché in generale l’ispirazione di tutto il ri-
facimento delle Vite.

La seconda edizione, uscita nel 1568, parrebbe, a
giudicare da due passi del Vasari stesso, che si co-
minciasse a stampare sino dal 1564, essendo poi forse
interrotta per le molte altre occupazioni del Vasari e
del Borghini.

Interessantissimo nel lavoro dello Scoti-Bertarelli è
lo studio intorno alle fonti del Vasari, che dovettero
consistere soprattutto in informazioni orali avute da
parecchi artisti e da amici letterati quali il Giovio, il
Caro, il Tolomei e Faetani per la prima edizione; il
Borghini, già ricordato, il Razzi, Pitti, Vettori, Adriani,
Torelli per la seconda. Di fonti scritte il Vasari stesso
cita i Commentari del Ghiberti, scritti di Domenico
Ghirlandaio, di Fra Giocondo, di Cennino Cennini,
di Raffaello, una lettera latina di Girolamo Campa-
gnola, nonché «certi ricordi di vecchi pittori», che
non possono, come altri vorrebbe, essere il libro pos-
seduto dal quattrocentista Antonio Billi, a cui accenna
un manoscritto della Biblioteca Magliabechiana, con-
tenente notizie di artisti, pubblicato già nel 1892 dal
Frey. Un’altra fonte ricordata dal Vasari è «un li-
bretto » dal quale egli dice d’aver tratto le notizie
su Gaddo Caddi, e che non pare doversi identificare
con l’altro prima ricordato. Inoltre, quantunque non
ne parli, il Vasari dovette conoscere, pur potendo
poco avvantaggiarsene, la vita « di Giotto et altri
pittori fiorentini» compresa nelle biografie di Filippo
Villani.

Il lavoro dello Scoti-Bertinelli è completato da un
esame stilistico dell’opera vasariana e da un’appendice
di interessanti documenti inediti. L. C.

Bertaux E.: Rome. II. De l’ère des cata-
combes à !avènement de Jules II. - III. De
Iavenement de Jules II à nos jours. Paris,
Renouard et Laurens, 1905,411-8, pag. 175
e 176.

Dall’insigne studioso dell’arte dell’Italia meridio-
nale non ci si poteva attendere che un’illustrazione
sapiente delle opere d’arte di cui va adorna la città
eterna. E veramente, non ostante l’indole popolare
della pubblicazione, che impedisce all’autore di adden-
trarsi in qualsiasi questione critica, il lavoro risponde
all’aspettati va.

Riassume con concisione e rapidità, ma con effi-
cacia tutt’altro che comune tutto il movimento arti-
stico di ogni tempo, così complesso in una città che
sempre, producendo non moltissimo di per sé, si giovò
dell’arte di quasi tutte le regioni d’Italia, in una specie
di cosmopolitismo nazionale, che dà un carattere tutto
speciale alla sua fioritura artistica.

Ottima poi è la scelta delle illustrazioni, che, con
fine discernimento, riproducono quanto di più inte-
ressante offre Roma, sia fra le cose da lungo tempo
note, che fra quelle soltanto ultimamente poste in luce
dalla critica moderna, non trascurando nemmeno di
offrire qualche particolare, quando questo può far me-
glio penetrare anche un lettore profano nello spirito
della cosa d’arte.

Il che per altro non toglie che da uno studioso
dotto ed accorto come il Bertaux noi avremmo po-
tuto desiderare talvolta una minore docilità a vecchi
errori, dai quali soltanto un po’ di esame diretto delle
cose lo avrebbe certamente preservato.

Tali sono il dire ritratto di Nicolò IV (1288-1294)
il rilievo di papa inginocchiato in San Giovanni La-
terano, che al contrario, e per le particolarità stilistiche
e per gli stemmi di cui è fregiato, mostra indubbia-
mente di essere opera della fine del secolo xiv, e pre-
cisamente effigie di Bonifazio IX (1389-1404); e il con-
tinuare ad attribuire a Mino da Fiesole i rilievi del-
l’antico tabernacolo di Santa Maria Maggiore, che tanto
differiscono dall’arte particolarissima dello scultore fio-
rentino, e che già il Fraschetti ed ora anche l’Angeli
hanno attribuito all’omonimo Mino del Reame, ricor-
dato dal Vasari.

Ma queste sono piccole cose che, se vanno rilevate
perchè nessuna restrizione di significato sia da darsi
alle parole di lode, hanno ben poca importanza in
un’opera di vasto materiale e d’indole non scientifica
qual’è questa del Bertaux, che può dirsi veramente
uno dei migliori saggi di pubblicazioni di questo ge-
nere.

L. C.
 
Annotationen