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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 2
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Giovannoni, Gustavo: Il chiostro di Sant'Oliva in Cori
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0155

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G. GIOVANNONI

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di Cori. Un Antonio da Castiglione è in Roma nel 1457,1 un Antonio da Caravaggio
nel 1475;2 maestro Antonio de Giovanni lombardo lavora nel 1495 a Castel Sant’An-
gelo; 3 infine un Antonio di Giovanni da Como (e qui la rispondenza di nome è perfetta)
ottiene nel 1471 un pagamento dal papa Sisto IV per lavori fatti da lui e da alcuni suoi
compagni per Paolo II.4 Ma di nessuno di questi artisti ci restano elementi di opere ese-
guite da poter confrontare col chiostro di Sant’Oliva. Nè d’altro lato offrono alcun punto
di paragone monumenti che si potrebbe ritenere avessero con questo rapporti più o meno
diretti: non le altre opere promosse dal d’Estouteville a Roma, ad Anagni, ad Ostia, a Vel-
letri, a Soriano ; non i lavori che in quel tempo venivano eseguendo i più notevoli artisti
lombardi come Luigi Capponi e Andrea da Milano, il cui stile regolare e simmetrico è ben
diverso da quello vivo e libero di Antonio da Como. Neanche riesce in alcun modo frut-
tuosa la traccia degli altri lavori promossi dal padre generale Ambrogio Massari, il quale
fu a lungo in San Marco a Milano, ed attivamente spinse avanti le opere in Santa Maria
del Popolo in Roma.5 Forse fu appunto lui a chiamare il lombardo Antonio in Cori; ma
nessuna prova autentica ne risulta.

Sulla base dei raffronti stilistici può invece il chiostro di Sant’ Oliva trovare affinità
molto notevoli con due altre opere dello stesso periodo: il chiostro piccolo della Certosa
di Pavia, ed il chiostro posteriore alla chiesa di San Francesco d’Assisi.

Nel chiostro piccolo della Certosa di Pavia, costruito tra il 1460 e il 1470, i peducci
presentano rassomiglianze grandissime di tipo con i capitelli del chiostro di Cori, special-
mente per le figure varie e vivaci che sono in essi scolpite : monaci oranti, putti che suo-
nano il flauto o giuocano con un teschio, ecc.6 Ma se conforme è l’invenzione, dissimile è
la tecnica, più rozza e meno decisa; se la scuola artistica è la stessa — ed in ciò è l’im-
portanza del raffronto — non è lo stesso l’artista. E ciò devesi concludere malgrado un sug-
gestivo richiamo di nome, malgrado cioè che un Antonio di Lecco figuri tra gli autori del
chiostro piccolo, tra Guiniforte Solari e Cristoforo Mantegazza e Giovanni Cairate e Giovanni
Antonio Amadeo.

La rispondenza invece tra il chiostro agostiniano di Cori e la parte superiore del chiostro
francescano di Assisi (fig. 18) (la parte inferiore invece appartiene al tipo toscano a pilastri otta-
goni) è chiara e diretta. Quasi identiche le proporzioni degli archi e delle colonne, analoghe
talune delle principali caratteristiche architettoniche nel fusto e nella base, identica la tecnica,
simile il tipo dei capitelli, più uniformi invero e meno vivaci, ma che hanno foglie piatte e
caulicoli della stessa forma ed in particolare si assomigliano al settimo del lato ovest in Cori;
uguale infine la forma della gronda del tetto, con le mensole a doppia sagoma e le bussole
adorne. F tale chiostro alquanto anteriore a quello di Cori, poiché fu cominciato nel 1472 da
un maestro Andrea7 e terminato nel 1474, come lo indica la data incisa nel mezzo. E quando
si sappia che fin dal 1467 lavorava in San Francesco d’Assisi un maestro Antonio di Lom-
bardia che collaborò con un altro lombardo Ambrogio nella costruzione del semplice atrio
a pilastri ottagoni nel piazzale inferiore,6 non sembrerà assurda l’ipotesi che questi abbia
poco dopo lavorato anche nel chiostro interno e non sia che una persona con quell’Antonio
da Como, che nel 1480 doveva dare nel chiostro di Cori tutta la misura del suo ingegno e
della sua abilità.

G. Giovannoni.

1 Bertolotti, Artisti lombardi in Roma nei se-
coli XV, XVI, XVII, Milano, 1881, voi. I, pag. 21.

2 Bertolotti, op. cit., pag. 32.

3 Cfr. E. Muntz, Les antiquités de la ville de
Rome, etc., Paris, 1886, pag. 64.

4 Bertolotti, op. cit., pag. 24.

5 Da Masello Venia, sopra citato, risulta appunto

la parte che padre Ambrogio ebbe nella costruzione

del convento agostiniano di Santa Maria del Popolo.

Ma il chiostro, che forse ci avrebbe potuto fornire
qualche dato di raffronto con quello di Cori, è andato
completamente distrutto nella sistemazione della piazza
fatta dal Valadier.

6 Cfr. Meyek , Oberitelienische Fruhrenaissance,
Berlin, 1900, voi. II, cap. I.

7 Thode, Franz von Assisi, ecc., Berlin, 1S85,
pag. 213.

8 Thode, op. cit., pag. 214.
 
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