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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 2
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0193

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i54

BIBLIOGRAFIA

coniazione'della medaglia, come vorrebbero gli autori,
ma anteriore ai lavori di riattamento cominciati il 2 ot-
tobre 1492. Ecco perchè mi sono dovuto dilungare
ne\VArchivio, ecco l’importanza della questione, poiché
per essa si viene a determinare con precisione suffi-
ciente che l’Andata di Sant’Orsola a Roma fu dipinta
nel 1491 c., e non dopo il 1495 come vorrebbero gli
autori. La colonna poi cui essi accennano non è già nel
Castello, ma al di fuori, non solo del muro di cinta,
ma d’un altro edificio longitudinale esterno e d’una
cupola. Nella stessa nota1 si trova una lieve svista,
l’anno 1787 invece di 1797. Qui termina la parte ar-
cigna e noiosa del critico. Dal capitolo VI in avanti,
l’opera corre più spedita, più spontanea, senza disqui-
sizioni simpatiche, ma estranee all’ argomento, senza
identificazioni discutibili di personaggi, senza ricostru-
zioni ideali, care troppo alla cultura germanica. Il Mol-
menti, non stretto più fra i ceppi d’un’analisi dotta,
ma fredda e minuta, riesce più agile, più sintetico e
più persuasivo, pur dicendo una quantità di cose belle
e nuove. Egli non si accontenta di studiare il Car-
paccio nelle opere e nel tempo, ma lo esamina pure
dal lato psicologico e mostra come, invecchiando, si
allontanasse dal tipo gioioso d’arte, lieto di belle donne
e di cavalieri eleganti, per accostarsi ad un’arte leg-
germente ritardataria, più severa del solito, semplice,
melanconica, e ricca di sentimento religioso.

Anche le figure secondarie e scolorate di Benedetto
e di Pietro Carpaccio ebbero cure amorevoli dal Mol-
menti, e quella di Benedetto può dirsi artisticamente e
storicamente definitiva. Gli autori aggiunsero una scelta
raccolta di disegni ; qualcuno del Carpaccio è mirabile
per semplicità d’esecuzione, fermezza di contorni, senso
istantaneo della vita e del movimento.

Il volume è di piacevole lettura, cosa che non guasta
nemmeno in un’opera che si addentra con profonda
conoscenza nella vita veneziana, rievocandola con af-
fetto filiale nelle sue più ricche ed originali manife-
stazioni. Considerando l’opera nel suo insieme, cioè
metodo, stile smagliante, genialità di esposizione, ab-
bondanza di illustrazioni, risultati positivi, ricchezza di
documenti, bellezza di edizione, non ci sembra di esa-
gerare affermando che in Italia è finora il più ricco,
solido ed imponente volume monografico che posse-
diamo sui nostri grandi artisti, e che può competere
degnamente, quando non le vince, con le più accu-
rate e sontuose pubblicazioni straniere.

Laudedeo Testi.

G. F. Hill: Pisanello. London, Duckworth
and C0., 1905.

Fra i tanti libri che si stampano a Londra sull’arte
nostra, i quali lasciano il tempo che trovano, vanno

eccettuati in gran parte quelli già pubblicati sotto la
direzione del compianto S. Arthur Strong, ora sotto
quella della illustre Signora che gli fu degna compagna.
Questo volume sul Pisanello è un esempio non infre-
quente della bontà della serie di monografie escite dalla
Library of Art. ITA., eccellente numismatico, candi-
damente confessa nella prefazione d’aver avuto l’inten-
zione di comporre un lavoro sui primi medaglisti ita-
liani, e di far campeggiare tra essi il Pisanello ; ma
che essendo necessario di studiare questo maestro,
tanto come pittore, quanto come medaglista, si è
messo a studiarlo sotto i due suoi aspetti. Dobbiamo
dire però che naturalmente lo studio del medaglista
è completo, nuovo, esauriente, non così l’altro che vi
è associato. Tuttavia, anche in questo, l’A. con buon
metodo, con finissime osservazioni, giunge a risultati
notevoli, come là quando distingue nel codice Vai-
lardi del Louvre la mano del Pisanello da quella dei
suoi imitatori e seguaci.

Dopo una lunga introduzione, con generalità non
troppo ben definite, l’A. discorre di Pisanello a Ve-
nezia, e discute se a lui debba attribuirsi il disegno
del Brìtish Museum con rappresentazioni della leg-
genda del Barbarossa e di Alessandro III, dal Muntz
e da altri indicato come l’abbozzo de’ soggetti rap-
presentati dal Pisanello nel palazzo ducale. Conchiude
giustamente contro quest’attribuzione. Circa la data
del 14x6, come limite all’attività del Pisanello a Ve-
nezia, potrebbe osservarsi che l’A., col Lorenzi alla
mano, pure contraddicendo al sottoscritto, avrebbe
potuto indicarla almeno sino al termine dell’anno 1419.

Dell’attività del Pisanello a Verona l’A., descritta
1 'Annunzìazione in San Lorenzo, tratta, nel terzo capi-
tolo; della sua opera in Roma, nel quarto, ripetendo
i materiali trovati fin qui dagli storici dell’arte, rifa-
cendo il cammino in gran parte già percorso.

Il quinto capitolo studia il primo periodo ferrarese,
il sesto l’affresco in Sant’Anastasia, e nel settimo la
prima medaglia. Qui l’A. giunto a casa sua, sa farne
bene gli onori; e, mostrate le medaglie di Costantino,
d’Eraclio, e dei Carraresi, eseguite alla fine del Tre-
cento, esclude con buone ragioni dall’opera di Pisa-
nello quella di Niccolò III d’ Este, assegnatagli da
Arrnand, dal Friedlànder, ecc., e illustra l’altra, dal-
l’artista eseguita a Ferrara, di Giovanni VII Paleologo.

Nell’ottavo capitolo riferisce quanto fu detto in-
torno al poema dedicato dal Guarino al Pisanello ;
nel nono, nel decimo e nell’undecimo esamina, veri-
fica tutti i documenti relativi al soggiorno del meda-
glista a Mantova, a Milano, a Ferrara, a Rimini.

Il capitolo XII, nel quale l’A. discorre delle me-
daglie dubbie e perdute, è assai importante per la
discussione dell’attribuzione a Pisanello delle credute
automedaglie e della placca con il ritratto di Leon
Battista Alberti.

Nel capitolo XIII l’A. studia l’opera di Pisanello a

1 Pag. 139.
 
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