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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 3
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Ciaccio, Lisetta: Scoltura romana del Rinascimento, [1]: primo period (sino al pontificato di Pio II)
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0222

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LISETTA CI ACCIO

182

quindi essere quello ora esistente a San Salvatore in Lauro, il quale si volle forse erigere
ai tempi di Paolo II, concittadino di Eugenio IV, e da quegli stessi canonici veneziani di
San Giorgio in Alga a cui si riferisce l’iscrizione attuale, la quale appunto, presentando le
stesse forme epigrafiche delle lettere del cartello inciso sul sarcofago medesimo, 1 e sembrando
perciò a questo contemporanea, farebbe credere che ai suddetti canonici fosse dovuta l’ere-
zione del monumento, non soltanto, come suppone il Ciaconio,2 la ricomposizione di esso
in San Salvatore.

E da notare inoltre come il Grimaldi, che pure ricorda l’epitafio, ora scomparso, « quod...
sculptum erat » nel monumento di Eugenio IV in San Pietro, non parla affatto del monu-
mento stesso nè come esistente ancora nella Basilica vaticana, nè come trasportato altrove;
si direbbe che ai suoi tempi non ne rimanesse più se non il ricordo dell’epigrafe che non ha
nulla a che vedere col monumento di San Salvatore, il quale forse fu eretto senz’ altro in
questa chiesa appartenente sino dalla metà del secolo xv ai canonici veneti di San Giorgio
in Alga, e che perciò, non avendo avuto mai nulla a che vedere con la Basilica vaticana,
non interessava il Grimaldi che non ha ragione di nominarlo.3

Del primo monumento ricordato dal Vegio sarebbe pertanto frammento la statua gia-
cente, sia che venisse utilizzata nell’erezione del secondo sepolcro, ovvero, com’è molto più
probabile, che vi fosse inserita, perchè forse più bella dell’altra, dai restauratori del se-
colo XVII.

Ora, stabilita la nessuna relazione fra il nostro marmoraro, autore della statua funeraria
di un primo monumento ad Eugenio IV, e le rimanenti sculture dell’attuale sepolcro di
quel papa, resta a vedere se il monumento ricordato da Porcellio Pandone come opera di
Isaia da Pisa è il primo od il secondo. La soluzione di questo quesito è facilissima, in
quanto che ci rimangono i frammenti di un’altra opera dovuta ad Isaia da Pisa per testi-
monianza dello stesso Porcellio,4 il monumento di Santa Monica, del quale quattro nicchie
con i Dottori della Chiesa stanno murate nelle pareti del piccolo vestibolo della chiesa di
Sant’Agostino, verso via de’ Pianellari ; 5 e questi frammenti sono perfettamente corrispon-
denti alle figure analoghe del monumento di Eugenio IV in San Salvatore. Dunque Isaia
è l’autore del secondo monumento eretto circa al tempo di Paolo II e non ha nulla a che
vedere con il maestro che scolpì la vecchia statua giacente.

Ma di costui, come abbiamo veduto, ritroviamo la mano nel tabernacolo di Sant’Andrea,
al quale pure cooperò Isaia. Ciò per altro non infirma per nulla la conclusione precedente,
giacché abbiamo veduto come anche nei pochi frammenti che di quel monumento ci avan
zano si distingua l’opera di due artefici diversi, onde non è per nulla necessario identifi-
care proprio nella lunetta o- 224 l’opera d’Isaia. E nemmeno il sapere che i due scultori
a cui fu affidata l’esecuzione del tabernacolo furono Isaia da Pisa e Paolo di Mariano ci
costringe a credere la nostra lunetta, se non dell’uno, dell’altro di questi due; giacché i
documenti ci apprendono che costoro non furono forse che gl’imprenditori del lavoro, al
quale cooperarono quattro altri scarpelini : Jacopo da Pietrasanta, Pellegrino da Viterbo,
Giovanni Agostino di Roma e Matteo da Settignano.6 Il riscontrarsi tra costoro il nome

1 Si osservi soprattutto la forma delle lettere G,
Q, R, E, S, B, eco.

2 Op. ed ediz. cit., voi. II, pag. 876.

3 Anche il Gregorovius, Le tombe dei papi ro-
mani, ediz. ital., Roma, 1879, pag. 90-91, riteneva la
tomba eretta ad Eugenio IV in San Pietro distrutta
e diversa dall’attuale di San Salvatore in Lauro.

4 Vedi passo cit.

! Gnoli, op. cit., pag. 462.

6 Muntz, op. cit., voi, I, pag. 289. Sotto la data
29 agosto 1464 è riportato il seguente passo tratto

dai documenti vaticani : « Infrascriptis quatuor scar-
pelinis ad opus dictae fabricae (capellae S. Andreae)
conductis infrascriptas pecuniarum summas prò residuo
eorum salarii et mercedis usque in praesentem diem
et primo, videlicet : magistro Jacobo de Petrosancto
florenos 40 ; Pellegrino de Viterbio florenos similes 2
et bon. 36 ; Johanni Augustino de Urbe florenos si-
miles 4 ; Matheo Chelvi (?) de Settinyano florenos si-
miles 2 ». L’esiguità delle somme pagate agli ultimi
tre non mi pare possa essere argomento a dedurne
la modestia dell’opera loro, non trattandosi qui che
 
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