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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 3
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0268

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228

CORRIERI

Notizie delle Marche.

Un antico affresco distrutto dalie muffe. —

Nella chiesa di Sant’Onofrio in Ascoli Piceno, chiusa
al culto da pochi anni, si conservava fino a poco tempo
fa un grazioso dipinto a fresco degli ultimi anni del
Trecento o dei primi del secolo xv. Apparteneva a
un maestro che dovè lavorare, insieme con alcuni suoi
aiuti, in molte chiese del luogo e dei dintorni, come
si può deduire dai numerosi frammenti di pitture da
essi lasciati in San Vittore, in Sant’Onofrio, in San
Giacomo, San Tommaso, ecc.

Intorno al principale autore di tali affreschi ho stam-
pato nella Rassegna bìbl. dell’arte ìtal. la prima parte
di uno studio, allo scopo di mostrare quale posto
spetta all’ignoto maestro nello svolgimento dell’arte
pittorica in Ascoli ne’ primi anni del Quattrocento e,
nel tempo stesso — poiché i detti frammenti sembrano
destinati a scomparire del tutto per la solita incuria
e- apatia dei non meno soliti, per quanto innocenti,
nemici dell’arte — per conservarne almeno la memoria.

L’affresco, ormai completamente perduto, presen-
tava, oltre varie immagini di santi, una mezza figura
di giovine donna in costume medioevale, riccamente
vestita. Portava in testa un cappuccio a vari colori,
bizzarro nella forma, ma artisticamente bello. Era in-
somma una figura del maggiore interesse, poiché l’ar-
tista vi si mostrava con tutta la sincerità e semplicità
del suo temperamento: un artista ritardatario, se si
vuole, per certe sue forme arcaiche, ma schietto e
caratteristico.

La graziosa pittura, la quale, per chi non lo sa-
pesse, occupava tutt’insieme diversi metri quadrati
di superficie, scomparve nel modo più naturale: per
vari mesi essa restò coperta — senz’aria e in balìa
delle muffe —da centinaia di tavole che il proprietario
del magazzino aveva fatto addossare alla parete. Pro-
prio così: chè la ex-chiesa e convento di Sant’Onofrio
con quanto v’era rimasto di bello, compreso un ma-
gnifico altare intagliato in legno e molte altre pitture
nel vecchio oratorio, furono dati in affìtto a negozianti
e... salumai; i quali, s’intende, delle cose belle non
se ne accorsero nè prima, nè poi.

Due stendardi del secolo XVII. — Nella chiesa
dell’ « Icona », di fianco all’altare maggiore, sono appesi
due stendardi del Seicento. In quello posto a destra
è raffigurato l’incontro della Madonna con Santa Eli-
sabetta, seguite dagli sposi San Giuseppe e San Gioac-
chino. Poco più in basso, a destra, è Sant’ Emidio
vescovo, genuflesso, che addita la città di Ascoli, di
cui è patrono. Il quadro è abbellito da una specie di
cornice dipinta sulla stessa tela, con ornati color del-
l’oro con entrovi inseriti dieci quadretti. Di questi,
quelli agli angoli sono in forma ottagona e conten-
gono ciascuno una figura; gli altri sono rettangolari

e rappresentano la nascita della Vergine, l’Annuncia-
zione, lo Sposalizio e altre scene della vita della Ma-
donna. Lo stendardo reca questa data: MDCLXXVIII.

L’altro rappresenta nel quadro di mezzo la Discesa
dello Spirito Santo. Anche qui, torno torno, sono or-
nati assai belli in istile del-Rinascimento. Agli angoli
vi si ammirano piccoli dipinti esprimenti le virtù car-
dinali; nelle bande, lungo gli ornati su fondo giallo-
gnolo, son quattro dischi con mezze figure di santi
ed altri quattro quadretti con scene della vita del
Cristo. Benché in istato di conservazione tutt’altro
che buono, i vecchi stendardi della chiesa di Santa
Maria delle Grazie, detta l’« Icona», la cui croce
figura fra gli ornati del secondo, meritano di essere
tenuti in miglior conto.

Chi ne sarà l’autore? Nell’archivio della chiesa non
si rinvenne alcuna memoria in proposito; taluno crede
tuttavia che essi appartengono ad artisti locali : a Lo-
dovico Trasi, ad esempio, o a don Tommaso Nardini,
il primo dei quali nel 1678 trovavasi nel pieno vigore
della sua operosità artistica e il secondo aveva fatto
già i primi passi nell’arte, se veramente, come asse-
risce il Cantalamessa-Carboni, nacque «poco dopo
il 1655 ».

Se non che, a voler sospettare che gli stendardi,
per ciò almeno che si riferisce al colore, il quale si
scosta dalla tavolozza alquanto fosca del Trasi, rap-
presentino un lavoro giovanile del Nardini, che fu
artista più spigliato e geniale del suo maestro, biso
gnerebbe supporre ch’ei li eseguisse con cartoni non
suoi, chè la grazia delle figure e la correttezza in
genere del disegno di queste due tele non sempre
riscontriamo nelle opere del prete artista.

A proposito del pittore degli affreschi di Santa
Vittoria in Masenano. — Nel 1 ’Emporium dello scorso
gennaio Arduino Colasanti discorre di detti affreschi,
attribuendoli a un ignoto maestro di Foligno che dovè
eseguirli, osserva il C., negli «ultimissimi anni del
secolo decimoquarto o ai primi del secolo seguente ».
Dal semplice esame delle riproduzioni che accompa-
gnano l’articolo del C. si può dedurre che l’anonimo
maestro che lavorò in Santa Vittoria — non al prin-
cipio del secolo xv, ma più tardi dacché a me sembra
un ritardatazio — dovè operare in qualche altro luogo
delle Marche; come si può vedere, ad esempio, nella
diruta chiesa di San Francesco a Ripatransone, ove
si annuirono ancora avanzi d’ affreschi che apparten-
gono senza dubbio alla stessa mano.

I caratteri di queste pitture, rappresentanti il Cristo
morto, la cui figura sorge per metà dal sepolcro, e
alcune immagini piangenti e oranti dinanzi alla tomba
del Cristo sono identici in tutto a quelli che si riscon-
trano negli affreschi della chiesa farfense di Santa
Vittoria.

Nel fondo, sulla stessa parete, sono dipinte dallo
 
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