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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 5
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Brunelli, Enrico: Pietro de Saliba
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0408

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PIETRO DE SALIBA

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almeno a un sostrato di fatto, è quella di Antonello de Saliba,1 non mai quella di Pietro,
troppo palesemente inferiore di merito al vero autore, chiunque esso si sia.2 Il Di Marzo,
in questo, come in altri casi, si è lasciato dominare dal preconcetto, smentito dai fatti, che
Pietro sia il migliore fra gli imitatori di Antonello da Messina.3

La Disputa di San Tommaso rimane almeno nella cerchia antonellesca. Alcune altre
opere che furono assegnate a Pietro ne escono a dirittura, e sono, a mio avviso, prettamente
veneziane di origine. Tali sono la Madonna della chiesa degli Scalzi a Venezia, la Ma-
donna (n. 584 bis) della Galleria degli Uffizi, la Madonna (n. 29, sala II) del Museo Correr.

La Madonna col Bambino, posta nel coro della chiesa degli Scalzi, fu originariamente
attribuita a Giovanni Bellini, ed è assegnata a Pietro dal Morelli. Sebbene gravemente
alterata da ritocchi, si rivela subito opera così superiore alle Madonne di Pietro, che l’ipo-
tesi del Morelli riesce inesplicabile. I due pittori hanno qualche cosa di comune, in quanto
attingono forse a una stessa fonte, ma il primo sente e rende la bellezza, il secondo non rende
che il brutto. Non può attribuirsi il quadro che a un buon imitatore di Giovanni Bellini.

La Madonna col Bambino che, nell’accurato catalogo del Museo Correr,4 porta il nome
di Pietro, si avvicina maggiormente a lui ma non è sua. Questa è l’opera mediocre di un
pittore veneziano del Cinquecento già iniziato, che ricorda Cima, specie nel tipo muliebre.
Restiamo nella sfera degli imitatori di Cima, ma sempre in una linea superiore a Pietro,
di cui non si ritrovano qui i difetti gravissimi di disegno e l’innata durezza. L’esecuzione
è molle, ma con qualche preoccupazione d’eleganza e di finezza, non proprie alla grosso-
lanità di Pietro, fabbricatore d’immagini sacre a buon mercato.

La Madonna degli Uffizi, di cui fece onore a Pietro il Morelli, porta tuttora il nome di
Cima da Conegliano e non a torto, perchè, se nell’opera diligente non è la màno stessa del
maestro, essa uscì evidentemente dalla sua bottega e fu eseguita forse sovra un suo cartone
e con la sua assistenza. Questo è un quadro intimamente cimesco, così nelle figure come nel
paesaggio, ove è riprodotto il solito castello di Conegliano. Con tale interprete fedelissimo
del pensiero e della tecnica di Cima (cui potrebbero attribuirsi parecchie delle opere minori,
designate nelle gallerie col nome del maestro) Pietro non ha assolutamente nulla di comune.

Molto più giustificate appaiono le attribuzioni a Pietro, proposte dal Cavalcasene per
una Madonna della Galleria Rospigliosi (n. 78) e dal Venturi per i busti di San Sebastiano,
posseduti dalla Galleria di Berlino (n. 8), dall’Istituto Stadel di Francoforte, dalla Pinaco-
teca di Bergamo,5 dalla collezione Crespi di Milano. Ma per taluna appunto di queste opere
può legittimamente sorgere il dubbio se, anzi che a Pietro, non debba pensarsi come autore
ad Antonello de Saliba.

La Madonna della Galleria Rospigliosi (che nel catalogo porta il nome di Giovanni Bel
lini) è dipinta a mezza figura, nell’atto di sorreggere fra le braccia il Bambino, nudo e

per buona parte del successivo, alla soggezione poli-
tica risponde pienamente la soggezione artistica. A
Napoli le tracce di influssi spagnoli sono notevoli e
molteplici. In Sicilia invece le tracce di tali influssi
sono scarse ed eccezionali, e per questo forse non
sono state mai avvertite. Vi sono tuttavia e sono pa-
lesi in Tommaso de Vigilia e in altri pittori, nè manca
notizia di qualche artista spagnolo che abbia operato
nell’isola, come non manca notizia di qualche artista
siciliano del Quattrocento che abbia operato in Spagna.
Così quel Pietro Siracusano, di cui è un mediocre
quadro nella collezione Bosch a Madrid.

1 Per una maggior dimostrazione di quest’ultima
ipotesi, cfr. L’Arte, a. VII, pag. 276-278.

1 In Sicilia non resta, io credo, un’opera sola, per

cui possa, sino ad oggi, farsi il nome di Pietro con
certezza assoluta ; sebbene, fra le parecchie pitture
antonellesche d’infimo ordine che restano in Messina,
non sia da escludere che in taluna non debba ravvi-
sarsi la mano di lui. È d’uopo però che io confessi
qui che non mi è mai stato possibile esaminare minu-
tamente e completamente i parecchi quadri di questa
scuola e di quel tempo, che sono posseduti dalla Pi-
nacoteca Messinese.

3 Di Marzo, Di Antonello da Messina, pag. 84-85.

4 Museo civico e Raccolta Correr; Venezia; Elenco
degli oggetti esposti, Venezia, 1899, pag. 68.

5 Anche il Frizzoni inclina a credere opera di
Pietro il busto di Bergamo (L’arte in Bergamo e
l'Accademia Carrara, Bergamo, 1897, pag. 64).
 
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