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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 5
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0433

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BIBLIOGRAFIA

39i

cornine il les isole, corame il les soulève, pour les
rendre plus légers. Les plus belles mains de l’art
grec sont vulgaires auprès des mains de cette patri-
cienne fiorentine, et seules, peut ètre, les mains de la
Joconde peuvent rivaliser avec elles».

Riconoscendo poi i meriti di quanti lo hanno pre-
ceduto nello studio dell’artista, rende omaggio al sul-
lodato dott. Bode presentandoci pure quale opera del
Verrocchio il caratteristico busto in terracotta di Giu-
liano de’ Medici, presso il signor Gustavo Dreyfus.

Si vorranno forse trovare alquanto esagerate le lodi
che il nostro autore tributa al bassorilievo in argento,
facente parte dell’altare di San Giovanni, poiché, per
quanto la sua mano vi si manifesti in ogni partico-
lare, le figure vi mostrano una tendenza al tozzo e
nei loro movimenti impacciati attestano, non essere
simili soggetti di azione drammatica i più appropriati
all’indole dell’artista.

Siamo lieti poi di vedere accolto nel novero delle
sue creazioni la terracotta della Resurrezione, di Ca-
reggi, già illustrata dal nostro amico Carlo Gamba in
questo stesso periodico (a. 1904, fase. x). Egli la trova
anzi una opera molto bella, dì grande carattere e di
un potente realismo si che pare giusto averglisi ad at-
tribuire, soggiungendo che vi si scorge una profonda
influenza di Luca della Robbia.

Nè saprebbero dissentire da lui quanti abbiano bene
compreso l’artista, là dove l’A. si mostra scettico ri-
spetto ai bassorilievi del Carmine a Venezia e del
Museo di Kensington (che alcuni critici noti vol-
lero assegnare al Verrocchio), da poi che invano vi si
cercherebbe l’impronta dell’unghia del leone.

Espressioni sentite sono quelle ch’egli dedica ad
un capolavoro superlativo, quale la superba statua
equestre del Colleoni. Quivi egli riscontra nel cavallo
l’opera eminentemente fiorentina nell’ insieme e ne’ suoi
gustosi e finitissimi accessori, una sensibile influenza
veneta nella figura robusta dell’arcigno cavaliere. Per
questa parte tuttavia crediamo si potrebbe fare una
riserva, ove si consideri che la testa idealizzata del
guerriero nel suo modellato tiene pure sempre del
Fiorentino, che precorre da vicino i tipi coltivati da
Leonardo da Vinci.

Passando a trattare del Verrocchio come pittore,
riconosce in lui una tendenza più realistica di quella
de’ suoi compaesani in genere, inerente certamente
alle sue precipue qualità di scultore.

Rispetto al quesito dell’ angelo noto nel Battesimo
di N. S. è del parere sensato, che nell’essenziale sia
esso pure opera del maestro, e che il celebre suo al-
lievo tutt’al più v’abbia condotto qualche pennellata
di compimento, in verun modo prestando fede alla
asserzione del Vasari, che il primo per l’intervento
trionfale del secondo sia stato indotto ad abbandonare
i pennelli e la tavolozza.

Del Morelli, col quale l’indole sua avrebbe simpa-

tizzato indubbiamente, egli accetta più di una rivendi-
cazione, incominciando dal tributargli il debito onore,
per la rara sagacia colla quale aveva saputo ricono-
scere la mano del Verrocchio nell’opera di pittura la
più perfetta fra quante sono giunte sino a noi, prima

Lorenzo di Credi : San Giovanni

di avere avuto conoscenza di un documento che lo
comprova. Intendesi la mirabile pala della cappella
de’ Medici nel duomo di Pistoia. 1 Egli si compiace

1 II documento fu pubblicato da A. Chiappelli ed A. Oliti nel
Bollettino storico pistoiese, fase. 2, 1889; il giudizio del Morelli
nel suo terzo volume dei Kunstcritìsche Studien (quello che con-
tiene la sua biografia) pag. 37, edito dopo la sua morte dal BrocTchaus
dì Lipsia nel 1893.
 
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