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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0489

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446

MISCELLANEA

ma non persuase tuttavia i pochissimi studiosi che
videro e studiarono l’insigne pittura. Carlo Castone
di Rezzonico, patrizio comasco che, nelle impressioni
del suo viaggio in Sicilia (1793-94), ci ha lasciato, sulle
opere d’arte da lui esaminate, osservazioni frettolose
ma talora notevolissime per intuito critico,1 esclude
la paternità del Perugino, ma ammette che possa trat-
tarsi di un’opera della sua scuola.2 3 Melchiorre Ga-
leotti dichiaro d’aver letto nelle scritture del convento
dei frati minori osservanti, cui la chiesa appartenne,
che questa tavola è della mano stessa del pittore del
Trionfo della Morte, di Palermo 5 È inutile avvertire
come, per correggere un errore grave, il Galeotti ca-
desse in un errore madornale, ma agli studiosi del-
l’arte siciliana, usi a incontrar sul loro cammino ogni
sorta di stranissime ipotesi, nulla può far meraviglia!

A un’ipotesi nuova sulla paternità della Madonna
Greca ha dato credito e seguito l’autorità del Di Marzo.
Questi nella sua preziosa opera su La pittura in Pa-
lermo nel Rinascimento, si occupa non brevemente
del quadro di Alcamo ;4 e, giustamente esclusa per
esso l’ipotesi tradizionale, lo attribuisce a uno dei pit-
tori siciliani più noti della fine del secolo xv e del
principio del secolo xvi, Pietro Rozzolone. Di quest’ul-
timo esiste una sola opera di autenticità assoluta,
il Crocifisso di Termini Imerese (1484): e al confronto
di esso la conclusione del Di Marzo deve apparire
ardita. Ma bisogna avvertire che a tale conclusione
l’illustre storico giunse per una serie di argomenti e
di fatti, quasi assolutamente estranei alla considera-
zione diretta del quadro stesso di Alcamo. Il Di Marzo,
che sul Rozzolone raccolse una messe copiosissima
d’importanti notizie, tanto da poterne ricostruire sto-
ricamente la vita, fu spinto dal desiderio di riempire
in qualche modo, con qualche opera d’arte conside-
revole, il periodo lunghissimo di tempo nel quale
ogni traccia d’opera autentica del Rozzolone difetta;
e, ad attribuire a lui questa, veramente considerevole
e bella, lo mosse forse anche il ricordo della fama che
il pittore in altri tempi godette, e che certo il poco
più che mediocre quadro di Termini non varrebbe a
giustificare. E basti accennare qui quanto del Rozzo-

1 I1C. ha in qualche caso precorso le risultanze della critica
più illuminata. Basti ricordare che egli primo riconobbe nel cele-
brato trittico Malvagna, attribuito allora ad Alberto Dùrer, un’af-
finità palese con le opere del Gossart ; giungendo così a una con-
clusione che, se è più prossima che conforme al vero, è stata però
accolta da quasi tutti i maggiori studiosi contemporanei d’arte
fiamminga.

2 Carlo Castone Della Torre di Rezzonico, Viaggio della
Sicilia e di Malta itegli anni 1J93 e 7797. Opere del cav. C. C.
racc. e pubbl. dal prof. Francesco Mocchettl, t. V, pag. 138-139;
Como, 1817.

3 Galeotti, nel giornale L’Idea, anno II, voi. I, pag. 355-361;
Palermo, 1859.

4 Di Marzo, La pittura in Palermo nel Rinascimento, pa-
gine 232-240; Palermo, 1899. A quest’opera del Di Marzo rimando,

per maggiori notizie storiche e bibliografiche sulla Madonna Greca,

Ione scriveva, nel De Majestate panormitana, il Ba-
ronio : Sileo pictorein Rozzulonem, qui suo penicillo
Raphaelis Urbinì penicillum aequavit. . . !

Sarebbe fare ingiuria al Di Marzo dire che queste
sole considerazioni giustificassero la sua ardita ipotesi.
E pure di questa unico debolissimo sostrato di fatto
è la circostanza accertata che per qualche tempo il
Rozzolone visse e operò in Alcamo ! Traendo, da tale
fatto, un’illazione tutt’altro che necessaria; e argo-
mentando troppo sottilmente sull’evoluzione che l’arte
del Rozzolone dovette subire, fra il tempo in cui fu
dipinto il Crocifisso di Termini e il tempo in cui fu di-
pinto il nostro quadro (circa il 1507, dice il Di Marzo,
e la data conviene approssimativamente al dipinto); e
procedendo infine (pericolosissimo metodo) per esclu-
sione di ogni altro possibile autore siciliano contem-
poraneo, il Di Marzo si lasciò, come per suggestione,
trascinare a una conclusione fallace, che sorrideva a
un suo speciale interesse per l’artista, di cui, come
aveva potuto ricostruire storicamente la vita, cosi
avrebbe voluto rintracciare le opere maggiori.

Anche il Mauceri1 ha, sebbene dubitativamente,
accolto l’attribuzione al Rozzolone. Ma il Mauceri notò
nella pittura, e notò giustamente, un ricordo d’arte
lombarda : forse l’autorità del Di Marzo lo indusse a
non ripudiare risolutamente la paternità nuova, che il
maggiore fra gli studiosi dell’arte in Sicilia aveva sug-
gerita. Il quadro, a mio avviso, manifesta qualche
cosa più che una reminiscenza d’arte lombarda : se
pur volesse ammettersi che l’autore fu siciliano, do-
vrebbe dirsi che questo siciliano fu educato all’arte
in Lombardia.

Non descriverò il quadro, del quale è unita a questi
appunti una riproduzione abbastanza chiara e fedele.
Accanto al trono riccamente intagliato e dorato, ove
siede la Madonna col Bambino benedicente, stanno
in piedi San Francesco d’Assisi e San Benedetto,
come santi protettori dell’ordine cui il convento e la
chiesa appartennero. Ai piedi del trono sono due
gruppi di personaggi genuflessi e adoranti : avanti a
tutti un gentiluomo e una gentildonna con le mani
congiunte, ove si riconoscono i donatori del quadro,
e cioè (secondo il Di Marzo) Federico Enriquez conte
di Modica e signore di Alcamo e Anna di Cabrerà
sua moglie. Questi stessi personaggi furono nel 1507
i fondatori della chiesa :2 non potrebbe però sicura-
mente affermarsi che essi fossero anche i committenti
della pittura.5 La quale pare a me chiaramente che
spetti a un maestro lombardo di un momento e di
uno stile di transizione tra le forme dominanti nella

1 Mauceri, Da Segesta a Selinunte, pag. 78 ; Bergamo, 1903.

2 De Blasi, Della opulenta città di Alcamo discorso storico,
parte VII, pag. 457; Alcamo, 1880.

3 Dalle scritture del convento risulterebbe anzi, secondo il Ga-
leotti, il contrario. Ma si è già visto quanto poca fede meritano
queste scritture.
 
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