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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0511

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468

CORRIERI

renzo Stagi verso la fine del Quattrocento e Stagio,
suo figlio, nella prima metà del Cinquecento, tennero
nella Versilia il campo della scultura.

La tradizione ha dimenticato il nome e la gloria
di Lorenzo per assommarla nell’opera del figlio: tutti
i monumenti che adornano il Duomo di Pietrasanta,
cioè il rivestimento del coro, il pulpito, i candelabri,

Fig. 5 — Pietrasanta, San Martino
Candelabro di Stagio Stagi

le pile dell’acqua santa ed i capitelli sui pilastri del-
l’arco dell’abside sono attribuiti a Stagio.

Tralascio l’analisi dei documenti e l’illustrazione
delle opere scultorie, solo riferisco con la massima
brevità il risultato delle mie ricerche.

Ai 30 di giugno del 1502 gli operai del Duomo
allogarono a Lorenzo l’ornamento ed il parapetto di
una metà del coro.1 Fu pattuito che quando il maestro

1 II Milanesi nel commentario alla vita del Tribolo (Vasari, VI)

avesse compiuto questa prima metà del lavoro, non
potessero gli operai presenti nè i loro successori con-
cedere ad altri la seconda metà, dichiarando nulla e
di nessun valore qualunque altra allogazione ne fosse
fatta. Infatti ai 6 di luglio del 1505 gli affidarono
l’esecuzione di tutto il coro. Ma il lavoro rimase so-
speso per la morte di maestro Lorenzo, avvenuta ai
28 d’aprile del 1506. Allora assunsero l’incarico di
condurre a termine tutto l’ornamento i due maestri
Giuliano di Taddeo di Santa Maria a Pontanico e Ba-
stiano di Gio. Maria Nelli di Carrara. Nella parte a
sinistra del coro si distingue la mano esperta di Lo-
renzo, fine ed elegante, che fa vive e fresche le te-
stine alate dei putti, compiacendosi di modellarle con
molta varietà, tutte differenti e piene di carattere. Il
maestro studia l’espressione dei sentimenti infantili e
la fissa nel marmo, così che le sue testine ora sorri-
dono, ora aprono gli occhi stupiti, talvolta si velano
di mestizia. Nell’altra metà del lavoro gli artisti hanno
modellato frettolosamente e con poco garbo una sola
testina e poi 1’ hanno sempre ripetuta dal calco.

Già prima di questo tempo, dopo il 1497, Lorenzo
aveva eseguito un tabernacolo che gli era stato allo-
gato dai Priori della Compagnia del Corpo di Cristo.
Ma nel 1505, poiché il tabernacolo collocato sull’altare
maggiore del Duomo non era bene in vista, gli operai
gli ordinarono un alto piedestallo di marmo. Oggi il
tabernacolo è nella chiesa parrocchiale di Farnocchia;
il piedestallo è ancora nel Duomo di Pietrasanta, solo
ha mutato ufficio.

Il pulpito del Duomo è attribuito da tutti gli
scrittori a Stagio e si loda generalmente la sua
struttura in forma di calice. Invece l’opera è stata ri-
dotta in questa forma goffa ed assurda da un rifaci-
mento del secolo xvm. In origine il pulpito era murato
su di un pilastro della chiesa; i restauratori per dare
ad esso maggiore evidenza vollero che sorgesse iso-
lato fra due pilastri e lo collocarono sopra il piede-
stallo del tabernacolo di Lorenzo Stagi, addossandogli
una brutta scala di marmo. Il piedestallo conserva
ancora l’antica inscrizione: Bartholomeo lacobi Miche-
lini et Thomeo lacobi Thomeì operaris. A. N. MDIIII.
Ed in quest’anno appunto, per conferma dei docu-
menti, fu eseguito da Lorenzo il piedestallo del
tabernacolo. Conte in tutte le sue opere anche in
questa è palese la mano del maestro, ben distinta dal
lavoro grossolano del pulpito che fu eseguito non da
Stagio, come vuole la tradizione, ma dallo scultore
fiorentino Donato Benti.

Sappiamo dai documenti che nel 1507 questo ar-
tista era a Pietrasanta : infatti ai 26 di settembre egli
con Giovanni Del Maestro estima l’opera dei maestri
Giuliano e Bastiano, i quali alla morte di Lorenzo

riferisce alcuni documenti che riguardano Lorenzo Stagi. Da questo
diligente spoglio traggo le notizie sull’opera dell’artista.
 
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