Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 20.1917

DOI Heft:
Fasc. 3
DOI Artikel:
Venturi, Adolfo: L' ambiente artistico urbinate nella seconda metà del Quattrocento
DOI Seite / Zitierlink:
https://doi.org/10.11588/diglit.17337#0326

DWork-Logo
Überblick
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
2f)2

ADOLFO VENTURI

vigliosi nella purezza dei cinque potali, espansi
a toccar coi loro vertici il cerchio sottile, nel
delicato scavo del ealice che forma col suo bottone
di perla il centro a lieve imbuto della rotella
leggiera. Tutto, il grande architetto crea con le
stesse mani pure: il piano terso della facciata e
le schematiche lettere del monogramma, la
massa cilindrica delle torri e la catena di feston-
cini nel coronamento, la curva nobile degli archi-
volti e l'incastonatura di un fiore dei campi entro
un anello: dappertutto porta la stessa aurea
semplificazioni*', che purifica ed esalta, la forma,
a tutto dà la stessa importanza. Leon Battista
Alberti consigliava di tollerare india esecuzione
degli ornamenti gradazioni di raffinatezza e diver-
sità di materiale, più o meno prezioso, a seconda

Fig. 32 - Napoli, Arco d'Alfonso d'Aragona.

del luogo dove gli ornamenti soli collocati; sola
legge: l'armonia dell'insieme, creatrice di leggia-
dria. Ma per il I aurana, tutto, dalla massa ai
particolari minuti, è. parte integrante dell'edificio,
ha lo stesso valore, si imposta secondo le stesse
leggi di ritmo, secondo gli stessi schemi ideali.

Nel monumento aragonese, l'ampiezza degli
archi trionfali e la loro gravità aumentava di
piano in piano giungendo al massimo peso nella
cimasa massiccia; qui invece, con delicatezza
incomparabile, l'architetto compone la scala
armonica degli archi ascendenti, alleggerendoli
e innalzandoli per gradi, come un bel labaro che
si stacchi lentamente dalla muraglia, e di tabella
in tabella sollevi nell'azzurro l'insegna gloriosa
dell'aquila. I >i piano in piano, le purissime logge,
si distendono, e si spingono in alto leggiere, e la
colonnina che porta l'aquila montefeltrese prende
leggerezza di stelo. Tre finestre da ogni banda
delle arcate, semplici, purissime di proporzioni,
seguono gli stessi ritmi nella loro ascensione;
sei finestrelle s'incastonano a piramide tronca

entro le svelte torri, e scendono dall'alto con la
stessa regolarità di pause dei grani di una collana
o dei mazzi penduti di Leon Battista Alberti
nella porta di Santa Maria Novella a Firenze.
Le voci di trionfo che si alzavano dall'arco di
Napoli tacciono: tutto esprime quiete, dignità,
serenità imperturbata; la pura contemplazione
della bellezza prende il posto di ogni enfasi clas-
sica; se vi è classicismo, è soltanto nel senso di
purezza greca, di candore. Le cinque fasce ver-
ticali delle aperture, accompagnate e sottoli-
neate dalle canne sottili delle lesene, che hanno
un vero e proprio ufficio di squadri;, le cinque
grandi zone equivalenti che compongono la lac-
ciaia e che si fondono, pur conservando ognuna
di esse la chiarezza della propria definizione;
j listelli orizzontali, le sottili tettoie sporgenti
dalle finestre e dalle logge, costituiscono le pause
ritmiche di quel «poema di linea e di massa».1

Lo stesso amore alle superfici lisce involgenti
senza aggetti e senz'ombra i nitidi volumi, si
manifesta nell'armonico cortile (fig. 33), raro
gioiello della nostra architettura del Quattro-
cento. Se i pilastri agli angoli non combaciano,
ma lasciano un vano, che sembra indebolii l'edi-
ficio, proprio là dove criterio costruttivo lo vor-
rebbe più forte, anche questo apparente difetto,
che il Budinieh rimprovera a Luciano, ha le
sue origini nella predilezione per le superfici
distese, chiare, aperte: le quattro facce nitide
si allacciano per le cornici delle trabeazioni e
dei capitelli come quattro candidi fogli uniti
leggermente da fermagli: e l'angolo conserva il
suo perfetto valore, senza smussature, senza arro-
tondamenti; i lati si accostano, toccandosi appena
a lunghi intervalli, fin basso zoccolo rileva dal
piano del cortile i portici silenziosi, con le cinque
arcate nascenti dall'abaco dei capitelli, non da
puivino, fini di sagoma, riposate e leggiere. E al
piano superiore cinque lisci pilastri ionici, fissi
alla trabeazione del primo piano per via di uno
zoccolo rastremato, inquadrano in altrettante
zone i bei rettangoli delle finestre appoggiate
al labbro tagliente del cornicione. La semplicità
assoluta delle linee, elette, signorili, nascenti da
reciproci rapporti di armonia, la chiarezza cri-
stallina dell'insieme fa di questo cortile un
esemplare unico nel Ouattrocento italiano. Per
amore di sintesi, il Laurana soffoca il rilievo dei
successivi listelli nelle trabeazioni, riduce a lini
rastremature il mirabile piedistallo a trapezio

1 C'osi ha definito Lionello Venturi, nel suo articolo:
Sludii sul Palazzo ducale d'Urbino in Varie (1914, pagi-
na 415 e 55). A lui spetta la determinazione di Francesco
I.aurana nelle decorazioni ilei palazzo ducale d'Urbino, di
Luciano Laurana nell'arco d'Alfonso .l'Aragona.
 
Annotationen