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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 22.1919

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Fasc. 1-2
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Lopresti, Lucia: Marco Boschini, scrittore d'arte dell secolo XVII
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https://doi.org/10.11588/diglit.17339#0041

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MARCO BOSCHINI SCRITTORE D'ARTE

19

E in quanta misura la sentiva il nostro scrittore
se poteva, dimenticarla così agevolmente e così
spesso? Poiché certo non sono parole che si addi-
cano ad una rigorosa ed esclusiva dissertazione
sul puro disegno, quelle che egli pronuncia ora:
« il pittore forma senza forma, anzi con forma dif-
forme la vera formalità in apparenza; ricercando
così l'arte pittoresca ».

Qui non c'è altro che la pura emozione dell'oc-
chio sensibile che si allieta della finzione pittorica.
Si sottintendono tanti gridi di gioia:

« Ah qui c'era un braccio grosso e palpabile per
lungo e per largo; e qua non c'è che una superficie
piana che include tanta forma. Tra l'avambraccio
e la mano esisteva un grande vuoto aereo, e tutto
questo ora si trova ripiegato sulla tela e lo si può
godere a piacere, da vicino o da lontano, nella
realtà del colore tessuto o nella illusione della
forma calcolata! » I7, Boschini, ricordandosi final-
mente di aver posto a titolo del suo capo la parola
« disegno », prorompe in buona fede: « O disegno
impareggiabile e mostruoso! ».

In verità egli non sa concepire un disegno di-
verso da quello che ha descritto finora, egli crede
sinceramente di non essersi dilungato oltre i limiti
del suo tema; e lo crede appunto mentre nella sua
coscienza si concentra un nodo di riflessione cri-
tica particolare.

« Ma il disegno — egli dice — viene corrobo-
lato dall'artificio del dentro e fuori che è quella
massima pertecipante del disegno, del colorito e
dell'invenzione, vero trino di perfezione... ».

In fondo l'allusione a questo artificio non è che
una continuazione della dissertazione sugli scorci
e sul « disegno mostruoso » così caro all'autore.
Di tanto in tanto si dividono per lui in composta
chiarezza i capi della magica matassa artistica;
poi tutto si torna a confondere in un caos delizio-
samente godibile. Così ora egli prova il bisogno di
segnare una definizione che non aspettavamo.

Cos'è questo « artificio del dentro e del fuori »
rilevato così potentemente, tutto a un tratto? Vo-
gliono notare le parole oscure una idea insolita ed
eccessivamente importante?

Si potrebbe pensar questo un momento; ma siam
disingannati subito dal resto del periodo che ci
mostra quel Boschini che abbiamo già cominciato
a conoscere. Questo artificio è dunque « unione e
insieme distinzione delle figure a parte a parte e
delle medesime in concerto, facendole spiccare
l'una dall'altra in virtù dei lumi, d'ombre, di ri-
flessi... degradando la distanza dalla vicinanza,
non solo colle forme del disegno, ma ancora con le
tinte de' colori più abbagliati e più carichi; docu-
mento che senza affettazione conclude il bello e il
buono dell'arte pittoresca »,

E il riassunto della concezione pittorica boschi-
niana che troveremo qua e là diffusa in freschissimi
laghi d'espressione. Le tinte abbagliate e cariche
(oh quanta luce di colore e di critica in questi
aggettivi!) che indicano la distanza e la vicinanza,
sor. bene le pennellate che dianzi facevan risaltare
« artificiosamente » il chiaroscuro; e la forma,
unita in questo passo al colore su uno stesso piano
di equivalenza di mezzi, ci fa risentire la ingenua
interpretazione pittorica dello scorcio. Cosa ci dirà
di più pittoresco di così il c?pitolo sul colorito?

Infatti le espressioni più notevoli di questo se-
condo capitolo non sono che suggestioni fanta-
stiche insistenti sulla stess? nota. E insieme con
esse si ripetono le solite ingenue manchevolezze
proprie della mentalità boschiniana. Alle prime
parole ci si presenta ancora una volta la tradizio-
nale distinzione tra il disegno e il colorito anima e
luce, contenuta fra i contorni lineari; strana cosa,
questo cappello che potrebbe essere concepito fin
da un artista giottesco o michelangelesco, premesso
a una trattazione del colore tutta veneziana! Bo-
schini anche ora non può c non sa mantenersi tra
i limiti di una dissertazione teoiica, ha bisogno di
parlare e di dimostrare come se avesse nelle mani i
pennelli e i colori, facendosi perdonare in tal modo
la deficienza dei suoi poteri ragionativi.

Ecco che egli descrive il modo di dipingere della
scuola prediletta; poche espressioni possono egua-
gliare la felicità pittorica delle sue parole tutte
imbevute della fluente sostanzialità del color ve-
neto. C'è un intero stile nella sua enumerazione
delle « particolarità del colorito »: « poiché questo
alle volte si riceve per impasto, ed è fondamento,
per la macchia ed è maniera; per l'unione dei colori,
e questo è tenerezza; per il tingere o ammaccare, e
questa è distinzione delle parti; per il rilevare e
abbassare delle tinte e questo è tondeggiare, per
il colpo sprezzante, e questa è franchezza di colo-
rire; per il velare, o come dicono sfregazzare, e
questi sono ritocchi per unire maggiormente ».

Noi siamo quasi traspoitati nell'interno di un
atelier e godiamo come se notassimo ad una ad una
le delizie coloristiche e le trovate pittoriche di un
simpatico quadro. Il godimento sensitivo è accre-
sciuto durante la consecutiva spiegazione delle
successive operazioni dell'artista: l'abbozzo del
primo letto coloristico disposto secondo il presta-
bilito effetto luminoso, la sommaria osservazione
del naturale, infine l'ultimo ingioiellamcnto a
colpi di pennello. Ed è così saporita e così rispon-
dente allo spirito della migliore critica contempora-
nea questa descrizione, che è difficile alla prima
non rimanerne abbagliati; senonchè un accenno a
 
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