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ADOLFO VENTURI
affetti e nella paura. Narrando l'epica fine degli uomini, Michelangelo volle far scop-
piare la vita dalle sue forme poderose.
L'agitazione comincia ad invadere i geni che reggono i clipei di bronzo sotto le pe-
santi cornici del quadro con il Sacrificio di Noè. L'atteggiamento scultorio dei due efebi
regginastro, con una gamba violentemente piegata al ginocchio e sospinta, prelude allo
atteggiamento delle statue sui monumenti medicei; i reggifestone, di fronte, indietreg-
giano con un repentino scarto dando un brusco strappo alle frondi e ai frutti che si rove-
sciano pesantemente dai cornucopi carichi. Uno di questi, con ricci scoppiettanti, fau-
nescamente ride, mentre l'altro, guardando al sacrificio, sembra ripararsi il volto dal
calore della vampa; i nudi dal lato opposto piegano tristemente il capo o volgono occhi
grandi per terrore alle acque che avanzano minacciose verso gli ultimi lembi di terra.
La compostezza, la posa statuaria degli efebi intorno al primo quadro, qui si rompe
per slanci improvvisi c violenti, e simultaneamente la scena del Sacrificio, in raffronto
con quella dell' Ebrezza di Noè e anche col Diluvio, si costruisce in potente unità di
blocco marmoreo che dalla disposizione angolare dell'ara prende unità e vigore di spinta
dal fondo all'esterno. Le figure dei giovani assistenti al sacrificio e il gruppo annodato
delle vittime, abbassandosi cadenzatamele, costruiscono un pesante tralcio ornamen-
tale da una cornice all'altra; nel fondo, tra una giovane che immerge il coltello riparan-
dosi con la mano dalla vampa, e una vecchia Sibilla sussurrante magiche parole, l'annu-
volato Noè erge la sua persona solenne di vecchio rabbino ad accennare in alto con lo
stesso movimento breve, a scatto, delle figure che lo circondano. L'accentramento della
scena, la costruzione di essa in blocco, segnano una nuova fase di sviluppo nel ciclo di
questi affreschi che ci mostrano il prodigioso svolgimento dell'arte di Michelangelo.
Effetti di movimento a contrasto nel quadro seguente, Il Peccato originale e II
Castigo: due spinte, nascenti da una stessa fonte (il tronco d'albero cui il demone attorce
le sue spire), e sprigionate in direzione opposta, determinano con impressionante repen-
tina simultaneità lo svolgimento delle due scene nei due campi del rettangolo. La spirale
delle grosse anella avvinghiate al tronco si scioglie d'improvviso con due violenti scatti:
del demone avventato verso Eva, dell'angelo, che per un braccio si attiene all'albero
e sembra prolungare il rotondo corpo del serpe, e con l'altro appunta la spada al collo
di Adamo fuggente. Le due forze del Male e della Vendetta scaturiscono da uno stesso
ceppo, con uno stesso impeto: le forme di Satana e dell'angelo s'incorporano alla massa
dell'albero nascendo da esso con impeto e curve potenti di rami; le anella del serpe e
le radici si confondono negli stessi guizzi orridi di ramarro. 11 tipo etrusco di Jacopo
della Quercia ritorna nelle turgide forme di Eva che porge la mano a Satana sollevando
la tonda robusta massa del capo, i lineamenti dilatati dal respiro, impressi di vigore e
di volontà.
Questo volto, che nel magnifico gruppo tortile di Adamo ed Eva sotto l'albero della
tentazione, spira una potente energia in riposo, si trasforma in volto di Furia nell'altro
gruppo della Punizione: i capelli arruffati partecipano alla vita convulsa degli occhi cavi,
del volto aggrinzito da improvvisa vecchiaia, delle braccia strette a tenaglia, di tutto
il corpo che si rannicchia come per scomparir sotterra e inorridisce come se il tocco
freddo della spada l'abbia raggiunto. Di là dalle rocce, che costituiscono l'Eden per l'arte
senza sorriso di Michelangelo, si stende la terra, il deserto, piano e desolato sotto lo scoppio
del fulmine chè lampeggia per le tese braccia dell'angelo. Nulla rimane inerte: l'albero,
avvinto dalla sua catena di serpi, è nido di folgori che simultaneamente scoppiano nel
cielo senza nubi, fosforico e ardente sopra la terra arsa. Non intervallo fra la Tentazione
e la Cacciata di Adamo ed Eva: alla colpa segue fulminea la vendetta di Dio.
Alla drammatica scena del Castigo succede la Nascita di Eva, meno movimentata,
compresa del sopore inquieto che dal sonno di Adamo si diffonde nel paese e nei grandi
personaggi. Non una pianta verde, non un fiore nell'Eden, ma uno squallore più tragico
ADOLFO VENTURI
affetti e nella paura. Narrando l'epica fine degli uomini, Michelangelo volle far scop-
piare la vita dalle sue forme poderose.
L'agitazione comincia ad invadere i geni che reggono i clipei di bronzo sotto le pe-
santi cornici del quadro con il Sacrificio di Noè. L'atteggiamento scultorio dei due efebi
regginastro, con una gamba violentemente piegata al ginocchio e sospinta, prelude allo
atteggiamento delle statue sui monumenti medicei; i reggifestone, di fronte, indietreg-
giano con un repentino scarto dando un brusco strappo alle frondi e ai frutti che si rove-
sciano pesantemente dai cornucopi carichi. Uno di questi, con ricci scoppiettanti, fau-
nescamente ride, mentre l'altro, guardando al sacrificio, sembra ripararsi il volto dal
calore della vampa; i nudi dal lato opposto piegano tristemente il capo o volgono occhi
grandi per terrore alle acque che avanzano minacciose verso gli ultimi lembi di terra.
La compostezza, la posa statuaria degli efebi intorno al primo quadro, qui si rompe
per slanci improvvisi c violenti, e simultaneamente la scena del Sacrificio, in raffronto
con quella dell' Ebrezza di Noè e anche col Diluvio, si costruisce in potente unità di
blocco marmoreo che dalla disposizione angolare dell'ara prende unità e vigore di spinta
dal fondo all'esterno. Le figure dei giovani assistenti al sacrificio e il gruppo annodato
delle vittime, abbassandosi cadenzatamele, costruiscono un pesante tralcio ornamen-
tale da una cornice all'altra; nel fondo, tra una giovane che immerge il coltello riparan-
dosi con la mano dalla vampa, e una vecchia Sibilla sussurrante magiche parole, l'annu-
volato Noè erge la sua persona solenne di vecchio rabbino ad accennare in alto con lo
stesso movimento breve, a scatto, delle figure che lo circondano. L'accentramento della
scena, la costruzione di essa in blocco, segnano una nuova fase di sviluppo nel ciclo di
questi affreschi che ci mostrano il prodigioso svolgimento dell'arte di Michelangelo.
Effetti di movimento a contrasto nel quadro seguente, Il Peccato originale e II
Castigo: due spinte, nascenti da una stessa fonte (il tronco d'albero cui il demone attorce
le sue spire), e sprigionate in direzione opposta, determinano con impressionante repen-
tina simultaneità lo svolgimento delle due scene nei due campi del rettangolo. La spirale
delle grosse anella avvinghiate al tronco si scioglie d'improvviso con due violenti scatti:
del demone avventato verso Eva, dell'angelo, che per un braccio si attiene all'albero
e sembra prolungare il rotondo corpo del serpe, e con l'altro appunta la spada al collo
di Adamo fuggente. Le due forze del Male e della Vendetta scaturiscono da uno stesso
ceppo, con uno stesso impeto: le forme di Satana e dell'angelo s'incorporano alla massa
dell'albero nascendo da esso con impeto e curve potenti di rami; le anella del serpe e
le radici si confondono negli stessi guizzi orridi di ramarro. 11 tipo etrusco di Jacopo
della Quercia ritorna nelle turgide forme di Eva che porge la mano a Satana sollevando
la tonda robusta massa del capo, i lineamenti dilatati dal respiro, impressi di vigore e
di volontà.
Questo volto, che nel magnifico gruppo tortile di Adamo ed Eva sotto l'albero della
tentazione, spira una potente energia in riposo, si trasforma in volto di Furia nell'altro
gruppo della Punizione: i capelli arruffati partecipano alla vita convulsa degli occhi cavi,
del volto aggrinzito da improvvisa vecchiaia, delle braccia strette a tenaglia, di tutto
il corpo che si rannicchia come per scomparir sotterra e inorridisce come se il tocco
freddo della spada l'abbia raggiunto. Di là dalle rocce, che costituiscono l'Eden per l'arte
senza sorriso di Michelangelo, si stende la terra, il deserto, piano e desolato sotto lo scoppio
del fulmine chè lampeggia per le tese braccia dell'angelo. Nulla rimane inerte: l'albero,
avvinto dalla sua catena di serpi, è nido di folgori che simultaneamente scoppiano nel
cielo senza nubi, fosforico e ardente sopra la terra arsa. Non intervallo fra la Tentazione
e la Cacciata di Adamo ed Eva: alla colpa segue fulminea la vendetta di Dio.
Alla drammatica scena del Castigo succede la Nascita di Eva, meno movimentata,
compresa del sopore inquieto che dal sonno di Adamo si diffonde nel paese e nei grandi
personaggi. Non una pianta verde, non un fiore nell'Eden, ma uno squallore più tragico