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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 22.1919

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Fasc. 3
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Venturi, Adolfo: La volta della Sistina
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https://doi.org/10.11588/diglit.17339#0111

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LA VOLTA DELLA SISTINA

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che nella scena della Tentazione, squallore di natura informe in cui rocce e tronchi mozzi
si agglomerano selvaggiamente formando grotta al nudo umano che, tratto da un blocco di
pietra, rigira le poderose membra vinte dal sonno e incrocia le mani intorno a un ceppo
scheggiato come se le maglie di una catena ve lo fermassero. Grandiosa la composi-
zione nella severa semplicità della sua architettura: un arido scoglio che scende verso il
piano, un altro pendio roccioso formato dal massiccio corpo di Eva che congiunge
la forma inarcata di Adamo a quella dell'Eterno. Avvolto nel manto monumentale,
alto dal suolo come un albero gigante, il grande Vegliardo curva la testa sotto la cornice,
troppo bassa alla sua torreggiante figura; dietro lui la terra apre il suo piano arido, la
sua solitudine paurosa. E l'occhio di mago, severo e magnetico, il lento gesto susci-
tatore della destra aperta, sprigionano dalla forma dell'uomo dormiente e levano da
terra la massiccia forma di Eva, affascinata e orante.

L'effetto di movimento che risulta dal contrasto tra il sonno d'Adamo, l'irrigidita
posa dell'Eterno e lo scatto faticoso e potente delle giganti membra di Eva sollevate
dal gesto animatore di Dio, si rinnova con maggiore slancio tra i nudi attornianti.
Incroci violenti di braccia e gambe, flessioni e torsioni di busti atletici nelle due figure
affrontate dal lato di Adamo, comprese di spirito profetico negli occhi ingranditi dal-
l'ansia o velati di tetre nuvole; balzi audaci nello spazio, delle altre due, che si scagliano
selvaggiamente dai loro piedistalli di marmo, avanzando con impeto irresistibile tra
gorghi di stoffa turbinanti e scroscio di ghiande d'oro dai grevi cornucopi, figure di
tempesta con grandi occhi paurosi e larghi lineamenti, dilatati dall'affrettato respiro. 11
tragico destino dell'umanità incalza; e i giganti, costretti sulla lor base di pietra, prepa-
rano le membra poderose alla lotta, o inorriditi tentano avventarsi nel vuoto. Come
dalla cornice del Sacrificio di Noè uno dei nudi volgeva alla terra devastata dal Diluvio
paurosi occhi, così uno dei nudi attorno alla Creazione di Eva si avventa dal suo piedi-
stallo, rannicchiando l'anelante testa, con occhi sbarrati d'orrore, inchiodati alla visione
del Castigo, fra i vortici del manto in preda ai venti. L'ira di Dio che incalza i fuggitivi
ha il suo contraccolpo fuor della scena e si esprime nell'affascinato sguardo del gigante
e nella furia della burrasca tra gli infernali gorghi del manto.

Nella Nascita d'Eva, la creazione era potentemente espressa dal ripido obliquo pendio
della figura di donna, dallo slancio delle braccia tese e del torso, simultaneo al gesto
suscitatore dell'Eterno; nella Creazione di Adamo invece è espresso dalla catena pros-
sima a congiungersi di due braccia tese, di due mani accostate, tramite di trasfusione
della scintilla di vita dal Creatore alla creatura. L'argilla comincia ad animarsi, a
muoversi torpida; già una gamba piegata si puntella al suolo; la testa, dagli occhi
affascinati, sorge da un collo robusto che affonda la sua base entro la collana delle
forti clavicole sollevate dal respiro, come tronco d'albero nel cavo della terra: una forza
latente si sveglia nelle membra ancor indolenti e intorpidite. Non, in questo riquadro,
la distinzione del paese in piano e altura rocciosa adottata per il Peccato originale e pol-
la Creazione d'Eva; ma uno scoglio e il cielo, così che intorno al lembo di terra che ospita
Adamo, naufrago su una riva deserta, si apre il vuoto, l'abisso sconfinato, tremante del
rombo che suscita nel ciclo fosforico il passaggio di Dio tra i Geni della creazione,
entro la grotta del manto sospinta dal vento, temporalesca nuvola da cui si scatenano
i fulmini. Il contrasto tra Adamo assopito e l'irruente nuvola abitata dall'Eterno e
dagli ardenti angeli, estende per la prima volta a tutta la composizione il burrascoso
movimento di Michelangelo; i venti, rappresentati dalle impetuose forme degli angeli,
sospingono Dio, nel suo nido tonante, verso la terra; c la testa stessa dell'Eterno si risolve
in fuga di bianche ciocche e di mobili rughe, in scroscio di spume. Agli occhi traso-
gnati del primo uomo, Dio non si presenta con la divina benignità di aspetto che gli
avrebbe dato Raffaello, ma fra lampi e tuoni e soffi di bufera: la vita annuncia alla crea-
tura ancora inerte e inconscia la terribilità del suo destino.
 
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