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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 30.1927

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Venturi, Lionello: Il gusto e l'arte - i primitivi e i classici
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https://doi.org/10.11588/diglit.55192#0120

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IL GUSTO E L’ARTE - I PRIMITIBI E I CLASSICI

sollevato alcune riserve relative a cinque, dico cinque, ammirate opere di scultura greca,
si è creduto ch’io abbia avuto il ridicolo intento di svalutare tutta l’arte greca e romana.
Invece le reazioni ottenute mi hanno convinto dell’opportunità della mia polemica, intesa
non a svalutare capolavori, ma a distruggere i molti pregiudizi critici che ancora ostacolano
la considerazione dell’arte nelle opere antiche.
La signorina Tea, per esempio, mi rinfaccia i marmi fidiaci, senza tener conto del mio
accenno esplicito a Fidia a pag. 256, ed ammette che l’Ermete di Prassitele sia « troppo
famoso », confessione preziosa dati gli « scandali » di cui sopra si è detto.
Sui miei raffronti Roberto Papini sentenzia: « la parzialità di giudizio che egli talora
vi dimostra è tale da indebolire le argomentazioni proprio con quegli esempi che avreb-
bero dovuto rafforzarle ». E passa agli esempi: « Il garbatissimo rilievo ellenistico del con-
tadino, conservato a Monaco, è confrontato con Y Aratura scolpita da Andrea Pisano nel
Campanile di Giotto; ma quella è opera di mestiere e questa è creazione originale d’un
artista grande, ispirato da un maestro più grande ancora ». E allora? Io ho istituito il
raffronto proprio per dimostrare che nel rilievo trecentesco, e non nell’altro, c’era arte
perfetta; non ho mai detto che ogni rilievo greco debba subire la sorte critica di quello
da me riprodotto. In che consiste la mia parzialità?
La risposta dei « classicisti » mi giunge dall’Anti. 1 Veramente, per convincere, la
risposta avrebbe dovuto affrontare i precisi problemi trattati nel mio libro. Mostrare ai
lettori del Dedalo alcune belle sculture greche e romane è un sistema di polemica molto
simpatico, magari capace di disarmare, ma forse non altrettanto conclusivo.
« E’ stato scritto di recente che l’arte classica è vuota di contenuto religioso ». Da chi?
Da me, no di certo. Ho detto che dal « Canone » in poi l’afflato mistico è stato ostacolato
dal gusto greco: ciò che è assai differente.
Ho parlato di una imitazione scientifica della natura. Nè tre figure che non aderiscono
alla natura, nè un panneggio sciatto, possono dimostrare l’errore della mia affermazione.
Del resto il pregiudizio del controllo naturalistico è radicato nell’animo dell’Anti: « i Greci
aderiscono devotamente alla natura per non dare nel capriccio cervellotico ». Se le parole
significano qualche cosa, ecco il dilemma dell’artista: o adesione alla natura o capriccio
cervellotico. Appunto, anche per convincere i classicisti che, all’infuori dell’adesione alla
natura, ci può essere un’arte che non sia capriccio cervellotico, è stato scritto « Il gusto dei
primitivi ».
L’Anti ammette il verismo « inutile » dell’arte greca tra il 11 e il 1 secolo a. C., ma come
meteora, come reazione, « non tanto perchè quello fosse l’indirizzo cui spiritualmente
tendesse l’arte greca fin dalle origini». Fin dalle origini, no. La mia ammirazione infinita per
l’arcaismo greco e per Fidia è esplicito. Le mie riserve cominciano dal « Canone » di Poli-
cleto, e non riguardano le opere d’arte classica, che sarebbe ridicolo, ma il gusto classico
nel senso ormai definito. L’Anti afferma in proposito che il «vituperato “Canone” sarà
stato al più una ingenua pretesa, quali hanno avuto sempre gli artisti, fino a Leonardo e

1 Carlo Aliti conchiude un suo articolo sul Museo
archeologico di Venezia con la seguente nota: « Il
lettore al corrente degli studi storico-artistici
avrà certo compreso a chi sono dirette le note pole-
miche del presente scritto. I giudizi sull’arte antica,
espressi da Lionello Venturi nel suo ultimo, geniale
volume: Il gusto dei primitivi, non potevano re-
stare senza una risposta da parte dei classicisti.
Certo altri avrebbe potuto farlo più efficacemente
di me, sprovvisto di mentalità filosofica e senza
dimestichezza con il metodo e con il linguaggio

filosofici, ma il materiale veneziano era occasione
troppo bella per una risposta e il grande amore al-
l’arte antica mi dava coraggio; perciò ho osato egual-
mente, fiducioso che il Venturi gradirà lo scritto
come tentativo di collaborazione al chiarimento
dei problemi che affannano tutti i critici d’arte ».
Gradisco non solo il modo, ma soprattutto l’in-
teresse manifestato alle mie idee da un archeologo
come l’Anti, a tutti noto per la sua rara sensibilità
artistica. Spero quindi che anch’egli vorrà accettare
i chiarimenti che seguono.
 
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