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Fondata Nicolò III marchese d’ Este nel H03 ( Gua-
riti. Compend. ist. pag. 150) (1).
Ora prima d’ avanzarmi a narrare le fatiche del
Tura che ancora oggidì si possono vedere, più gio-
vevole parrai per utilità della storia dar conto di
quelle che o dal tempo , o furono distrutte dagli
uomini. Tale avventura ebbero, oltre la sopraccen-
nata immagine della chiesa degli Angeli, un’intera
cappella nell’ antica chiesa di s. Domenico. La fami-
glia nobile de’ Sacrati, cui apparteneva il jus di
detta cappella, lo invitò a colorire tutti quei muri
con l’intera storia del nuovo Testamento in diversi
comparti distribuita. La tavola d’ altare ( la quale
poi fu trasmutata in un s. Carlo dipinto dallo Scar-
sellino ) fu assegnata a mostrare 1’ epifania del Si-
gnore ; ond’ è che la detta cappella fu poi sempre
denominata la cappella de’ Magi (2).
Nell’ oratorio di s. Lodovico si sa che vi dipinse
ai lati di quell’ unico altare li santi Lodovico re di
Francia e Francesco d’ Assisi, li quali al presente
restano coperti da due quadri in tela di autori mo-
derni.
(1) « Questo affresco era già distrutto affatto al tempo del B arotti, dello
« Scalabrilli, e del Cittadella : ed ora non esiste nè meno la chiesa che fu con-
« vertita ad uso profano, poi consumata da un incendio nel i8o5, ed infine at-
« ferrata nel i8i3, con la bellissima torre delle campane, per avarizia di tale
« che fu condegnamente punita. Imperocché era questa costrutta siffattamente,
55 ed i mattoni duri e compatti più che marmo sì strettamente uniti da un
il cemento, che li rendeva l’un 1’ altro inseparabili: onde non cedette alla mano
5? distruggitrice che per essere ridotta in minuti ed inutili rottami 59.
petrvcci
(2) Attualmente nella rimodernata chiesa di S. Domenico, nell’ ultima cappella,
che s’ incontra a mano sinistra di chi entra dalla facciata, sta appesa ad un
muro laterale una tela ov’è dipinto un S. Carlo dello Scarsellino, appartenendo
quella cappella alti Sacrati. Secondo il Cittadella ( Catal. Tom. I. p. 55 ), pare
che Ippolito Scarsella, detto Scajsellino, si servisse della stessa tavola per
ridipingervi sopra.
Fondata Nicolò III marchese d’ Este nel H03 ( Gua-
riti. Compend. ist. pag. 150) (1).
Ora prima d’ avanzarmi a narrare le fatiche del
Tura che ancora oggidì si possono vedere, più gio-
vevole parrai per utilità della storia dar conto di
quelle che o dal tempo , o furono distrutte dagli
uomini. Tale avventura ebbero, oltre la sopraccen-
nata immagine della chiesa degli Angeli, un’intera
cappella nell’ antica chiesa di s. Domenico. La fami-
glia nobile de’ Sacrati, cui apparteneva il jus di
detta cappella, lo invitò a colorire tutti quei muri
con l’intera storia del nuovo Testamento in diversi
comparti distribuita. La tavola d’ altare ( la quale
poi fu trasmutata in un s. Carlo dipinto dallo Scar-
sellino ) fu assegnata a mostrare 1’ epifania del Si-
gnore ; ond’ è che la detta cappella fu poi sempre
denominata la cappella de’ Magi (2).
Nell’ oratorio di s. Lodovico si sa che vi dipinse
ai lati di quell’ unico altare li santi Lodovico re di
Francia e Francesco d’ Assisi, li quali al presente
restano coperti da due quadri in tela di autori mo-
derni.
(1) « Questo affresco era già distrutto affatto al tempo del B arotti, dello
« Scalabrilli, e del Cittadella : ed ora non esiste nè meno la chiesa che fu con-
« vertita ad uso profano, poi consumata da un incendio nel i8o5, ed infine at-
« ferrata nel i8i3, con la bellissima torre delle campane, per avarizia di tale
« che fu condegnamente punita. Imperocché era questa costrutta siffattamente,
55 ed i mattoni duri e compatti più che marmo sì strettamente uniti da un
il cemento, che li rendeva l’un 1’ altro inseparabili: onde non cedette alla mano
5? distruggitrice che per essere ridotta in minuti ed inutili rottami 59.
petrvcci
(2) Attualmente nella rimodernata chiesa di S. Domenico, nell’ ultima cappella,
che s’ incontra a mano sinistra di chi entra dalla facciata, sta appesa ad un
muro laterale una tela ov’è dipinto un S. Carlo dello Scarsellino, appartenendo
quella cappella alti Sacrati. Secondo il Cittadella ( Catal. Tom. I. p. 55 ), pare
che Ippolito Scarsella, detto Scajsellino, si servisse della stessa tavola per
ridipingervi sopra.