CAPITOLO SESTO g3
Aggiungasi a tutto questo come in ogni guerra civile il partito del vincitore Game Civili
scagliandosi furiosamente su tutti gli oggetti anche materiali che ricordano l'ima-
gine, la fortuna o l'onore dei vinti, ne atterra ogni statua, ne distrugge ogni
memoria, e infmo radere ne vorrebbe, se lo potesse, dalle pagine della storia e
dalla mente degli uomini la rimembranza; e si vedrà come non solo dovevano
perire tante preziosità dell'arte là dove nelle civili discordie sì spesso i figli
si bruttarono le mani nel sangue de' padri, ma che dobbiamo fare anzi le me-
raviglie per il poco che di tanto splendore e rimasto , e benedir quella terra
che nel rimescolarsi ci riconcede le preziose reliquie della greca e della roma-
na grandezza che conservò seppellite nel suo seno sino a' dì nostri.
Ora cessar dovrà la meraviglia come in età non da noi lontana siano stati Materiali
fusi tanti preziosi monumenti di bronzo per costruire istrumenti di morte e di fra""'
. . distrutti.
desolazione, come attestano molte recenti memorie, volgendo il pensiere a
quel di più che fecero i romani nei tempi della maggior loro cultura per quel-
la troppo vera circostanza che in tempo di guerra furor arma ministrai. Non
possiamo ignorare che i romani si servivano di colonne , di bassi rilievi , di
statue e di tutto ciò che loro si presentava davanti di più insigne e più sacro
per semplici materiali nella difesa delle piazze, e Tacito (t) ci riporta, come
Sabino governatore di Roma e fratello di Vespasiano fece spogliare il campi-
doglio di statue per farne barriera all'incendio di alcune porte che i vitelliani
ardevano in rivolta contro di lui. E se vogliamo credere esattamente a ciò che
riferisce .Procopio essere avvenuto nel tempo di Giustiniano , allorché Be-
lisario stretto d'assedio dai goti costrinse ^.00 romani a difendersi dall'alto
della mole adriana, con mirabil successo questi si sostennero lanciando con-
tro gli assediami le statue in pezzi che ornavano il giro di quel gran monu-
mento, o almeno i resti della trabeazione di così eccelso edificio.
Ma qui si offre una riflessione assai naturale per escludere questo fatto, seb-
bene riferito da un contemporaneo , o almeno per mitigarne l'atrocità. Basta
il ricordarsi che quando Belisario s'impadronì di Roma, dopo che per 60 an-
ni era rimasta la sede dei barbari, e che sostenne gli assedj di Vitige e di Totila
erano già corsi più di 23o anni da che Costantino aveva impiegate le colon-
ne le quali cingevano la mole adriana nella costruzione della basilica di S. Pao-
lo; e che per quanto il retto senso permette di conghietturare le statue che or-
navano il giro della cornice o di un attico sostenuto da quelle colonne, saranno
di là già state prima tolte, e forse anche trasportate a Costantinopoli 0 altro-
ve, e ciò sempre avanti ohe rimossi venissero i sottoposti fusti delle colonne ,
sopra le quali non poteva inai rimanere isolata la trabeazione e molto meno
le statue . E 1' essersi trovato sotto. ,il pontificato di Urbanq Vili, , nello
(i)Lib. III. in Vite!.
Vol. I. 24
Aggiungasi a tutto questo come in ogni guerra civile il partito del vincitore Game Civili
scagliandosi furiosamente su tutti gli oggetti anche materiali che ricordano l'ima-
gine, la fortuna o l'onore dei vinti, ne atterra ogni statua, ne distrugge ogni
memoria, e infmo radere ne vorrebbe, se lo potesse, dalle pagine della storia e
dalla mente degli uomini la rimembranza; e si vedrà come non solo dovevano
perire tante preziosità dell'arte là dove nelle civili discordie sì spesso i figli
si bruttarono le mani nel sangue de' padri, ma che dobbiamo fare anzi le me-
raviglie per il poco che di tanto splendore e rimasto , e benedir quella terra
che nel rimescolarsi ci riconcede le preziose reliquie della greca e della roma-
na grandezza che conservò seppellite nel suo seno sino a' dì nostri.
Ora cessar dovrà la meraviglia come in età non da noi lontana siano stati Materiali
fusi tanti preziosi monumenti di bronzo per costruire istrumenti di morte e di fra""'
. . distrutti.
desolazione, come attestano molte recenti memorie, volgendo il pensiere a
quel di più che fecero i romani nei tempi della maggior loro cultura per quel-
la troppo vera circostanza che in tempo di guerra furor arma ministrai. Non
possiamo ignorare che i romani si servivano di colonne , di bassi rilievi , di
statue e di tutto ciò che loro si presentava davanti di più insigne e più sacro
per semplici materiali nella difesa delle piazze, e Tacito (t) ci riporta, come
Sabino governatore di Roma e fratello di Vespasiano fece spogliare il campi-
doglio di statue per farne barriera all'incendio di alcune porte che i vitelliani
ardevano in rivolta contro di lui. E se vogliamo credere esattamente a ciò che
riferisce .Procopio essere avvenuto nel tempo di Giustiniano , allorché Be-
lisario stretto d'assedio dai goti costrinse ^.00 romani a difendersi dall'alto
della mole adriana, con mirabil successo questi si sostennero lanciando con-
tro gli assediami le statue in pezzi che ornavano il giro di quel gran monu-
mento, o almeno i resti della trabeazione di così eccelso edificio.
Ma qui si offre una riflessione assai naturale per escludere questo fatto, seb-
bene riferito da un contemporaneo , o almeno per mitigarne l'atrocità. Basta
il ricordarsi che quando Belisario s'impadronì di Roma, dopo che per 60 an-
ni era rimasta la sede dei barbari, e che sostenne gli assedj di Vitige e di Totila
erano già corsi più di 23o anni da che Costantino aveva impiegate le colon-
ne le quali cingevano la mole adriana nella costruzione della basilica di S. Pao-
lo; e che per quanto il retto senso permette di conghietturare le statue che or-
navano il giro della cornice o di un attico sostenuto da quelle colonne, saranno
di là già state prima tolte, e forse anche trasportate a Costantinopoli 0 altro-
ve, e ciò sempre avanti ohe rimossi venissero i sottoposti fusti delle colonne ,
sopra le quali non poteva inai rimanere isolata la trabeazione e molto meno
le statue . E 1' essersi trovato sotto. ,il pontificato di Urbanq Vili, , nello
(i)Lib. III. in Vite!.
Vol. I. 24