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CAPITOLO SECONDO
STATO DELLA SCULTURA IN ITALIA PRECEDENTEMENTE
ALL' EPOCA DI NICOLA DA PISA.
J. i el secondo e nel terzo capitolo del libro secondo abbiamo già estesamen- Sta,°
te trattato l'argomento dell'imitazione e degl' insegnamenti che si andavano Bisanti™,
propagando in Italia, senza che tutto si dovesse dai greci interamente dedur-
re , come è piaciuto ad alcuno di asserire decidendo : che le arti erano affat-
to spente fra noi ; e nel precedente capitolo abbiamo esaminato di nuovo
questa materia, che andiamo ora a conoscere anche più praticamente per ciò
che riguarda la scultura . Non abbiamo mai dubitato che per tutta l'Italia
non rifluissero gli artisti greci per la vicina caduta dell'impero d'Oriente, il
quale già come sogliono tutti i grandi edifizj, dava non dubbj segnali della sua
prossima ruina; e siccome costoro partivano dalla metropoli dove avevano lun-
gamente le arti avuto sede e protezione, così furono accolti per tutta l'Italia
portandovi i loro modi, le loro opere, il loro stile, che non era assolutamente
niente migliore di quello che aveva sino a quel punto dominato in Italia, se
forse si eccetua la maggiore facilità di una cattiva esecuzione.
Le arri dal momento che furono trasferite da Roma a Costantinopoli non
avevano altro fatto se non che andar peggiorando, sostenendosi colla falsa luce
della ricchezza e del lusso dei lavori e delle materie e in una declinazione di
tanti secoli non ebbero mai un'alternativa per veruna sorte di risorgimento.
Quel gusto, di cui fa querela Vitruvio lib.^ e. 5, gusto che accompagnò poi le
arti rifugiate allo splendor di Bisanzo quando vi si trasferi la corte imperiale,
venne sempre declinando al peggio in tal modo, che qui trapiantato e imita-
to pur anche dagl' italiani , ne ebbero vergogna e furono astretti ad abbando-
narlo , non bastando il prestigio della famosa sua derivazione per sostenerlo.
Si ripresero gli studj dell' antico e della natura, onde far rivivere le arti già a
tal segno ridotte che i lavori degli scarpelli di quell'età rassembravano a quan-
to di più rozzo ci resta delle prime sculture egiziane. Bisogna disingannarsi e
persuadersi che ,i greci del medio evo erano rozzi e ignoranti quanto quel
Mummio soldato che nei saccheggi di Corinto avendo rubato il famoso Bacco
dipinto da Aristide tebano si mise in sospetto per l'enorme prezzo che
CAPITOLO SECONDO
STATO DELLA SCULTURA IN ITALIA PRECEDENTEMENTE
ALL' EPOCA DI NICOLA DA PISA.
J. i el secondo e nel terzo capitolo del libro secondo abbiamo già estesamen- Sta,°
te trattato l'argomento dell'imitazione e degl' insegnamenti che si andavano Bisanti™,
propagando in Italia, senza che tutto si dovesse dai greci interamente dedur-
re , come è piaciuto ad alcuno di asserire decidendo : che le arti erano affat-
to spente fra noi ; e nel precedente capitolo abbiamo esaminato di nuovo
questa materia, che andiamo ora a conoscere anche più praticamente per ciò
che riguarda la scultura . Non abbiamo mai dubitato che per tutta l'Italia
non rifluissero gli artisti greci per la vicina caduta dell'impero d'Oriente, il
quale già come sogliono tutti i grandi edifizj, dava non dubbj segnali della sua
prossima ruina; e siccome costoro partivano dalla metropoli dove avevano lun-
gamente le arti avuto sede e protezione, così furono accolti per tutta l'Italia
portandovi i loro modi, le loro opere, il loro stile, che non era assolutamente
niente migliore di quello che aveva sino a quel punto dominato in Italia, se
forse si eccetua la maggiore facilità di una cattiva esecuzione.
Le arri dal momento che furono trasferite da Roma a Costantinopoli non
avevano altro fatto se non che andar peggiorando, sostenendosi colla falsa luce
della ricchezza e del lusso dei lavori e delle materie e in una declinazione di
tanti secoli non ebbero mai un'alternativa per veruna sorte di risorgimento.
Quel gusto, di cui fa querela Vitruvio lib.^ e. 5, gusto che accompagnò poi le
arti rifugiate allo splendor di Bisanzo quando vi si trasferi la corte imperiale,
venne sempre declinando al peggio in tal modo, che qui trapiantato e imita-
to pur anche dagl' italiani , ne ebbero vergogna e furono astretti ad abbando-
narlo , non bastando il prestigio della famosa sua derivazione per sostenerlo.
Si ripresero gli studj dell' antico e della natura, onde far rivivere le arti già a
tal segno ridotte che i lavori degli scarpelli di quell'età rassembravano a quan-
to di più rozzo ci resta delle prime sculture egiziane. Bisogna disingannarsi e
persuadersi che ,i greci del medio evo erano rozzi e ignoranti quanto quel
Mummio soldato che nei saccheggi di Corinto avendo rubato il famoso Bacco
dipinto da Aristide tebano si mise in sospetto per l'enorme prezzo che