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CAPITOLO QUARTO 38^

Vasari,,ma il -deposito di papa Gregorio X da lui scolpito nel 1276 in Arezzo,
di cui due amezze figure noi diamo alla tavola XXIII, attesta come migliorò
il suo stile notabilmente in quell'opera. Vi si vede una semplicità che soddi-
sfa, pochi cenni di pieghe che non sono irragionevoli e forme non barbare,
non esagerate, non di convenzione, ma desunte dall'imitazione della natura.
Fu costui di grandissimo ingegno e di vastissime cognizioni, assumendo anche
la direzione di molti edifizj, come del palazzo dei Governatori in Ancona
nel 1270, e debbonsi a lui anche molte invenzioni e meccaniche utili per la
pratica delle diverse arti che trattò con non mediocre successo.

Guido da Como e quel mastro Buono , di cui abbiamo più volte parlato, Altri imita-
furono tra gl'imitatori primi di Nicola. Del primo non sappiamo per ora al- *°" dl Nl'
tro se non che scolpì in Pistoja un pergamo nella chiesa di s. Bartolomeo,
ma questo si vide nel i25o, molto tempo dopo cioè che s'era vis.ta l'arca di
s. Domenico in Bologna, e il lavoro di Guido non è che una debole imita-
zione di quello stile. Leggesi in questo :

SOULPTOR LAUDATUS QUI DOCTUS IN ARTE PROGATUS

i&UIDUS DE COMO QUEM CUNCTIS CARMINE PROMO.

A. D. MCCL.

EST OPERI SANUS SUPERSTAS TURRISIANUS

Il merito singolare di questa scuola si fu singolarmente il cominciare a inten-
dere il bello della natura, associandovi quelle bellezze che derivano dallo stu-
dio degli antichi modelli , che è quanto dire imparando a scegliere il bello
della natura e a conoscere la bellezza ideale. Questo fu un passo grandissimo
per iscuotere gì' ingegni italiani dallo studio di una fredda e cattiva imitazione
di pessimi modelli. Ebbero vita da questa fonte la scuola sanese, come ampia-
mente vedremo, la scuola fiorentina ; e maggiormente l'avrebbe forse avuta
anche la scuola romana, se per la capitale del mondo non fossero quei tempi
stati di troppo amara calamità.

Sparse un raggio di luce anche nei paesi veneti questo sole, siccome lo
dimostreranno le opere di coloro che posero studio ad imitare Nicola Pisano
scultore di bei lavori alla chiesa dei Frari e nella basilica di s. Marco per
quanto si scorge evidentemente, sebbene tacciano gli scrittori delle memorie
veneziane. Debbesi forse più che ad ogni altra circostanza a questa felicissi-
ma, l'essersi scostati i veneziani dallo stile arabo e bisantino, che non face-
va se non che conservare memoria della decadenza delle arti, e mediante il
quale non si poteva certamente sperar di risorgere. Ho pur cercato di trovare
nell' antica scultura veneziana se mai si fosse proposta da alcuno l'imitazione
di qualche antico greco monumento, tanto più che in vetusta ammirazione si
 
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