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Trombetta, Paolo
Donatello — Roma [u.a.]: Loescher, 1887

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https://doi.org/10.11588/diglit.66195#0130

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-Gi-

rabile arte. Era senza testa; nessun’altra cosa aveva manco.
In questa era moltissime dolcezze; nessuna cosa il viso scor-
geva, se non col tatto la mano la trovava. »
Senza perderci in ricerche troppo lunghe, e forse a nulla,
di positivo conducenti, per precisare quali opere di greco scal-
pello potè Donato vedere e studiare; ci basti la certezza che
più d’una a Roma ne conobbe : e però se vogliam renderci
pienamente conto della sua educazione artistica, c’è mestieri
considerare anche noi attentamente, per tutti comprenderne i
pregi e sentirne tutta la bellezza, questa fra le altissime ma-
nifestazioni del genio umano, eh’ è la Statua.

IV.
Perchè i Greci riuscissero eccellenti scultori.

Ma ormai che più ne avanza della Statuaria Greca! Rare
quanto preziose reliquie. Non un’opera autentica di Fidia;
dei tanti capilavori di Prassitele, di Policleto, di Lisippo, di
Myron, di Scopa — onde leggiam negli antichi sì sentiti elogi —
appena c’è dato congetturare la squisitezza dalle copie più o
meno fedeli, dalle più o meno perfette imitazioni (tutte evi-
dentemente dell’epoca romana, salvo qualcuna rarissima, che
risale al tempo degli ultimi successori di Alessandro) esposte
nei nostri musei. Due teste — quella del Giove d’Otricoli e
l’altra della Giunone Ludovisia — ci devono bastare per rap-
presentarci alla mente i sublimi Iddii, cui aveva sacri l’EUade
 
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