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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0097

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CORRIERI

59

San Paolo, ed un altro della scuola di Rubens, rap-
presentante V Amore Divino.

La sezione della scultura offriva non minore inte-
resse di quella degli arazzi, dato il posto considere-
vole che il Brabante occupa anche in questo ramo
artistico. Nel grande numero di retables in legno po-
licromi, notevoli specialmente quello detto La Descen-
dence apostolique de Saitite Anne (principio del sec. xvi)
che gode di una rinomanza non comune per la grazia
ingenua della scena familiare che rappresenta, ed il
celebre Retable de Lombeck (secolo xvi) con storie
della Vergine, il cui merito fu già messo in rilievo
durante l’Esposizione retrospettiva di Bruxelles del
1888.

Il carattere generale di questi retables di Bruxelles
consiste nella sincera ingenuità colla quale gl’ inta-
gliatori hanno rappresentato i fatti del Vangelo e le
storie dei Santi, prendendo tipi, costumi, utensili ed
accessori di ogni specie dal mondo in cui essi vive-
vano, ispirandosi ai modelli che loro erano più fami-
liari. Con questa ingenuità va di pari passo una grande
acutezza di osservazione ed una grande perizia tecnica.

Un altro ramo dell’industria artistica, nel quale gli
artisti di Bruxelles manifestarono ben presto una rara
abilità, fu l’arte del metallo. Però gran parte di questa
produzione, un tempo fiorentissima, nel secolo xv spe-
cialmente, non ha potuto sottrarsi alla dispersione ed
alla distruzione, sopratutto in seguito alle funeste con-
troversie religiose del secolo xvi, al bombardamento
della città nel 1695, alla Rivoluzione francese, ed agli
strani capricci del gusto e della moda. Il più impor-
tante esemplare della suppellettile ecclesiastica nel
secolo xv era senza dubbio il candeliere pasquale
esposto dalla chiesa di Leau. Un’opera unica nel suo
genere era stata prestata dalla cattedrale di Colonia
nel monumento votivo di Jacques de Croy, eseguito
in bronzo fuso cesellato, ed in parte smaltato, nel primo
terzo del secolo xvi.

Alcune belle maioliche di Bruxelles ci offrivano dei
preziosi modelli di un’altra industria artistica non meno
importante, e che raggiunse il massimo suo sviluppo
nella capitale del Brabante verso la metà del se-
colo XVII.

Questa esposizione trovava poi in certo modo il suo
complemento nelle importanti serie di Arazzi che erano
rimasti al loro posto nelle ricche collezioni pubbliche
di Bruxelles, all’Hòtel de Ville, nei Musei Reali di
pittura e di scultura e nel Museo del Cinquantenario.

Insieme con l’Esposizione di arte antica, Bruxelles
aveva organizzato un’esposizione di arte moderna re-
trospettiva, nella quale il supremo trionfo era riser-
bato a tutta la produzione meravigliosa del grande
artista che la nazione belga ha recentemente perduto,
all’opera potente di Costantin Meunier.

Anversa non è rimasta al di sotto della sua vicina
nel festeggiare anch’essa con un brillante avvenimento

artistico la grande ricorrenza storica nazionale, ed
ha deciso d’iscrivere fra il programma delle sue feste
un’esposizione delle opere di Jordaens, del grande co-
lorista che fu uno degli interpreti più fedeli, se non
sempre più piacevoli, della vita vera del suo popolo,
nella rappresentazione delle sue scene gaie, delle feste
popolari, delle gioie semplici dei suoi buoni borghesi
amanti del vino e delle tavole riccamente imbandite.

La produzione di Jordaens ci è apparsa ricostruita
nelle sue grandi linee generali, ed ha servito a farci
meglio conoscere questo artista malamente giudicato
dai più come uno sdoppiamento della figura di Ru-
bens, del quale egli fu talvolta il collaboratore ma
non propriamente l’allievo. Se il confronto colle opere
di Rubens, il quale ad Anversa trionfa nella bellezza
di alcune fra le migliori sue produzioni, non è van-
taggioso per Jordaens, pure esso ha contribuito a
farci meglio capire il vero carattere dell’uno rispetto
a quello dell’altro. Jordaens è apparso quale egli è
veramente, un grande temperamento più che un grande
artista. La sua mano virtuosissima si abbandona a
creare forme e colori con una foga che non ha niente
da invidiare a quella di Rubens; ma la materia è più
pesante, le forme sono meno solide, il colore, per la
ricerca delle tonalità e dei valori spinta talvolta all’ec-
cesso, manca spesso di sustrato organico.

Egli ha in comune con Rubens quella predilezione
per le carni tumefatte ed adipose, ma è compieta-
mente sprovvisto della feconda fantasia del suo con-
cittadino. Invano noi cerchiamo nell'opera di Jordaens
il minimo accento di spiritualismo, invano domandiamo
alle sue figure plasmate di luce la scintilla di un pen-
siero ed alle sue composizioni i risultati di una pe-
netrante osservazione psicologica. Ed è per questo
che la sua produzione, anche riunita nel suo com-
plesso, come nell’esposizione di Anversa, ci apparisce
più come un tentativo interessantissimo che come
un’affermazione definitiva.

Ma non soltanto le tre maggiori città del Belgio,
Liegi, Bruxelles e Anversa hanno cercato di celebrare
con una festa dell’arte la festa della nazione. Anche
Bruges, l’antica capitale dei conti di Fiandra, così
prospera un tempo per le sue industrie ed i suoi com-
merci, la piccola città addormentata nell’incanto ma-
gnifico dei suoi vecchi palazzi, lungo le rive ombrose
dei suoi cento canali, questa Venezia nordica, patria
comune di artisti e di poeti, ha voluto essa pure
aprire le porte di un’esposizione, il cui significato non
è stato meno espressivo ed eloquente di quello delle
altre esposizioni ricordate.

L’antico palazzo Gruuthuyse, uno dei più belli
esemplari di architettura fiamminga del secolo xiv,
restaurato recentemente, veniva in questa occasione
riammobiliato con un’antica e ricca suppellettile do-
mestica, ed abbellito con preziosi oggetti di industrie
artistiche locali, fra i quali notevole sopratutto una
 
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