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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0517

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BIBLIOGRAFIA

RECENSIONI.

Fierens-Gevaert : La Renaissance septen-
t-rionale et les premiers maitres des Flan-
dres. Bruxelles, Librairie nationale d’art et
d’histoire G. Van Oest et C., 1905.

Quest’opera, in cui l’A. arditamente affronta il pro-
blema delle origini del Rinascimento nell’arte nordica,
ha un alto valore letterario, ma sarebbe ingiustizia
riconoscere ad essa questo solo valore. Sebbene al-
l’ardimento non risponda adeguata la preparazione,
sebbene al piacere che desta il libro alla lettura si
contrapponga il dispiacere determinato dalla solleci-
tudine soverchia con cui esso è compilato, sollecitu-
dine che è talora precipitazione, tuttavia, in grazia del
fervido e brillante ingegno, l’A. è giunto a fare una
buona opera di volgarizzazione, thè rimarrà fonte utile
agli studiosi, da usarsi però con cautela. Una parte
dell’opera, quella che riguarda i Van Eyck, è condotta
con particolare coscienza ed amore ed è qualche co:a
più che un brillante tentativo di volgarizzazione ; seb-
bene molto discutibile in alcune conclusioni, devesi
riconoscervi un pregevole contributo scientifico.

Il primo capitolo del libro è consacrato all’esame
generale della parte avuta dall’arte fiamminga nel Ri-
nascimento nordico ; e qui il F. parte dalla ben nota
teoria del Courajod, secondo la quale il naturalismo
moderno è nato verso la metà del secolo xiv, in Francia,
sotto influssi fiamminghi. È avvertita dall’A. l’arbitra-
rietà della designazione di fiamminghi, applicata per
tradizione agli artisti dei Paesi Bassi ; ed egli, pur va-
lendosi del termine, nota giustamente la specificazione
che deve farsi tra maestri fiamminghi, maestri valloni,
maestri olandesi. Spesso però sostituisce all’espressione
di arte fiamminga quella di arte belga, e questa se-
conda designazione pare anche più arbitraria e ingiu-
stificata della prima. Combatte poi la formula consa-
crata sul naturalismo fiammingo, osservando come essa
non comprenda la definizione intera dello spirito di
quell’arte e notando come fino a buona parte del se-
colo xiv il contenuto dell’arte stessa, specie conside-
rato nei prodotti locali, sia idealista ; contro la teoria
del Dehaisnes che tentò dimostrare nell’arte fiam-
minga un naturalismo primordiale, dipendente dal-

l’origine germanica della maggior parte delle popola-
zioni dei Paesi Bassi. Con queste riserve, e malgrado
un vago accenno a una rivoluzione naturalistica inter-
nazionale del secolo xiv, il F. conclude con l’aderire
sostanzialmente alla teoria del Courajod, portandola
anzi a conseguenze estreme. Con lo Sluter e coi Van
Eyck, afferma il nostro A., il naturalismo trionfa nel
settentrione e conquista l’Europa intera ; anche qui
la forma dell’affermazione è abbastanzt vaga, ma tut-
tavia è molto evidente il concetto del F., secondo il
quale il Rinascimento italiano è una derivazione e una
conseguenza del Rinascimento settentrionale : qui non
è certo il luogo per opporre alla tesi un’altra tesi.

Nel secondo capitolo, dedicato all’analisi delle opere
' artistiche dei secoli xn, xm, xiv rimaste nel Belgio,
l’A. insiste nella tesi che l’arte, quale si svolgeva sul
suolo belga fin verso la fine del. secolo xiv, non ha
carattere naturalista. Nel terzo, ove sono analizzate
le opere dei fiamminghi che fiorirono alla corte dei
Valois durante la seconda metà del Trecento, nel quarto
e nel quinto, ove è detto dello Sluter e degli altri fiam-
minghi fioriti contemporaneamente o poco dopo alla
corte di Borgogna, viene invece ripresa e validamente
sostenuta la tesi del Courajod sulla parte decisiva avuta
dai fiamminghi nel trionfo del naturalismo sul suolo
francese.

Bellissime pagine sono dedicate allo Sluter (desi-
gnato come Claes Sluter, mentre sarebbe forse pre-
feribile la designazione più comune di Claus Sluter ;
è assolutamente improprio poi parlare di una scuola
di Bigione): ma è molto povera l’analisi dell’origine
dell’arte del grandissimo scultore olandese. Secondo
una tesi recente tale origine dovrebbe rintracciarsi in
Germania, ma il problema interessantissimo non è
nemmeno sfiorato dal F. E a questo punto era forse
il caso di studiare gli influssi che possa aver esercitato
in Italia l’arte dello Sluter e dei suoi affini, qui forse
un simile studio sarebbe stato conclusivo; ma qui l’A.,
che nel primo capitolo viene sul Rinascimento italiano
a un’affermazione così arditamente generica, si rac-
chiude in un prudente silenzio. Già il Kleinclausz istituì
genialmente un parallelo tutto psicologico fra lo Sluter
e Michelangelo; ma il Quattrocento italiano offre forse
 
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