LA MINIATURA BOLOGNESE NEL TRECENTO
1
che sembra parli contro la provenienza bolognese del vat. lat. 20, consiste nel fatto dell’orna-
mento prettamente francese trovato dal Dvorak sul fol. 382. Inoltre la riproduzione eminente-
mente realistica della cacciagione fa supporre la conoscenza del Falkevbtich di Federico li o
di altri codici ad esso affini. In conseguenza di quanto è stato detto, motivi ili quasi uguale
evidenza parlano tanto in favore quanto contro la provenienza bolognese della bibbia. Nel
primo caso un’influenza dell’Italia meridionale, del tutto eccezionale, si sarebbe imposta, una
volta, in uno studio bolognese, nel secondo caso si
dovrebbe supporre che un maestro, educato a Bo-
logna, avesse concepito e subito nuove impressioni
all’estero, forse nella residenza di Roberto il Savio.
11 re, amante dei libri, occupò, come è noto, accanto
ai maestri celebri dell’arte monumentale tutt’ una
serie di miniatori venuti alla sua corte dalle più
differenti contrade dell’Italia, nonché dalla Francia.
Non si può essere però d’accordo con l’egregio stu-
dioso, quando il Dvorak, oltre a trasportare l’origine
del vat. lat. 20 per supposizione a Napoli, pone
tale manoscritto in relazione stilistica con il messale
N. 138 della biblioteca coni, di Avignone, di 40 o
50 anni più recente. All’infuori di una somiglianza
generale, della quale solo si può parlare perchè i
manoscritti italiani del Trecento presentano dei ca-
ratteri comuni che li distinguono dalle opere non
italiane, null’altro si può scorgere, e meno ancora,
quando si tratti delle miniature eseguite dal maestro
dell’Ordre du Saint-Esprit e dai suoi aiutanti.
Prima di esaminare la questione posta dal Dorak
circa la provenienza della bibbia vat. lat. 20, eravamo
arrivati al punto saliente al quale la miniatura bo-
lognese poteva giungere secondo la sua natura. In
maniera addirittura magistrale si adattarono, come
abbiamo visto, la tecnica delle velature proveniente
dai bizantini, le forme del corpo, i tipi dei volti, le
architetture, i fondi di paesaggi, alle nuove esigenze.
I primi maestri gareggiano con i bizantini della
migliore epoca in un linguaggio delle forme, che
può essere chiamato quasi classico. Anzi non man-
cano dei principi di una specie di Proto-Rinasci-
mento nello spirito di Nicolò Pisano.
Un fine sentimento per l’antico, come non fu dato da alcun altro pittore dei suoi tempi,
rendeva il miniatore della bibbia n. 18 della Bibl. Nat. di Parigi, capace di adoperare nudi
e seminudi quali figure riempitive nei medaglioni e nei meandri. Detto indirizzo di gusto
non poteva durare, perchè l’epoca non era matura per esso. Non si può accertare se le figure
nude abbiano cagionato dello scandalo.
Lo slancio della miniatura era avvenuto nella celebre città universitaria senza accostarsi
alle arti sorelle. La sfera di idee che dominava Giotto e gli altri grandi pittori senesi era
troppo estranea ai campi, sui quali gli illustratori bolognesi spiegavano in prima linea la loro
attività, perchè i maestri toscani dirigenti avessero potuto provocare una rivoluzione così fon-
damentale come erano riusciti nella miniatura toscana. Inoltre è dubbio se ai bolognesi fu
data l’occasione di conoscere, prima del 1350, le creazioni eminenti della pittura del Trecento.
Sebbene una sol volta una Madonna, come nella Matricola del 1328 (Bologna, Museo
rmUfo'-rpinuToflrbCclita jjcih ~ cramt éot
’i fp.irbt tuofi* 1 oromantn ctSnt. pm’ftì tir
|.,taiionun mcdutn*««ja»tó •( .iwnulìM
|fiipl*BTipic!UXjieifc|»ivrn)r. tnmmtUt
| rn.ùrrp àjribns.o
1 ;
_ Inai*
f fniòn nioctutri’co.ilicortn
’ Deputiti !.jt>m«onùTO'roiftni, Vòrriprmit tu
ctitv dm biumdi ninnimi tir. cpv ulUitr
tubo igirq- plebe- m<-du tinca puntar tir
f-ylxv.nnniicit.ii.a ip.x'ir txtUio<lJi,<
m mino.' J1 rcm.GbptmfiVf- yWMnrm tip
■-i.——..— «»* " ooaim.
,i ceni miri tiopfm ttrn no IFire ‘
nifi mpio c.uirir ibiiroi.
Diiriitr.ui’.
ATticmil-i1
.nimrog
UTtOj&l
énwÒSW
cdvttuoi
( IkvmCi
fiatò ci
_iter, fttm
ilo finir»
Tòc^nibii
ìitrour ur.
baino co:
ir mili tili
fin Icjtitt
mòiìnrt?
fucini 1 rrt
mofufpc
oimbMil'
prttioirf
uqp-iitlt)
nmen cpo fiticnt/- A^'ninfoia p
miiCmnoifniioni 7tì£pur.mt (.
jrtifj) .wpoittun (òT^rtibirtwc)
tin.-t tu A .1 II mm ..111 1.,/
tnmifncj. innjjiHhio.titami«f?fU.
urtietcìpin.pnmo wptn " - -
cr ceffi tot
rtnotucci
f.rrtcic'fii
Piar. 3 — San Floriano III, 6
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che sembra parli contro la provenienza bolognese del vat. lat. 20, consiste nel fatto dell’orna-
mento prettamente francese trovato dal Dvorak sul fol. 382. Inoltre la riproduzione eminente-
mente realistica della cacciagione fa supporre la conoscenza del Falkevbtich di Federico li o
di altri codici ad esso affini. In conseguenza di quanto è stato detto, motivi ili quasi uguale
evidenza parlano tanto in favore quanto contro la provenienza bolognese della bibbia. Nel
primo caso un’influenza dell’Italia meridionale, del tutto eccezionale, si sarebbe imposta, una
volta, in uno studio bolognese, nel secondo caso si
dovrebbe supporre che un maestro, educato a Bo-
logna, avesse concepito e subito nuove impressioni
all’estero, forse nella residenza di Roberto il Savio.
11 re, amante dei libri, occupò, come è noto, accanto
ai maestri celebri dell’arte monumentale tutt’ una
serie di miniatori venuti alla sua corte dalle più
differenti contrade dell’Italia, nonché dalla Francia.
Non si può essere però d’accordo con l’egregio stu-
dioso, quando il Dvorak, oltre a trasportare l’origine
del vat. lat. 20 per supposizione a Napoli, pone
tale manoscritto in relazione stilistica con il messale
N. 138 della biblioteca coni, di Avignone, di 40 o
50 anni più recente. All’infuori di una somiglianza
generale, della quale solo si può parlare perchè i
manoscritti italiani del Trecento presentano dei ca-
ratteri comuni che li distinguono dalle opere non
italiane, null’altro si può scorgere, e meno ancora,
quando si tratti delle miniature eseguite dal maestro
dell’Ordre du Saint-Esprit e dai suoi aiutanti.
Prima di esaminare la questione posta dal Dorak
circa la provenienza della bibbia vat. lat. 20, eravamo
arrivati al punto saliente al quale la miniatura bo-
lognese poteva giungere secondo la sua natura. In
maniera addirittura magistrale si adattarono, come
abbiamo visto, la tecnica delle velature proveniente
dai bizantini, le forme del corpo, i tipi dei volti, le
architetture, i fondi di paesaggi, alle nuove esigenze.
I primi maestri gareggiano con i bizantini della
migliore epoca in un linguaggio delle forme, che
può essere chiamato quasi classico. Anzi non man-
cano dei principi di una specie di Proto-Rinasci-
mento nello spirito di Nicolò Pisano.
Un fine sentimento per l’antico, come non fu dato da alcun altro pittore dei suoi tempi,
rendeva il miniatore della bibbia n. 18 della Bibl. Nat. di Parigi, capace di adoperare nudi
e seminudi quali figure riempitive nei medaglioni e nei meandri. Detto indirizzo di gusto
non poteva durare, perchè l’epoca non era matura per esso. Non si può accertare se le figure
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Lo slancio della miniatura era avvenuto nella celebre città universitaria senza accostarsi
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attività, perchè i maestri toscani dirigenti avessero potuto provocare una rivoluzione così fon-
damentale come erano riusciti nella miniatura toscana. Inoltre è dubbio se ai bolognesi fu
data l’occasione di conoscere, prima del 1350, le creazioni eminenti della pittura del Trecento.
Sebbene una sol volta una Madonna, come nella Matricola del 1328 (Bologna, Museo
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