1 POLITTICI PA LMESCHI DI DO SSENA E SEP INA
4i
stretta, i capelli lunghi e la barba appuntita ; e l’atteggiamento ha svigoritissima relazione
con quello del Cristo risorto della galleria Crespi, maturato nella seconda e più ricca prima-
vera dell’arte lagunare.
Come tipo non ci fa risovvenire nè il Cristo dell’Adultera nella galleria capitolina (n. 180)
nè l’altro della Cananea nelle RR. Gallerie di Venezia (n. 310); si avvicina piuttosto al Cristo
della Cena in Emaus nel palazzo Pitti (n. 38), eseguita nella seconda metà del secolo sesto-
decimo e creduta, un tempo, del Palma.
In conchiusione stimiamo non appartenere al grande Jacopo, ma a un suo imitatore la
tavola della chiesa; quanto alle due tavolette della sagrestia opiniamo che siano frammenti
d'un trittico, di cui manchi oggi la tavola centrale, che probabilmente avrà espresso la Re-
surrezione. E possibile però che alcuni scompartimenti, dopo la disgregazione dei polittici,
si siano logorati e perduti; fra questi vi poteva essere qualche tavoletta da sostituire a quelle
che stanno a disagio nella ricostruzione proposta del primo polittico, e che sarebbero state al
loro luogo nel secondo, di cui restano due soli frammenti con gli apostoli Giacomo e Filippo.
Questa supposizione appaga più dell’altra, perchè alla fin fine il trittico non può esser stato
che la parte più ragguardevole di un quadro suddiviso, dalla quale s’intitolò l’opera nel
ricordo ridolfiano.
Avanti di determinare l’anno a cui risalgono i dipinti di Serina, bisogna considerare
che il nostro artista, nato nel 1480, non eseguì certo nel 1500 la Sacra Conversazione del
Museo Condè a Chantilly, 1 la quale fu preceduta da quella della Borghese (n. 163), in cui
è quasi calcato l’irsuto San Girolamo, dai contorni indecisi, velati d’ombra; in cui la Madonna,
ancora bergamasca, ha l’espressione più materna, e il bambino non è più impacciato nel-
l’adipe. Prima di questi due quadretti il maestro si deve esser esercitato in qualche lavoro
preparatorio ; e l’ottima preparazione appare manifesta nel grandioso San Giovanni evange-
lista, figura solenne, che diviene timida e schiava di un pensiero unificatore nei primi studi,
ove la linea d’insieme è difficilmente padroneggiata.
Nelle tavole di Serina, a cui assegneremo la data del 1500, vi sono difetti e manche-
volezze, ma vibra la nota personale che si affina sempre più nella qualità e nell’armonia.
Aldo Foratti.
1 G. Lafenestre, Le chàteau de Chantilly in Gazette des beaux-arts, Paris, 1880, II, pagg. 487-88.
L'Arte. XIV, 6.
4i
stretta, i capelli lunghi e la barba appuntita ; e l’atteggiamento ha svigoritissima relazione
con quello del Cristo risorto della galleria Crespi, maturato nella seconda e più ricca prima-
vera dell’arte lagunare.
Come tipo non ci fa risovvenire nè il Cristo dell’Adultera nella galleria capitolina (n. 180)
nè l’altro della Cananea nelle RR. Gallerie di Venezia (n. 310); si avvicina piuttosto al Cristo
della Cena in Emaus nel palazzo Pitti (n. 38), eseguita nella seconda metà del secolo sesto-
decimo e creduta, un tempo, del Palma.
In conchiusione stimiamo non appartenere al grande Jacopo, ma a un suo imitatore la
tavola della chiesa; quanto alle due tavolette della sagrestia opiniamo che siano frammenti
d'un trittico, di cui manchi oggi la tavola centrale, che probabilmente avrà espresso la Re-
surrezione. E possibile però che alcuni scompartimenti, dopo la disgregazione dei polittici,
si siano logorati e perduti; fra questi vi poteva essere qualche tavoletta da sostituire a quelle
che stanno a disagio nella ricostruzione proposta del primo polittico, e che sarebbero state al
loro luogo nel secondo, di cui restano due soli frammenti con gli apostoli Giacomo e Filippo.
Questa supposizione appaga più dell’altra, perchè alla fin fine il trittico non può esser stato
che la parte più ragguardevole di un quadro suddiviso, dalla quale s’intitolò l’opera nel
ricordo ridolfiano.
Avanti di determinare l’anno a cui risalgono i dipinti di Serina, bisogna considerare
che il nostro artista, nato nel 1480, non eseguì certo nel 1500 la Sacra Conversazione del
Museo Condè a Chantilly, 1 la quale fu preceduta da quella della Borghese (n. 163), in cui
è quasi calcato l’irsuto San Girolamo, dai contorni indecisi, velati d’ombra; in cui la Madonna,
ancora bergamasca, ha l’espressione più materna, e il bambino non è più impacciato nel-
l’adipe. Prima di questi due quadretti il maestro si deve esser esercitato in qualche lavoro
preparatorio ; e l’ottima preparazione appare manifesta nel grandioso San Giovanni evange-
lista, figura solenne, che diviene timida e schiava di un pensiero unificatore nei primi studi,
ove la linea d’insieme è difficilmente padroneggiata.
Nelle tavole di Serina, a cui assegneremo la data del 1500, vi sono difetti e manche-
volezze, ma vibra la nota personale che si affina sempre più nella qualità e nell’armonia.
Aldo Foratti.
1 G. Lafenestre, Le chàteau de Chantilly in Gazette des beaux-arts, Paris, 1880, II, pagg. 487-88.
L'Arte. XIV, 6.