UN UMILE PITTORE DEI PRIMI DEL CINQUECENTO
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Ed i fratelli Pasqui fra i debitori e i creditori dell’Opera del Duomo, invennero una
nota riguardante un pagamento fatto al nostro artefice per alcuni suoi lavori e la pubbli-
carono nella monografia sulla Cattedrale d’Arezzo dal qual libro — per essersi fatto raro —
qui la riporto :
Angelo di fiorentino dipintore de’ avere per fino a questo di 23 di luglio del 1520 1.
quarantacinque sono per sua fatigha di aver fato a tutte sue spese uno adorna-
mento adornato a oro nello tabernachulo di pietra concia dove s’è missa la nostra
donna che fu portata di cittadella darezzo et per aver dopinto una nuntiata nella
capella intitolata di S. Jacopo e filippo posta in veschovado dacordo con presenti
operai. 1
Dal Vasari dunque e dai documenti risulta quanto varia, ed invero assai modesta, fosse
l’attività d’Angelo di fiorentino che ora ci appare come meccanico, ora decoratore, ora
restauratore ; ma sempre il suo nome è congiunto alla parola dipintore ed è lecito — vistane
la esistenza validamente confermata da certe prove — esaminare le origini e lo svolgimento
della sua arte.
In quei primi anni del cinquecento aretino, egli ci appare come un mite tempera-
mento di artista che è il continuatore di quelli ignoti e mediocri le cui opere sono sparse
nelle chiesette delle campagne d’Arezzo, i quali della pittura umbra subirono l’influsso
nella primitiva ingenuità delle loro Madonne, nella povertà dei colori e nelle forme. Il
Vasari volle considerarlo creato di Bartolommeo della Gatta: discepolo non fu certo se
l’abate di san Clemente morì nel 1491 come si crede, ma lo segue nel paesaggio e nella
tecnica delle sue opere migliori, il che chiaramente apparirà dall’esame specifico d’ogni lavoro
che mi sembra potergli attribuire. E mi piace iniziare la serie col ricordo di una semplice
composizione affrescata nella cappella a sinistra della chiesa di san Domenico, che appar-
tiene ad un periodo preparatorio dell’arte di Angelo di fiorentino. Rappresenta la Vergine
col Figlio in un trono sormontato da due vasi di fiori e da una specie di baldacchino. Ha la
Madonna, lievemente inclinata a sinistra, lo sguardo dimesso, le mani giunte quasi per pre-
gare ; la veste rossa e bigia la gonna, un po’ danneggiata, coperta in parte da un manto
rosso che ripara anche la testa d’onde sortono i capelli castani. Il Bambino, giacente sul
grembo materno, tenta di alzarsi in piedi e questo grazioso movimento prenunzia la viva-
cità degli altri fanciulli del maestro aretino ; del quale rivelano la pittura anche l’atteggiarsi
della Vergine, le chiome, le sopracciglia ben segnate la diritta linea del naso, la piccola
bocca col labbro inferiore assai pronunziato e il panneggiamento infine che — per quanto
incerto e manomesso — ricorda quello di altre opere sue. Che d’altra parte è uno dei gio-
vanili tentativi, dimostrano, oltre che la data 1501 con cui è segnato, così lontana dal tempo
dei documenti sopra veduti, il colorito uniforme e le mani grassoccie e tozze della Madonna
e le sproporzionate forme del bambino dalla grossa testa e dal carnato ingratamente scuro.
Da questa alle altre pitture è un gran passo chè in esse la personalità dell’artista e già
formata; e speriamo che qualche scopertaci sveli i progressi della sua graduale evoluzione
fino al simpatico affresco ch’egli fece nella sacrestia della chiesa olivetana di san Bernardo :
la Vergine ed il Bambino fra i due santi Benedetto e Bernardo (Fig. 1). A limitare l’affresco
sono dp'inti due pilastri e un architrave ornato di motivi comunissimi nel nostro rinascimento
e l’intonazione dell’insieme, produce'un effetto gradevole con semplicità di colori. Sulla veste
rossa e il manto turchino filettato ad oro della Vergine e sulle candide tonache dei Santi,
spiccano il paonazzo del trono semplicemente decorato ed un paesaggio di roccie prossime
pure segnate in paonazzo, e di radi alberi verdissimi e di lontani monti rocciosi giallastri su
cui si stende un bel cielo turchino mano a mano degradante in toni chiari nel fondo. La
Madonna ed i Santi sono in mistica contemplazione ed il bambino grassoccio e tutto gaio
1 Pasqui Angiolo e Ubaldo, La Cattedrale Aretina e i suoi Monumenti. Arezzo, 1880, pag. 201.
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Ed i fratelli Pasqui fra i debitori e i creditori dell’Opera del Duomo, invennero una
nota riguardante un pagamento fatto al nostro artefice per alcuni suoi lavori e la pubbli-
carono nella monografia sulla Cattedrale d’Arezzo dal qual libro — per essersi fatto raro —
qui la riporto :
Angelo di fiorentino dipintore de’ avere per fino a questo di 23 di luglio del 1520 1.
quarantacinque sono per sua fatigha di aver fato a tutte sue spese uno adorna-
mento adornato a oro nello tabernachulo di pietra concia dove s’è missa la nostra
donna che fu portata di cittadella darezzo et per aver dopinto una nuntiata nella
capella intitolata di S. Jacopo e filippo posta in veschovado dacordo con presenti
operai. 1
Dal Vasari dunque e dai documenti risulta quanto varia, ed invero assai modesta, fosse
l’attività d’Angelo di fiorentino che ora ci appare come meccanico, ora decoratore, ora
restauratore ; ma sempre il suo nome è congiunto alla parola dipintore ed è lecito — vistane
la esistenza validamente confermata da certe prove — esaminare le origini e lo svolgimento
della sua arte.
In quei primi anni del cinquecento aretino, egli ci appare come un mite tempera-
mento di artista che è il continuatore di quelli ignoti e mediocri le cui opere sono sparse
nelle chiesette delle campagne d’Arezzo, i quali della pittura umbra subirono l’influsso
nella primitiva ingenuità delle loro Madonne, nella povertà dei colori e nelle forme. Il
Vasari volle considerarlo creato di Bartolommeo della Gatta: discepolo non fu certo se
l’abate di san Clemente morì nel 1491 come si crede, ma lo segue nel paesaggio e nella
tecnica delle sue opere migliori, il che chiaramente apparirà dall’esame specifico d’ogni lavoro
che mi sembra potergli attribuire. E mi piace iniziare la serie col ricordo di una semplice
composizione affrescata nella cappella a sinistra della chiesa di san Domenico, che appar-
tiene ad un periodo preparatorio dell’arte di Angelo di fiorentino. Rappresenta la Vergine
col Figlio in un trono sormontato da due vasi di fiori e da una specie di baldacchino. Ha la
Madonna, lievemente inclinata a sinistra, lo sguardo dimesso, le mani giunte quasi per pre-
gare ; la veste rossa e bigia la gonna, un po’ danneggiata, coperta in parte da un manto
rosso che ripara anche la testa d’onde sortono i capelli castani. Il Bambino, giacente sul
grembo materno, tenta di alzarsi in piedi e questo grazioso movimento prenunzia la viva-
cità degli altri fanciulli del maestro aretino ; del quale rivelano la pittura anche l’atteggiarsi
della Vergine, le chiome, le sopracciglia ben segnate la diritta linea del naso, la piccola
bocca col labbro inferiore assai pronunziato e il panneggiamento infine che — per quanto
incerto e manomesso — ricorda quello di altre opere sue. Che d’altra parte è uno dei gio-
vanili tentativi, dimostrano, oltre che la data 1501 con cui è segnato, così lontana dal tempo
dei documenti sopra veduti, il colorito uniforme e le mani grassoccie e tozze della Madonna
e le sproporzionate forme del bambino dalla grossa testa e dal carnato ingratamente scuro.
Da questa alle altre pitture è un gran passo chè in esse la personalità dell’artista e già
formata; e speriamo che qualche scopertaci sveli i progressi della sua graduale evoluzione
fino al simpatico affresco ch’egli fece nella sacrestia della chiesa olivetana di san Bernardo :
la Vergine ed il Bambino fra i due santi Benedetto e Bernardo (Fig. 1). A limitare l’affresco
sono dp'inti due pilastri e un architrave ornato di motivi comunissimi nel nostro rinascimento
e l’intonazione dell’insieme, produce'un effetto gradevole con semplicità di colori. Sulla veste
rossa e il manto turchino filettato ad oro della Vergine e sulle candide tonache dei Santi,
spiccano il paonazzo del trono semplicemente decorato ed un paesaggio di roccie prossime
pure segnate in paonazzo, e di radi alberi verdissimi e di lontani monti rocciosi giallastri su
cui si stende un bel cielo turchino mano a mano degradante in toni chiari nel fondo. La
Madonna ed i Santi sono in mistica contemplazione ed il bambino grassoccio e tutto gaio
1 Pasqui Angiolo e Ubaldo, La Cattedrale Aretina e i suoi Monumenti. Arezzo, 1880, pag. 201.