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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 14.1911

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Fasc.3
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Bollettino bibliografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.24138#0271

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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

239

(oggi nella raccolta Norton a Boston) induce il P. a ritirare
l’attribuzione fatta di questa Madonna al Menimi, e a dare
l’opera a Lippo Vanni.

Un’altra opera del Vanni indica il P., un San Paolo nella
raccolta del marchese Bartolini Salimbeni-Vivai a Firenze, e
il De Nicola, che si sta occupando di questo maestro, ag-
giunge l’affresco del Seminario di Siena, che ha avuto di-
verse attribuzioni, tra le quali Luca di Tomé, per la ma-
niera identica nei due maestri nel dipinger le mani, e tra
le opere di Luca di Tomé crede il De Nicola che ritroverà
ora Lippo Vanni le sue.

in. Schmaesow (August), Nicolas Fiorentino in
Salamanca. (Monatshefte far Kunstwissénschaft, aprii
1910).

Il prof August Schmarsow, in un suo recente viaggio in
Ispagna, ha avuto occasione di esaminare delle pitture esi-
stenti nella cattedrale di Salamanca e in quella di Toledo,
ed ha esposto ora i risultati dei suoi studi in quest’importante
articolo.

Le pitture di Salamanca ^un Giudizio Universale e 53 ta-
vole di soggetto cristologico; non 55, come s’è detto sinora,
giacche due tavole sono posteriori) appartengono a Nicola
Fiorentino che le eseguila verso il 1445. Dal Burckhardt
in qua si è sempre ritenuto che queste tavole siano una con-
tinuazione, quantunque un po’ tarda, della scuola giottesca.
Lo Schmarsow invece, pur riconoscendo nell’autore quel
tanto di giottismo naturale in ogni pittore fiorentino del suo
tempo, afferma che Nicola Fiorentino è un assoluto quattro-
centista il quale, come Masaccio nelle pitture della cappella
Brancacci, consapevolmente attinge, pur senza avere la ge-
nialità del suo collega, alla preziosa eredità dello stile mo-
numentale e trasporta il 400 italiano nella Spagna, modifican-
dolo a seconda del nuovo ambiente in cui egli veniva a trovarsi.

Le pitture di Toledo (tavole d’altare, anch’esse rappre-
sentanti la storia di Cristo) sono state sin qui attribuite a
Juan de Borgogna che le avrebbe dipinte nell’anno 1516.
Secondo lo Schmarsow questa data sarebbe posteriore al-
meno di un secolo alla vera. Si può ammettere che Juan
de Borgogna nel 1516 abbia restaurato queste pitture, ma
non che ne sia stato lui l’autore. Il quale deve ricercarsi
tra i compagni di colui che dipinse la leggenda di San
Pietro negli Uffizi, e che fu (come lo Schmarsow stesso ha
dimostrato) non Jacopo da Casentino, ma un seguace di Ma-
solino e di Masaccio.

I risultati a cui giunge nel suo dotto, accurato e minu-
tissimo articolo lo storico tedesco sono cosi importanti per
la storia dell’arte italiana, come per quella dell’arte spagnola ;
e sarebbe bene che gli studiosi dei due paesi s’interessas-
sero della cosa, giacche lo Schmarsow, per gli ostinati ri-
fiuti ricevuti, non ha potuto far fotografie, e ha dovuto così
rinunziare a molti particolari che potevano solo esser messi
in valore dalle riproduzioni, mediante il confronto d’opere
d’arte italiane, come, per esempio, quali siano i tipi di per-
sone che nei quadri di Nicola Fiorentino rappresentano la
tradizione italiana, e quali quelli che l’artista ha assunto nuo-
vamente nella Spagna.

112. Serafini (Can. Angelo), L’epopea cristiana
nei dipinti del Beato Angelico. — Orvieto, Marsili,

19 t 1.

L’A. ha fatto opera lodevolissima raccogliendo in appen-
dice al volume lutti i documenti relativi all’opera dell’Ange-
lico e degli aiuti in Orvieto, documenti in gran parte già
dati Fumi, dal Luzi e dal della Valle in lezione non sempre
corretta. Dal libro dei Carmelenghi l’A. ha tolto i nuovi do-
cumenti che pubblica, i quali completano con notizie spic-
ciole e frequenti i dettagli del soggiorno del Maestro in Or-
vieto, pur senza cambiare niente di sostanziale alla conoscenza
che già S' aveva di quel j}eriodo.

Il S., erudito canonico della Cattedrale orvietana, ha così
seguito la tradizione degli studiosi locali, preparando con
cura minuziosa ed attenta il materiale documentario della
storia, dell’arte e di ciò grandemente lo lodiamo. Ma dove
egli, in vari punti del libro, sorge a discutere criticamente
l’opera dell’Angelico, la tesi preconcetta appare troppo evi-
dente e fa dire al S. cose contrarie a quelle che ormai la
critica ha concordemente affermato; ne sieno esempio le pa-
gine che trattano della Cappella di San Brizio e delle storie
della Cappella Niccolina, dove troppe volte l’entusiasmo del-
l’A. per l’argomento che tratta prende la mano e danneggia
la serenità dell’esame critico e l’equilibrio del giudizio.

Come ci dispiace di vedere spesso l’Angelico chiamato
il Fiesole secondo un uso straniero assai barbaro, che non
concorda affatto col comune uso italiano. E più dispiacciono
certe considerazioni generali per far le quali, l’A. non ha
sufficiente preparazione.

113. Vavasour-Elder (Irene) Un dipinto senese
nella Pinacoteca di Lucca. (Rassegna d'arte senese,
VI, 1910, pag. 42).

Richiama l’attenzione degli studiosi su una tavola della
Pinacoteca di Lucca rappresentante la Visitazione, nella
quale crede di scorgere i caratteri particolari del Pacchia-
rotti, e quindi propone l’attribuzione del quadro ad un di-
scepolo di questo maestro, che resta ancora da determi-
nare.

114. Virzì (Tom), Raffaello e il itratto di Andrea
Turini (London, David Nut, 1910, in-8°, pag. 130).

Il signor Herbert Cook nel presentare questo lavoro di
« un giovane entusiasta collezionista di pitture antiche »
scrive: «io non mi sottoscrivo agli argomenti dell'autore, ma
solo desidero presentarli ai critici competenti ». Ora l’autore
ha inteso di mettere a confronto il ritratto da lui posseduto
« con tutti i dipinti della stessa epoca, per vedere quanto
esso possa aver di comune o differire dallo stile, dal fare, *
dal colore, dalla luce, dal disegno, dalle caratteristiche e
dalle tendenze : dai caratteri distintivi cioè di ogni scuola
in generale e di ogni insigne pittore in particolare». In-
somma l’A. ha pensato* di passare in rassegna tutta la storia
dell’arte su la faccia del suo ritratto, per concludere che
questo., raffigurante Andrea Turini, medico e studioso di Avi-
cenna è opera di Raffaello.

•Una rassegna a tesi obbligata che non convincerà nes-
suno.
 
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