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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 14.1911

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Fasc. 6
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Perotti, Maria: Federico Zuccari, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24138#0462

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MARIA PERO7 TI

e tenero di Elisabetta, un’umile vecchia del popolo, realisticamente rappresentata. Ai lati,
aggruppate secondo un concetto classico, le giovani donne del seguito osservano, in nobile
atteggiamento, l’affettuosa scena. Così 1’ « Incoronazione » di San Lorenzo in Damaso non
ha nulla di declamatorio; le linee generali della composizione sono semplici e armoniche,
il sentimento nella figura di san Lorenzo fervido, in quella di Maria umile e soave: solo
manca l’idea dell’ampiezza e della profondità di spazio e il disegno non è sempre accurato.
Nell’ « Adorazione de’ Magi » a Venezia,1 i chiassosi costumi del corteo dei re manifestano
la tendenza a un’arte popolareggiante, che ama la pompa esteriore, la facile attrattiva dei
colori vivaci, delle piume e dei velluti, e deriva alla maniera di Federico, benché solo a
intervalli, da quella di Taddeo; ma il gruppo della Verginè col figlio è concepito con fresca
naturalezza e avvivato di luce.

Di raro, nei primi lavori del pittore, si nota quella tendenza a mostrare, anche col
sacrificio della spontaneità, l’abilità tecnica, che farà più tardi delle sue opere modelli dello
accademismo romano. Il disegno rivela già una mano più ferma di quella di Taddeo, come
il colorito, nella tavola di San Damaso e nell’affresco di Venezia, un progresso nella verità
e nella luce; l’espressione del sentimento, se non forte, è spontanea; il panneggio trattato
con maggior ampiezza che dal suo maestro : basterà citare ad esempio la tunica grigia
che indossa l’abate di Cluny nell'affresco della Sala Regia in Vaticano.2 Pareva che Fede-
rico avesse sentito, attraverso gli insegnamenti del fratello, la cui facilità si era trasmessa
a lui fortificata da una maggior padronanza del disegno, il disgusto per l’arte forzata dei
Michelangiolisti e che, non possedendo più i forti ideali del primo Cinquecento, estranei
alla nuova generazione, mirasse a un’arte decorativa ispirata a concetti di semplicità e di
naturalezza e retta dai criteri formali del periodo precedente, e si ponesse con Federico
Baroccio, in modo diverso, alla ricerca di una nuova via fuori di quella comunemente
battuta.

Ma, a poco a poco, il giovane pittore si allontana dal primo indirizzo, e anche in questo
periodo, poco dopo la morte di Taddeo, l’affresco dell’ « Annunziata », nella chiesa del
Collegio Romano rivela la nuova tendenza, che si affermerà più forte nei periodi succes-
sivi : la ricerca della grandiosità nel gigantismo, l’amore dei grandi spettacoli coreografici.
Possiamo farci un’idea di quest’opera mediante le stampe di Cornelio Cort e di Raffaello
Sadeler: una folla di figure occupa la scena, e, intorno alla Vergine, sei profeti di propor-
zioni gigantesche, lodati dai contemporanei, portano una nota discordante col resto dell’opera :
« Nella quale (cappella), dice il Vasari, ha fatto un coro di molti angeli e variati splendori
con Dio Padre che manda lo Spirito santo sopra la Madonna, mentre è dall’angelo Gabriele
annunziata, e messa in mezzo da sei profeti, maggiori del vivo e molto belli ».3 Maria, come
in opere affini di Taddeo, non ha nessuna finezza di tipo e di espressione. 11 primo Cin-
quecento rifletteva, nella concezione degli esseri divini, quell’idea della grandezza umana,
che eleva gli uomini di Michelangelo all’altezza di eroi, e in Maria vedeva la madre di Dio,
la divina, rappresentandola nella maestà delle forme e dell’atteggiamento, su grandiosi e
semplici sfondi. Ora invece questo senso si perde : Maria è un’umile donna, dalle povere
vesti, dall’atteggiamento il più delle volte manierato, dai lineamenti freddi e preziosi, talora
anche grossolani; una seggiola impagliata, un rozzo arcolaio, un cesto con panni gettati
alla rinfusa determinano l’ambiente in cui si svolge la scena che il Quattrocento, nel suo
sentimento mistico, accarezzava dando volo leggiero al nunzio divino e umile grazia alla
Vergine, e il Cinquecento avvolgeva nella grandezza dell’idealismo imperante. Ora un rea-
lismo povero e convenzionale si unisce alla ricerca dell’effetto decorativo, gli elementi della
composizione vanno disgregandosi, le proporzioni delle figure s’ingrandiscono, l'anima s’im-
picciolisce e si perde.

1 Chiesa di San Francesco della Vigna, cappella 2 « L’assoluzione di Enrico IV dalla scomunica ».

Grimani, 5 Op. cit,, pag. 102.
 
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