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Baruffaldi, Girolamo
Vite de' pittori e scultori Ferraresi (Band 1) — Ferrara: Taddei, 1844

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https://doi.org/10.11588/diglit.63256#0208

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— 158 —
di que* pittori ferraresi che si chiamarono colf istesso nome di Stefano da
Ferrara^ viventi nel secolo XZ7*> alcun de9 quali è creduto della famiglia Fal-
zagalloni. Il fare di questa tavola è del tempo degli scolari del Costa ed è ri*
marcabilissima la figura del S. Giuseppe che tende al Mazzolino, e che tiene
in mano un libro sulla cui legatura leggesi mdxxiv. L’ altra tavola serviva di
pala al primo altare a sinistra di chi entra nel tempio di S. Maria del Vado,
ed ora forma parte della pubblica Pinacoteca. Rappresenta la B. V. sedente in
trono col S. Bambino in braccio, e sul piano li Ss. Antonio abate, e Rocco,
accertata di Stefano dal Cittadella, ma nominata tale con qualche dubbiezza
dal Barotti, dallo Scalabrini, dal Frizzi, e dal sig. conte Avventi. La data
— mdxxx — che chiaramente leggesi nel quadro toglie ogni probabilità di credere
che sia di quello Stefano di cui parlano il Baruffateli, ed il Savonarola. Sembra
naturale che questi abbia steso il suo libro De Laudibus Patavii in tempo di
sua dimora in patria , prima di venire a stabilirsi in Ferrara per chiamata del
march. Nicolò III Estense nel >44° ( Tiraboschi. Stor. della Lett. Ital. Tom. FI.
pag. 4^4/ Al più, può aver dato compimento a queir opera in Ferrara, tro-
vandosi in fine di questa alcun cenno della guerra del Turco nel i44^ ( Mura-
tori. Pref al lib. del Savonarola nel Tom. X.XIF. Rev. Ital. Script.). Ora,
se quivi si parla nel primo libro con tanta lode di Stefano, è certo che questi
era pittore già grande allorché fu impiegato nel celebre tempio di S. Antonio
a concorrenza del Mantegna che dipìngeva agli Eremitani ( Cicognara. Ragio-
namento intorno all9 indole e carattere degli ingegni ferraresi pag. 79 ). Ne
viene per conseguenza che questo Stefano non poteva dipingere in Ferrara nel
>53o, circa un secolo dopo, e perciò gli scrittori ferraresi d’ arti per eludere
la tradizione che corre sull* autore di queste pitture pensarono a più d ui 0
Stefano, quantunque altri che uno di tal nome e professione siaci riescilo tro-
vare anche in seno agli archivj, come in fine di quest’ opera sarà per vedersi.
Certo è d’ altronde che le pitture di Padova non assomigliano a questi due
quadri, e questi non si assomigliano insieme.
Nella stessa Pinacoteca trovansi dodici Apostoli, tormentati alquanto dal pu-
limento , che da alcuni voglionsi attribuire al Garofalo, ma più assomigliano
alla maniera del quadro di S. Maria del Vado che sta nella sala medesima.
Nella quadreria Costabili vedonsi quattro dipinti attribuiti a Stefano cioè —
S. Girolamo nel deserto con in mano un sasso in atto di percuotersi il petto
davanti ad un Crocifisso: una tavoletta rotonda con una Madonna assieme a due
angeli; ed altre due tavolette riquadrate con due Madonne e varii santi.
Nella I. R. Pinacoteca di Milano si ha dall’ annotatore anonimo all’ opera
del Lanzi ( Ed. de9 Class. Fol. IF. pag. a5o ) che ivi trovansi due grandi ta-
vole che sono adorne di non pochi pregi di Stefano da Ferrara, la cui ma-
niera si scambia con quella di Gio. Bellino. La prima è una tavola ove la
Vergine col Bambino, S. Pietro, S. Nicolò, S. Bartolomeo, S. Agostino e tre
angioletti; la seconda è una tela colla B. Vergine, il Bambino, e quattro santi.
Il eh. sig. prof. Rosini ( Sfor. della pittura italiana. Fot. III. Part. 3 pag. 197 )
non è troppo persuaso che questi quadri debbano attribuii si al nostro Stefano,
ma ci dà inciso un bel dipinto di questo artista, che mostra il viaggio d’ Emaus,
cioè il Redentore scendente con due pellegrini da una china espressi colla mag-
gior verità,
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