dei Curatores- Tiberis
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nonostante gli sforzi sagaci di quei due insigni eruditi, la contraddi-
zione fra il passo di Dione e quello di Tacito sussiste sempre,
poiché, mentre il primo attesta che la commissione dei cinque
senatori doveva essere designata dalla sorte, il secondo parla di
un vero e proprio mandato conferito ad Ateio e ad Arrunzio; è
. quindi di per sè evidente che Arrunzio non avrebbe potuto, ad un
tempo, avere il mandato coercendi fluminis ed essere estratto a
sorte per lo stesso scopo. Sicché per uscire dalla difficoltà che i due
passi presentano, io non vedo che un modo solo, del resto assai sem-
plice. Tiberio, a prevenire efficacemente il ritorno di inondazioni del
Tevere simili a quella che aveva funestata Roma, nel 15, affidò l'in-
carico di studiare la questione a due personaggi di sua fiducia,
Ateio Capitone, e L. Arrunzio, il primo dei quali, competentis-
simo nella materia delle acque, intorno a cui aveva scritto un
trattato speciale (Front., de aq. 97). Essi, studiata la cosa, pro-
posero a Tiberio che la cura del Tevere fosse deferita ad una
commissione permanente di cinque senatori designati dalla sorte ;
la quale, poi, potrà anche essere stata presieduta dallo stesso Ar-
runzio. In altri termini, i curatores riparimi qui primi fuerwnt^
come li chiamano le lapidi (C. I. L., VI, 1235 f-m), istituiti nel-
l'anno 15 da Tiberio e dei quali parla Dione, sarebbero, per così
dire, una emanazione degli studi che, nello stesso anno, Ateio
Capitone e L. Arrunzio fecero, per mandato del principe, intorno
al fiume e dei quali parla Tacito. In questo modo, la contraddi-
zione fra i due passi, se non erro, sparisce completamente.
2) I curatori del Tevere formavano, adunque, un collegio
di quattro senatori presieduti da un consolare (cf. Borghesi,
Oeuvres, III, 363 ; V, 62) e tanti se ne trovano inscritti o ri-
cordati nelle lapidi terminali che, dal tempo di Tiberio giun-
gono fino a quello di Claudio ('). Da Vespasiano in poi, invece,
non se ne nomina che un solo. Ciò porta a chiedere se la com-
(') Cf. i numeri 1, 2, 3 e 26 della nostra serie; e G. I. L., X, 797.
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nonostante gli sforzi sagaci di quei due insigni eruditi, la contraddi-
zione fra il passo di Dione e quello di Tacito sussiste sempre,
poiché, mentre il primo attesta che la commissione dei cinque
senatori doveva essere designata dalla sorte, il secondo parla di
un vero e proprio mandato conferito ad Ateio e ad Arrunzio; è
. quindi di per sè evidente che Arrunzio non avrebbe potuto, ad un
tempo, avere il mandato coercendi fluminis ed essere estratto a
sorte per lo stesso scopo. Sicché per uscire dalla difficoltà che i due
passi presentano, io non vedo che un modo solo, del resto assai sem-
plice. Tiberio, a prevenire efficacemente il ritorno di inondazioni del
Tevere simili a quella che aveva funestata Roma, nel 15, affidò l'in-
carico di studiare la questione a due personaggi di sua fiducia,
Ateio Capitone, e L. Arrunzio, il primo dei quali, competentis-
simo nella materia delle acque, intorno a cui aveva scritto un
trattato speciale (Front., de aq. 97). Essi, studiata la cosa, pro-
posero a Tiberio che la cura del Tevere fosse deferita ad una
commissione permanente di cinque senatori designati dalla sorte ;
la quale, poi, potrà anche essere stata presieduta dallo stesso Ar-
runzio. In altri termini, i curatores riparimi qui primi fuerwnt^
come li chiamano le lapidi (C. I. L., VI, 1235 f-m), istituiti nel-
l'anno 15 da Tiberio e dei quali parla Dione, sarebbero, per così
dire, una emanazione degli studi che, nello stesso anno, Ateio
Capitone e L. Arrunzio fecero, per mandato del principe, intorno
al fiume e dei quali parla Tacito. In questo modo, la contraddi-
zione fra i due passi, se non erro, sparisce completamente.
2) I curatori del Tevere formavano, adunque, un collegio
di quattro senatori presieduti da un consolare (cf. Borghesi,
Oeuvres, III, 363 ; V, 62) e tanti se ne trovano inscritti o ri-
cordati nelle lapidi terminali che, dal tempo di Tiberio giun-
gono fino a quello di Claudio ('). Da Vespasiano in poi, invece,
non se ne nomina che un solo. Ciò porta a chiedere se la com-
(') Cf. i numeri 1, 2, 3 e 26 della nostra serie; e G. I. L., X, 797.