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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 14.1911

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Fasc. 4
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Ciartoso Lorenzetti, Maria: Nuove attribuzioni ad un dicepolo di Giovanni Santi
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https://doi.org/10.11588/diglit.24138#0290

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NUOVE ATTRIBUZIONI

AD UN DISCEPOLO DI GIOVANNI SANTI

Studiando l’opera di Giovanni Santi poco si è pensato finora a determinare con chia-
rezza quale influsso abbia esercitato quest’artista sui pittori suoi concittadini: egli non
ebbe è vero una personalità propria: accorreva attratto, nell’orbita ora dell’uno, ora dell’altro
dei grandi artisti che si trovavano alla corte d’Urbino: Piero della Francesca, Fra Carnevale
Giusto di Gand; cercava di seguirne, ma ben di lontano, le orme, riuscendo con la scarsità
dei suoi mezzi, con un’anima piccina d’artista molto spesso impacciato.

Tuttavia ben accolto alla corte d’Urbino, stimato dal duca Federico, Giovanni Santi
dovette certamente essere tenuto in considerazione fra i suoi concittadini, e poiché in quel
tempo era l’unico pittore che godesse fama di buon artista, discepoli e seguaci a lui non
dovettero mancare. Marciarono tutti su le sue orme, e poiché al maestro mancava quella
scintilla di vita che ravviva le opere di un vero artista, potè venire facilmente raggiunto
ed anche, ora possiam dirlo, superato.

Le opere del maestro e dei discepoli si fusero insieme, e guando la gloria di Raffaello
gettò sprazzi di luce anche sul padre, l’opera dei suoi discepoli restò nell’ombra; solo il
nome di Giovanni Santi ebbe vita, e tutto ciò che aveva attinenze con la sua arte venne
ad esso soltanto ascritto. Oggi la critica, pur rendendo omaggio alla gloria di Raffaello,
guarda con occhio più imparziale all’opera del padre, e trae dall’ombra l’arte finora oscurata
di qualche discepolo che allietò i suoi dipinti di quel soffio di vita che era mancato al
maestro. Questo tentativo, recentemente iniziato dal prof. Venturi,1 ha dato modo di riscon-
trare fra le opere attribuite al Santi, la mano di un altro artista che si allontana dall’arte
rude e volgare del maestro per una certa grazia e morbidezza di segno e superiorità di
sentimento. A questo stesso pittore che il Venturi crede poter identificare con Evangelista
di Pian di Meleto, autore di alcune delle Muse esistenti nella Galleria Corsini a Firenze e
della tavola di Budapest, noi crediamo di poter assegnare alcune opere esistenti in Urbino
e che presentemente vanno sotto il nome di Giovanni Santi. Nella Galleria dell’Istituto di
Belle Arti è una tavoletta rappresentante il Cristo morto seduto sul sarcofago e sorretto
da due angeli (fìg. i). La piccola composizione è serrata ed avvolta in un vivo senso dram-
matico; gli angeli in piedi sul sarcofago accostano doloranti la loro testa contro quella del
Cristo, mentre s’incurvano nello sforzo di sorreggerne il corpo; nei volti pallidi anelanti,
dalle labbra semiaperte, nei moti scomposti del corpo, nello scompiglio delle vesti è un vivo
senso di realismo. La figura del Cristo si presenta di fronte : il corpo svelto pur nella rigi
dezza del cadavere è ben modellato, il disegno netto, preciso, la fusione delle luci e delle
ombre sapientemente condotta. La testa dai capelli folti che scendono abbondanti lungo il
volto e su le spalle, concentra in sé un’espressione dolorosa che si manifesta nei lineamenti

Adolfo Venturi, in IdArte, fase. II, pag. 139: Il primo maestro di Raffaello.
 
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