LE SIBILLE NELLE ARTI FIGURATIVE ITALIANE
i.
CHI pensi al posto che le Sibille occupano nelle tradizioni popolari della Grecia antica,
specialmente nelle colonie, e soprattutto alla parte che le Sibille rappresentano nei grandi
poemi nazionali dei Romani, nel Bellum poenicum, nell’Aeneis, nella Pharsalia, non può non
maravigliarsi che nelle arti figurative dell’antichità esse non abbiano lasciato alcuna traccia.
Quando Roma era divenuta, nella coscienza di tutti i popoli soggetti, il capo del mondo, e
l'arte di Virgilio aveva indissolubilmente legato la Sibilla alla leggenda di Enea, non doveva
la splendida figurazione della Cumana tentare a riprodurla pittori e scultori? In vece, della
vergine fatidica cantata da Virgilio non resta altra effigie, che quella incisa sulle antiche mo-
nete di Cuma, dov’è rappresentata in estasi apollinea, la fronte cinta di lauro;1 nè della
Sibilla Delfica, con tanta efficacia descritta da Lucano, rimane altra immagine che quella im-
pressa, secondo il Kampers, sulle monete di Costantino.2 Miglior fortuna sarebbe toccata alla
Sibilla di Marpesso, nella Troade, se veramente la Marpessica fosse rappresentata nelle grandi
pitture pompeiane aventi senza dubbio per soggetto un vaticinio, e delle quali le due meglio
conservate possono vedersi nel Museo Nazionale di Napoli (fig. i).3 Sono due dipinti di discreta
esecuzione, evidentemente variazioni dello stesso tema attinto ad unica fonte. In quello di essi
che qui riproduciamo è rappresentato un tempio, che il tripode accusa per un tempio di
Apollo; una giovane donna, diritta, in atto d'ispirata, pronunzia un vaticinio. In giù, stanno
ad ascoltarla tre persone : a sinistra, un vecchio, seduto, con un lungo scettro e un ramoscello
tra le mani, e, appoggiato alle ginocchia del vecchio, un fanciullo, che pare abbia tra le mani
un pomo; dalla parte opposta, in piedi, un giovine eroe brandisce con la destra la lancia.
Il Panofka interpretò la rappresentazione per Cassandra, che predice al vecchio Priamo la
rovina di Troia, innanzi ad Ettore e ad Astianatte.
Il Sogliano4 riconobbe nell’eroe Ettore, che, giovanilmente baldanzoso, troppo fidando
nelle sue forze, non crede alle parole dell’ispirata vergine, nel fanciullo Paride, la causa della
futura rovina.
Il Robert, 5 in vece, facendo sue le conclusioni del Maas sulle versioni della leggenda di
Enea in Demetrio da Skepsis, ritenne, come s’è detto, che la donna fosse la Sibilla di Mar-
pesso, vaticinante la fondazione di Roma ad Anchise, Enea ed Ascanio.
Quale sia la nostra opinione su questi dipinti, diremo appresso. Esprimiamo però subito
il pensiero che, se pure Cassandra e non la Sibilla di Marpesso si dovesse vedere rappre-
1 Diels, Sibillinische Bldtter. La moneta è ripro-
dotta nel frontespizio.
8 Kampers, Deutsche Kaiser idee, pag. 6.
3 Helbig, 139-1-b, Guida Ruesch del Museo, n. 1273;
Sogliano, 560, Guida Ruesch del Museo, n. 1293.
4 Sogliano, Le pitture murali Campane, scoperte
tra ni iS68-/Syg. L’opinione del Soglian fu pure so-
stenuta dal Patroni in Atti dell’Accademia reale di
Napoli, Voi. XVII.
5 Hermes, 1887, pag. 454.
L’Arte. XVIII, 27.
i.
CHI pensi al posto che le Sibille occupano nelle tradizioni popolari della Grecia antica,
specialmente nelle colonie, e soprattutto alla parte che le Sibille rappresentano nei grandi
poemi nazionali dei Romani, nel Bellum poenicum, nell’Aeneis, nella Pharsalia, non può non
maravigliarsi che nelle arti figurative dell’antichità esse non abbiano lasciato alcuna traccia.
Quando Roma era divenuta, nella coscienza di tutti i popoli soggetti, il capo del mondo, e
l'arte di Virgilio aveva indissolubilmente legato la Sibilla alla leggenda di Enea, non doveva
la splendida figurazione della Cumana tentare a riprodurla pittori e scultori? In vece, della
vergine fatidica cantata da Virgilio non resta altra effigie, che quella incisa sulle antiche mo-
nete di Cuma, dov’è rappresentata in estasi apollinea, la fronte cinta di lauro;1 nè della
Sibilla Delfica, con tanta efficacia descritta da Lucano, rimane altra immagine che quella im-
pressa, secondo il Kampers, sulle monete di Costantino.2 Miglior fortuna sarebbe toccata alla
Sibilla di Marpesso, nella Troade, se veramente la Marpessica fosse rappresentata nelle grandi
pitture pompeiane aventi senza dubbio per soggetto un vaticinio, e delle quali le due meglio
conservate possono vedersi nel Museo Nazionale di Napoli (fig. i).3 Sono due dipinti di discreta
esecuzione, evidentemente variazioni dello stesso tema attinto ad unica fonte. In quello di essi
che qui riproduciamo è rappresentato un tempio, che il tripode accusa per un tempio di
Apollo; una giovane donna, diritta, in atto d'ispirata, pronunzia un vaticinio. In giù, stanno
ad ascoltarla tre persone : a sinistra, un vecchio, seduto, con un lungo scettro e un ramoscello
tra le mani, e, appoggiato alle ginocchia del vecchio, un fanciullo, che pare abbia tra le mani
un pomo; dalla parte opposta, in piedi, un giovine eroe brandisce con la destra la lancia.
Il Panofka interpretò la rappresentazione per Cassandra, che predice al vecchio Priamo la
rovina di Troia, innanzi ad Ettore e ad Astianatte.
Il Sogliano4 riconobbe nell’eroe Ettore, che, giovanilmente baldanzoso, troppo fidando
nelle sue forze, non crede alle parole dell’ispirata vergine, nel fanciullo Paride, la causa della
futura rovina.
Il Robert, 5 in vece, facendo sue le conclusioni del Maas sulle versioni della leggenda di
Enea in Demetrio da Skepsis, ritenne, come s’è detto, che la donna fosse la Sibilla di Mar-
pesso, vaticinante la fondazione di Roma ad Anchise, Enea ed Ascanio.
Quale sia la nostra opinione su questi dipinti, diremo appresso. Esprimiamo però subito
il pensiero che, se pure Cassandra e non la Sibilla di Marpesso si dovesse vedere rappre-
1 Diels, Sibillinische Bldtter. La moneta è ripro-
dotta nel frontespizio.
8 Kampers, Deutsche Kaiser idee, pag. 6.
3 Helbig, 139-1-b, Guida Ruesch del Museo, n. 1273;
Sogliano, 560, Guida Ruesch del Museo, n. 1293.
4 Sogliano, Le pitture murali Campane, scoperte
tra ni iS68-/Syg. L’opinione del Soglian fu pure so-
stenuta dal Patroni in Atti dell’Accademia reale di
Napoli, Voi. XVII.
5 Hermes, 1887, pag. 454.
L’Arte. XVIII, 27.