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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 2
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Longhi, Roberto: "Battistello", [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0154

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‘ BATTI STELLO „

(Continuazione e fine, vedi fase, precedente)

DOPO la «Lavanda»1 * ci sono ancora dieci anni di pittura di Caracciolo, all’incirca. Tre
cicli di affreschi e parecchi quadri stanno in questo periodo a dimostrarci ch’egli è
considerato fra i primi a Napoli, sebbene Santafede, Corenzio e Libera sian forse più simpa-
tici — è naturale — al pubblico del luogo. È bene ricordare che Ribera è a Napoli da parecchi
anni : ma Battistello non pare avvedersene.

Egli segue nella sua produzione troppo abbondante per esser tutta scelta, ma non tanto
da farlo essere inferiore a se stesso, quando egli non voglia, anche negli ultimi anni della
sua vita. Nel 1623 lavora un pennacchio della cupola del Tesoro di San Gennaro 2 — solo
apparentemente, crediamo, su disegno di Santafede ch’è l’impresario dell’opera—(comunque,
l’affresco, morto l’autore, è buttato a terra per far posto alle abbiezioni maggiori in cui sia
caduto Domenico Zampieri. Pazienza. Qualcos’altro resta a consolarci del danno: non già gli
affreschi compiuti verso quell’anno o poco dopo 3 nella prima cappella di destra in Santa Maria
la Nuova: chè le Storie degli arcangeli negli spicchi della cupoletta son quasi andate a male:
e solo nel sottarco verso destra una gloria d’angeli dipinta in chiaro ci mostra qual pratica
favolosa avesse raggiunto Caracciolo nell’aggruppare e sciogliere a suo piacere questi nodi
umanizzati.

E piuttosto nella Cappella di San Gennaro a San Martino — con i fatti del Santo titolare —
che va studiato Battistello nella sua forma migliore di frescante.4 Due lunette, un tondo cen-
trale, quattro pennacchi (fig. 7): tutto vi si assesta con una chiarezza, una solidità spaziata,

1 Sulla « Lavanda » voglio citare ancora il giudizio
errato ma sempre interessante che ne diede nel 1750
il Cochin ( Voyage d’Italie, Paris, 1763, pag. 179), con
le sue frasi un po’ di mestiere ma spesso, se non qui,
tanto più spregiudicate e sostanziose che quelle di
molte guide moderne: «... un tableau de Caracciolo,
répresentant le lavement des pieds, fort dans le goùt
(quant au cara:tère du dessin [ecco l’errore più grave])
de M. A. de Caravage, d’une nature basse, mais avec
beaucoup de verité, des caractères de tètes fort variés
et bien rendus, bien peints avec feu & expression. Ce
tableau est noirci : la couleur tire un peu sur un gris
bleuàtre, les ombres sona fort noires ». Al Monte della
Misericordia, pur credendo di Luigi Rodriguez il
quadro di Battistello non manca di osservarlo e di
lodarlo (pag. 159), e anche più interessante è ch’egli,
senza precisa indicazione d’autore, non manchi di ri-
cordare che a Santa Maria de’Sette Dolori « au mai-

tre-autel 011 voit un bon tableau » (pag. 176). Era
la «Visitazione» di Caracciolo, che per noi è smar-
rita, o perduta.

2 A. Borzelli, Battistello Caracciolo pittore e 1
Deputati del Tesoro di San Gennaro, Napoli, 1893.
Anche : Gualandi, Memorie originali risguardanti le
belle arti, Bologna, 1840-44, ser. V, pagg. 128-177:
Le pitture della Chiesa del Tesoro di San Gennaro.

3 Come dimostra l’iscrizione tombale di Fr. Seve-
rino, ordinatore della decorazione, morto nel 1623.

4 De Dominici attribuì questi affreschi al Corenzio
ed è l’unico sbaglio grave della sua biografia critica :
il Celano e il Sigismondo li fanno giustamente del Ca-
racciolo, ed è questo un gran merito : Dalbono non
sa che cosa concludere : finché Vittorio Sp.nazzola,
in Napoli Nobilissima (XI, pagg. 161-168) ritorna al-
l’antica opinione: è Corenzio, e la ripete nella guida
francese di San Martino.
 
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