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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 3
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Zorzi, Giangiorgio: Come lo "studio" di Valerio Belli trasmigò a Trento
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0287

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COME LO “STUDIO,, DI VALERIO BELLI
TRASMIGRÒ A TRENTO

La fama di Valerio Belli è sopratutto legata a tre opere: la Croce della Biblioteca
Vaticana, la cassetta di Clemente VII ora al Gabinetto delle Gemme agli Uffizi, e final-
mente il « fornimento de altare, cioè una croce et doi candelieri et una pace triti de cristallo V
incominciato per Clemente VII e finito per Paolo III, ora smembrato tra il Kensington
iluseum di Londra (che possiede la croce) e il Barone Alfredo de Rothschild di Gunnersburg
(che possiede un candelabro). Ma altre innumerevoli opere egli fece durante la sua
lunga vita (visse 78 anni e ancora vecchio lavorava, secondo che afferma il Vasari) delle
quali, anche lui vivente, grande parte era dispersa pel mondo. Il Vasari dice che ai suoi
tempi « non si vede altro che piene le botteghe degli orefici ed il mondo che delle cose sna
formate o di gesso o di zolfo o d'altre misure da e cavi dove e’fece storie, o figure o teste ».
città sua natale possedeva un « tabernaculum argentimi aureatum et subtilissime labo-
ratum » nel quale veniva posto il Santissimo nella festa del Corpus Domini: ma la pregevole
reliquia andò perduta nel saccheggio fatto in Vicenza dalle truppe napoleoniche. Sventu-
ratamente per noi andò dispersa anche quella preziosa collezione di opere del Belli conser-
vata dai conti Gualdo nel loro museo di via Pusterla in Vicenza, tra cui si ammiravano lavori
in oro, in madreperla, in cristallo, in gioie, in gessi, e alcune tavolette di medaglie greche
e romane passate poi ad arricchire i musei di Vienna di Berlino e di Parigi.2 Così non sap-
piamo dove sia andato a finire il cristallo rappresentante il Giudizio di Paride che lo scul-
tore siciliano Nicolò Basilio credeva la più bella cosa di quel museo 3 e da cui furono tratti
parecchi getti in bronzo che possono osservarsi al Museo Correr di Venezia e al Museo Im-
periale di Berlino. Un altro cristallo rappresentante l’Oracolo di Delfo era posseduto dal
Gori nel secolo XVIII con la scritta « VALE . VI . FE . » e un altro ancora lo stesso Gori
aveva visto presso il fiorentino Francesco Ricoveri, rappresentante la caccia al Leone,4
ma ora non se ne conoscono che i getti in bronzo posseduti al Museo del Palazzo Ducale
di Venezia, al Museo Imperiale di Berlino e al South Kensington Museum di Londra. LTn
cristallo, rappresentante una scena mitologica, è tuttora conservato al British Nuseum,
e un altro, con la scritta VALE. VI. F., rappresentante Escnlapio ed Igea dovrebbe tut-
tora trovarsi ad Aquileia, dove fu visto ed illustrato nel secolo xvm da Gio. Domenico Bea-
toli5 il quale però lo ritenne un cristallo antico, interpretandone l’iscrizione come « Vale.

1 Lettera di Valerio Belli al Duca di Mantova, del
3 dicembre 1533, pubblicata in Archivio storico
Lombardo, anno XV, pag. 1014.

2 V. Giardino di Chà Gualdo di Girolamo II
Gualdo (pubblicato da B. Morsolin, in Nuovo Ar-
chivio Veneto 1894, tomo Vili, parte I, pag. 219.

3 Basilio Nicolò, Il Museo Gualdo di Vicenza nei
secoli XVI-XVII descritto. Vicenza, Paroni, 1854.

1 Gori, Historia gliptographica smithìana. Ve-
nezia. G. B. Pasquali, 1767, pag, 246.

5 Antichità di Aquileia profane e sacre. Venezia,
Albrizzi, 1739, in 4°, pag. 53, 54.
 
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