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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 3.1897

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Fasc. I
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https://doi.org/10.11588/diglit.19209#0108

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72

RECENSIONI

soffffionio del maestro a Lucca, che Vasari mette
prima del concorso per la porta del battistero di
Firenze nel 1402, deve fissarsi piuttosto dopo que-
st'ultimo, ed in questo primo soggiorno cade l'ese-
cuzione del monumento sepolcrale della Ilaria Ca-
roto, moglie di Paolo Giunigi, mancata ai vivi
l'8 dicembre 1405. Secondo il Milanesi essa sarebbe
da mettere solo nel 1413, anno in cui testimonianze
di documenti attestano la presenza di Jacopo a
Lucca. Ma pare poco verosimile che Paolo Giunigi,
passato in seconde nozze già due anni dopo la
morte dell'Ilaria, abbia aspettato otto anni per eri-
gerle un monumento. Anzi, egli lo avrà fatto ese-
guire subito dopo la sua morte, cioè nel 1406 o
nel 1407, e che non ne abbiamo la prova nei suoi
libri di conti, in cui egli notò con grande accura-
tezza tutte le sue spese, si spiega col non esistere
più proprio quello dell'anno 1406. Nell'anno 1413
invece, il maestro a Lucca sarà stato occupato col
lavoro all'altare nella cappella del Sacramento in
San Frediano. Benché un'epigrafe del Quercia
stesso su questa opera rechi la data del 1422, il
Cornelius adduce tanti argomenti per l'origine an-
teriore del 1413 della parte principale superiore
dell'altare che d'ora innanzi sarebbe difficile di du-
bitarne. Quella data posteriore del 1422, invece,
si riferisce al compimento dell'opera, interrotta
nel 1413 per essere stato il maestro richiamato
a Siena pei lavori alla Fonte Gaja; ed apparten-
gono a questo secondo periodo i bassorilievi della
predella, che tradiscono manifestamente uno stile
diverso dalle statue superiori, e che corrisponde
affatto all'evoluzione che si era effettuata nella
maniera del maestro, nel periodo dal 1413 al 1422.
Il nostro autore non è riuscito a trovare un do-
cumento che attestasse in modo esplicito l'alloga-
zione fatta al Quercia della fonte battesimale in
San Giovanni a Siena; però il fatto risulta così
chiaro da parecchie sentenze contenute in altri
documenti non riferibili direttamente all'opera in
questione, che non si può mettere in dubbio. Del
resto lo stile del lavoro tradisce in modo tagliente
lo scalpello del maestro. Ebbe il nostro autore, al-
l'opposto, la buona fortuna di metter la mano su
parecchi documenti finora non pubblicati, ma che
recano qualche dato interessante su alcuni dei bas-
sorilievi in bronzo, decoranti la vasca del batte-
simo della fonte di cui trattiamo. S'impara da essi
che il bassorilievo dell'Angelo che apparisce a Zac-
caria, allogato al Quercia nel 1417, era già presso
a poco finito (probabilmente però soltanto in un

modello di terracotta) nel 1419, e che soltanto col
gettarlo in bronzo si indugiò fino all'anno 1430.
E si impara, di più, che il bassorilievo, commesso
a Donatello, della Salome danzante davanti ad
Erode fu già terminato il 18 agosto 1425, e non
come si è supposto finora, solo tre anni dopo. E
così con queste date si risolve la questione della
priorità di stile fra i due maestri a favore del
Quercia, e quella dell'imitazione dello stile del-
l'uno dalla parte dell'altro in disfavore di Dona-
tello. In ogni modo non si potrà più parlare d'ora
innanzi di nessuna dipendenza artistica del Quercia
dal grande iniziatore della scultura del Rinasci-
mento.

Passando ora alla seconda parte del nostro libro
per rilevarne uno o l'altro dei pregi degli svolgi-
menti contenutivi, ci piace di accennare, per es.,
alla comparazione che l'autore a pag. 75 e seg.
fa delle statue del Quercia nell'altare di San Fre-
diano con quelle di Donatello e di Ghiberti nelle
nicchie di Or San Michele, confronto pel quale le dif-
ferenze, anzi il contrasto dal punto di vista dello
stile fra questi tre maestri vengono dilucidate in
modo altrettanto tagliente che spiritoso. Molto
minuto e steso con grande amore è il commento
del nostro autore sull'opera principale del suo eroe
a Siena, sulla Fonte Gaja, di cui purtroppo non
sopravanzano se non pochi frammenti ed anche
questi in stato di conservazione deplorevole. Ci
paiono meritare speciale attenzione le osservazioni
argute e fini che il Cornelius, a pag. 96 e seg.,
emette sui pregi e sulle preferenze, in confronto
ad altri scultori contemporanei dello stile dei bas-
sorilievi del Quercia, come anche di quello spiegato
negli ornamenti vegetativi dell'opera in discorso.
E benché severo, però giustificato è il verdetto
ch'egli si sente costretto a proferire contro la ri-
produzione dell'opera Querciana per lo scultore Sar-
rocchi che, come ò noto, ne eseguì dal 1858 al 1866
la copia ora esistente sul Campo a Siena; l'artista
moderno non ha compreso il genio del suo modello,
e ne ha dato una copia di una secchezza e durezza
insopportabile, mancante fino al minimo tentativo
di compenetrare le forme di vita e di spirito. Non
meno ingegnosi sono i confronti che il nostro scrit-
tore, sempre all'occasione del commento delle scul-
ture della Fonte Gaja, costituisce fra il Quercia
ed i suoi precursori del Trecento, e con qual fine
discernimento egli ritrova e dimostra il nesso, la
coerenza della sua arte con quella dei suoi ante-
cessori, come scuopre i punti nei quali essa si rat-
 
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