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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 3.1897

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Fasc. II
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https://doi.org/10.11588/diglit.19209#0192

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156

ltK( JUNK IONI

particolarità e l'importanza dal punto di vista ar-
tistico, iconografico o storico. Questo tosto a ci 1 i

10 prende in mano come mero dilettante — giacché,
come dichiarano gli editori, la loro pubblicazione
è pure destinata a portare la conoscenza delle
opere d'arte riprodotte fra il pubblico colto che
prende interesse di simili cose — parrà forse un
po troppo ristretto, e non contenterà sempre al
srrado desiderato la curiosità di chi non è in istato
di tenersi al corrente delle relative ricerche. Lo
studioso, invece, sa che su ogni quesito in connes-
sione colle opere raffigurate può trovare larghe in-
formazioni sia nel catalogo sopra indicato, sia nel
libro del Bode sugli Scultori italiani del Rinasci-
mento, Berlino, 1887, sia nelle memorie che lo stesso
autore da anni va stampando ne\V Annuario dei
Musei prussiani, studiandovi ora quasi ogni opera
nuovamente entrata nella raccolta, ora l'insieme
delle produzioni di uno o l'altro degli artisti di
quell'epoca.

Prima di entrare con qualche particolarità nel
contenuto della nostra opera, fa d'uopo commemo-
rarne con poche parole il pregio materiale. L'edi-
tore vi ha messo ogni suo sforzo per corredarla di
maniera che la sua forma esteriore corrispondesse
al suo valore intrinseco, ed è riuscito pienamente.
Essa si presenta non con quella civetteria leziosa,
di cui a certe ditte francesi (p. es. al Rothschild)
piace rivestire le loro edizioni; anzi, mostra quella
nobile riserva che fida nel proprio merito, e che
in ciò appunto si regola dal carattere delle im-
mortali opere riprodotte. Le tavole eliotipiche di
formato grandissimo (33 a 49 centimetri) sono di
una nitidezza e plasticità senza pari, e rendono
con mirabile effetto fin alle particolarità del mate-
riale (marmo, terracotta, stucco colorito, gesso
duro, carta pesta). Forse — ed è questo il solo rim-
provero che si abbia a fare alla nostra pubblica-
zione — parecchie delle sculture in marmo (come

11 ritratto virile della fine del trecento sulla ta-
vola n. 50, il bassorilievo della Madonna col bam-
bino di Donatello proveniente dal palazzo Pazzi e
il busto femminile di Fr. Laurana, già nel palazzo
Strozzi e fino agli ultimi tempi ritenuto quello di
Marietta Strozzi scolpito da Desiderio da Setti-
gnano) avrebbero guadagnato in quanto a rendere
l'effetto della morbidezza e delicatezza proprie alla
superficie del marmo, se si fosse adoperato, per
fissarle sul negativo, un metodo che non avrebbe
riprodotto in maniera cosi distinta, per non dire
dura, ogni menomo tratto della modellatura del-

l'originale. Che in questa maniera si ottengano ri-
produzioni irreprensibili, viene provato da tutte le
altre tavole — e sono la grande maggioranza fra
le comunicate — che raffigurano opere scultorie di
marmo, come sarebbero, p. es., il busto n. 10 rico-
nosciuto, non ha guari, per quello della Marietta
Strozzi di Desiderio da Settignano, l'altorilievo della
Madonna col bambino n. 42 di Antonio Rossel-
lino, quello col ritratto di Cosimo de'Medici n. 57
ascritto al Verrocchio, la statua del Giovannino di
Michelangelo, e via dicendo.

Le tavole della nostra opera sono disposte in
ordine alfabetico dei nomi d'autori per facilitare
agli studiosi la ricerca di singole determinate scul-
ture. Noi, invece, nei cenni che seguono, ci atter-
remo all'ordine cronologico, non toccando, per al-
tro, mancando lo spazio, se non delle più insigni
fra le opere d'arte che ci vengono presentate. Ap-
partengono alla scultura medievale la statua in
legno della Vergine sedente col bambino sulle sue
ginocchia, di grandezza naturale, colorita, dall'iscri-
zione appostavi legittimata per opera del presbi-
tero Martino di Borgo San Sepolcro dell'anno 111)9,
lavoro concepito sotto l'influsso di modelli bizan-
tini, di singolare grandiosità e quasi unico nel suo
genere; vi appartiene pure un altorilievo di due
angeli sostenenti il busto del Beato Buonaccorso di
Pistoia, eseguito da Niccolò Pisano, forse quando,
nel 1272, soggiornò in quella città per ristaurarvi
un altare; di più la statuetta in grandezza metà
del naturale di una Madonna col bambino sul brac-
cio sinistro, di Giovanni Pisano, analoga nello stile
a quella argentea nel duomo di Prato, e perciò
ascrivibile al tempo quando Giovanni a Pistoia la-
vorava il pulpito di Sant'Andrea; similmente il bu-
sto di una principessa proveniente da Scala presso
Ravello, e che, con quell'altro della Sigelgaita Ruf-
falo sul pergamo di San Pantaleone a Ravello, mo-
stra nello stile l'influenza di Niccolò Pisano, mentre
nel lavoro tecnico si appoggia alla tradizione della
scultura romana, e cosi reca uno dei rari esempi del
« Protorinascimento » iniziato da quel grande pre-
cursore; e infine il busto di un gentiluomo toscano,
della seconda metà del Trecento, di gran pregio,
come uno dei primi ritratti, in senso strettamente
naturalistico, della scultura italiana, giacche nei
busti testò ricordati di Ravello e di Scala l'ele-
mento ideale apparisce di gran lunga preponderante
su quello di una fedele imitazione della natura.

Con Donatello entriamo in pieno Rinascimento:
nessuna delle collezioni di oltr'alpi può vantarsi
 
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