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A. XARDIM DKSPnTTI M( )SIM(ìXOTTI
che, non potendo essere effetto del caso, devono avere senz'aleuti dubbio le loro ragioni. Le
induzioni che si [tossono l'are intorno ad esse sono due: o i due popoli, i Persi e gli Coni
desunsero la loro architettura l'uno dall'altro, o attinsero ambedue ad una
l'onte comune.
T.o sviluppo pressoché coevo delle civiltà persiana ed ionica, la lonta-
nanza grande dei due popoli, il loro primo e scarso contatto, che non
oltrepassa i tempi di Ciro, e l'antagonismo che fu sempre fra loro rendono
improbabile, per non dire impossibile, l'ipotesi che uno di essi abbia potuto
derivare dall'altro la sua architettura. I Persiani, che erano entrati allora
allora nella via della civiltà, non potevano farsi maestri ai Greci, e non
potevano esser nemmeno i ioro discepoli. Essi avevano prossime, conter-
mini e sottoposte a se nazioni tanto più grandi e tanto più anticamente
civili che non avevano bisogno d'ammaestrarsi alla scuola dei Greci, i
quali avevano anch'essi d'altronde bisogno d'essere ammaestrati, dei Greci
di cui udivano allora per la prima volta il nome, e dai quali differivano
Figg. 18, io, 20, 2i così radicalmente nei costumi, nelle credenze religiose e nelle istituzioni
politiche. Per le ragioni stesse i Greci non potevano essere i discepoli dei
Persiani. Ma nià gli stessi scrittori più partigiani dei Greci non hanno mai osato far derivare
da questi l'architettura degli Achemenidi, e Perrot, testimonio autorevolissimo e al di sopra
d'ogni sospetto, guardando con la sua lente benevola i monumenti del tempo di Serse, del
tempo cioè in cui l'arte persiana era completamente costituita, pur per iscorgervi magari
una traccia della immancabile greca influenza, in ultima analisi non ha saputo raccapezzarvi
altro che « un astragale qui fait songer à celili citi chapiteau ionique... et des oves et des
perles qui ont une saveur toute grecque »;J risultato davvero meno che minuscolo; tantoché,
parlando delle tracce che l'arte greca in genere ha lasciato sull'arte persiana, ha dovuto
concludere che « ces traces soni discrètes et légères », 2 e che la parte che la prima ha
avuto sullo sviluppo della seconda « est très restreinte ».3 E sta bene. Imperocché, come
attenua egli stesso, « vers la fin du sixieme siede, quand l'art perse acheva de se constituer
et de se definir, Varcìiitecture et la sculpture grecque en étaient encore a se dégager des en-
traves et des tdtonnements de Parcìiaisme. De plus, alors meme quHls eurent enfanté leurs
plus nobles chefs-d'oeuvre, il fallut encore, pour ouvrir et pour livrer l'Asie antérieure à la
civilisation hellénique, qu}'Alexandre eut vaincu au Granique, à Issus età Arbèles».* Cosa
d'altronde che non deve far meraviglia, una volta ch'egli stesso è tratto a confessare, che
fra Persiani e Greci non vi fu mai buon sangue: « Ori ne se comprenait, on ne se goùtait,
on ne s'extimait pas de part et d'autre; il n'y a pas eu rapprochement intime et fe'eond »/0
Anche l'esame delle due architetture ci vieta di considerare l'una come derivata diret-
tamente dall'altra, imperocché quand'anche questa derivazione potesse ammettersi rispetto
alle trabeazioni, che'tanto nell'una come nell'altra, come si è visto, quasi s'identificano,
bisognerebbe però recisamente rifiutarla in quanto attiene alle colonne; essendo che ben si
travede che la colonna persiana e l'ionica hanno delle analogie e dei punti di contatto che
possono farle risalire a una comune origine, ma sarebbe manifesta insipienza il sostenerle
derivate direttamente l'una dall'altra.
Se dunque questa derivazione diretta fra l'architettura ionica e persiana non si può am-
mettere, l'Unica ipotesi possibile che rimane a farsi è che ambedue abbiano attinto ad una
fonte comune, se pure non hanno attinto piuttosto ciascuna a due fonti diverse derivanti da
una sorgente medesima.
Per risalire a queste fonti è da vedersi quali sono le nazioni da cui i Persi e gli Ioni
1 Perrot, Ilistoire de l'art, t. V, pag, 434. 4 Perrot, ivi, pag. 888.
8 Peurot, ivi, pag. 888. 5 Perrot, ivi, pag. 433-434.
;i Peurot, ivi, pag. 889.
A. XARDIM DKSPnTTI M( )SIM(ìXOTTI
che, non potendo essere effetto del caso, devono avere senz'aleuti dubbio le loro ragioni. Le
induzioni che si [tossono l'are intorno ad esse sono due: o i due popoli, i Persi e gli Coni
desunsero la loro architettura l'uno dall'altro, o attinsero ambedue ad una
l'onte comune.
T.o sviluppo pressoché coevo delle civiltà persiana ed ionica, la lonta-
nanza grande dei due popoli, il loro primo e scarso contatto, che non
oltrepassa i tempi di Ciro, e l'antagonismo che fu sempre fra loro rendono
improbabile, per non dire impossibile, l'ipotesi che uno di essi abbia potuto
derivare dall'altro la sua architettura. I Persiani, che erano entrati allora
allora nella via della civiltà, non potevano farsi maestri ai Greci, e non
potevano esser nemmeno i ioro discepoli. Essi avevano prossime, conter-
mini e sottoposte a se nazioni tanto più grandi e tanto più anticamente
civili che non avevano bisogno d'ammaestrarsi alla scuola dei Greci, i
quali avevano anch'essi d'altronde bisogno d'essere ammaestrati, dei Greci
di cui udivano allora per la prima volta il nome, e dai quali differivano
Figg. 18, io, 20, 2i così radicalmente nei costumi, nelle credenze religiose e nelle istituzioni
politiche. Per le ragioni stesse i Greci non potevano essere i discepoli dei
Persiani. Ma nià gli stessi scrittori più partigiani dei Greci non hanno mai osato far derivare
da questi l'architettura degli Achemenidi, e Perrot, testimonio autorevolissimo e al di sopra
d'ogni sospetto, guardando con la sua lente benevola i monumenti del tempo di Serse, del
tempo cioè in cui l'arte persiana era completamente costituita, pur per iscorgervi magari
una traccia della immancabile greca influenza, in ultima analisi non ha saputo raccapezzarvi
altro che « un astragale qui fait songer à celili citi chapiteau ionique... et des oves et des
perles qui ont une saveur toute grecque »;J risultato davvero meno che minuscolo; tantoché,
parlando delle tracce che l'arte greca in genere ha lasciato sull'arte persiana, ha dovuto
concludere che « ces traces soni discrètes et légères », 2 e che la parte che la prima ha
avuto sullo sviluppo della seconda « est très restreinte ».3 E sta bene. Imperocché, come
attenua egli stesso, « vers la fin du sixieme siede, quand l'art perse acheva de se constituer
et de se definir, Varcìiitecture et la sculpture grecque en étaient encore a se dégager des en-
traves et des tdtonnements de Parcìiaisme. De plus, alors meme quHls eurent enfanté leurs
plus nobles chefs-d'oeuvre, il fallut encore, pour ouvrir et pour livrer l'Asie antérieure à la
civilisation hellénique, qu}'Alexandre eut vaincu au Granique, à Issus età Arbèles».* Cosa
d'altronde che non deve far meraviglia, una volta ch'egli stesso è tratto a confessare, che
fra Persiani e Greci non vi fu mai buon sangue: « Ori ne se comprenait, on ne se goùtait,
on ne s'extimait pas de part et d'autre; il n'y a pas eu rapprochement intime et fe'eond »/0
Anche l'esame delle due architetture ci vieta di considerare l'una come derivata diret-
tamente dall'altra, imperocché quand'anche questa derivazione potesse ammettersi rispetto
alle trabeazioni, che'tanto nell'una come nell'altra, come si è visto, quasi s'identificano,
bisognerebbe però recisamente rifiutarla in quanto attiene alle colonne; essendo che ben si
travede che la colonna persiana e l'ionica hanno delle analogie e dei punti di contatto che
possono farle risalire a una comune origine, ma sarebbe manifesta insipienza il sostenerle
derivate direttamente l'una dall'altra.
Se dunque questa derivazione diretta fra l'architettura ionica e persiana non si può am-
mettere, l'Unica ipotesi possibile che rimane a farsi è che ambedue abbiano attinto ad una
fonte comune, se pure non hanno attinto piuttosto ciascuna a due fonti diverse derivanti da
una sorgente medesima.
Per risalire a queste fonti è da vedersi quali sono le nazioni da cui i Persi e gli Ioni
1 Perrot, Ilistoire de l'art, t. V, pag, 434. 4 Perrot, ivi, pag. 888.
8 Peurot, ivi, pag. 888. 5 Perrot, ivi, pag. 433-434.
;i Peurot, ivi, pag. 889.