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(ilULTO CAROTTI
distante dall'epoca in cui egli condusse quelle fra le pitture della cappella Portinari che
sono sue.
Altri però potrà giustamente osservare, anzi domandare, se il Foppa era proprio il solo
pittore che avesse recato in Lombardia la maniera padovana; potrà ancora avvertire che le
vecchie carte dello stesso turno di tempo ci conservano il nome di altri artisti molto de-
siderati dai duchi di Milano: Zaneto Bugato, Bonifacio Bembo, Stefano de' Fedeli, Costan-
tino Vaprio, Pietro Marchesi, Cristoforo de Motis, Giacomino Yismara, Gottardo de' Scoti ed
altri ancora.
Alla prima obbliezione rispondo che sinora non si conosce altro grande artista che abbia
recato in Lombardia la maniera padovana. Avemmo, è vero, Carlo Braccesco, detto Carlo del
Mantegna perchè si era assimilato la maniera di quel sommo maestro, e il suo frammento di
affresco nel Museo di Yerona (n. 561, proveniente da quel convento degli Angioli), rappre-
sentante San Giacomo minore fra i Santi Gerolamo e Stefano sotto un loggiato in prospettiva
dal sotto in su, conferma la tradizione pur palesando un artista alquanto floscio; ma nei
nostri affreschi noi non abbiamo trovato il solo ed esclusivo carattere mantegnesco, bensì
il carattere complessivo della scuola padovana dalla quale esci pure il Mantegna. Avemmo
inoltre due pittori che dipinsero in Man-
tova pel Gonzaga, tra gli anni 1469
e 1473, Michele ed Anselmo dei Liom-
beni, i quali erano oriundi di Pavia;
ma anch'essi erano allievi diretti, esclu-
sivi del Mantegna.
Alla seconda obbiezione non posso
rispondere che con una induzione, che
è molto plausibile ma che rimane pur
Fig. 8". sempre un'induzione: i grandi intel-
ligenti e scrittori d'arte che ci vennero
dalla vera sorgente dell'arte, dalla Toscana, il Filarete (libro IX e libro XXY) ed il Yasari non
ebbero lodi, non ebbero entusiasmo che per Bonifazio Bembo ed il Foppa, e sinora le opere
certe del Foppa giustificano pienamente quelle lodi.
Ad ogni modo faccio voto che il rev. Don Pietro Moiraghi, che è appunto addetto
all'archivio notarile di Pavia, nel quale ha già con indefesso lavoro scoperto documenti molto
importanti per ricostituire la storia dell'arte in Pavia, si accinga alla ricerca degli atti dei
notai che in quel turno di tempo prestavano l'opera loro pel collegio Castiglioni. Ne ho
rinvenuto un elenco antico e lo pubblico in appendice con gli altri materiali. Chissà che
non trovi il patto con cui il cardinal Branda iuniore od il rettore di quel tempo affidava
la decorazione dell'oratorio ad ima compagnia di pittori! ed allora, quali si siano i nomi,
si sarà fatto un passo più avanti nella storia dell'arte lombarda.
IV.
La decorazione della parete dell'altare.
Ritengo che l'altare del nostro oratorio sorgesse dinanzi alla parete rivolta ad oriente.
Infatti, non poteva essere collocato nella parete d'ingresso, che abbiamo già studiata, nep-
pure in quella che le stava di fronte che studieremo in seguito e che aveva un grande ed
unico affresco. La occidentale, verso la strada, aveva tre finestre. Necessariamente, mi pare
adunque che l'altare dovesse stare al muro orientale, che rispondeva al cortile interno del
collegio. La decorazione del resto si riduce a poco. In alto abbiamo gli avanzi di un affresco
(ilULTO CAROTTI
distante dall'epoca in cui egli condusse quelle fra le pitture della cappella Portinari che
sono sue.
Altri però potrà giustamente osservare, anzi domandare, se il Foppa era proprio il solo
pittore che avesse recato in Lombardia la maniera padovana; potrà ancora avvertire che le
vecchie carte dello stesso turno di tempo ci conservano il nome di altri artisti molto de-
siderati dai duchi di Milano: Zaneto Bugato, Bonifacio Bembo, Stefano de' Fedeli, Costan-
tino Vaprio, Pietro Marchesi, Cristoforo de Motis, Giacomino Yismara, Gottardo de' Scoti ed
altri ancora.
Alla prima obbliezione rispondo che sinora non si conosce altro grande artista che abbia
recato in Lombardia la maniera padovana. Avemmo, è vero, Carlo Braccesco, detto Carlo del
Mantegna perchè si era assimilato la maniera di quel sommo maestro, e il suo frammento di
affresco nel Museo di Yerona (n. 561, proveniente da quel convento degli Angioli), rappre-
sentante San Giacomo minore fra i Santi Gerolamo e Stefano sotto un loggiato in prospettiva
dal sotto in su, conferma la tradizione pur palesando un artista alquanto floscio; ma nei
nostri affreschi noi non abbiamo trovato il solo ed esclusivo carattere mantegnesco, bensì
il carattere complessivo della scuola padovana dalla quale esci pure il Mantegna. Avemmo
inoltre due pittori che dipinsero in Man-
tova pel Gonzaga, tra gli anni 1469
e 1473, Michele ed Anselmo dei Liom-
beni, i quali erano oriundi di Pavia;
ma anch'essi erano allievi diretti, esclu-
sivi del Mantegna.
Alla seconda obbiezione non posso
rispondere che con una induzione, che
è molto plausibile ma che rimane pur
Fig. 8". sempre un'induzione: i grandi intel-
ligenti e scrittori d'arte che ci vennero
dalla vera sorgente dell'arte, dalla Toscana, il Filarete (libro IX e libro XXY) ed il Yasari non
ebbero lodi, non ebbero entusiasmo che per Bonifazio Bembo ed il Foppa, e sinora le opere
certe del Foppa giustificano pienamente quelle lodi.
Ad ogni modo faccio voto che il rev. Don Pietro Moiraghi, che è appunto addetto
all'archivio notarile di Pavia, nel quale ha già con indefesso lavoro scoperto documenti molto
importanti per ricostituire la storia dell'arte in Pavia, si accinga alla ricerca degli atti dei
notai che in quel turno di tempo prestavano l'opera loro pel collegio Castiglioni. Ne ho
rinvenuto un elenco antico e lo pubblico in appendice con gli altri materiali. Chissà che
non trovi il patto con cui il cardinal Branda iuniore od il rettore di quel tempo affidava
la decorazione dell'oratorio ad ima compagnia di pittori! ed allora, quali si siano i nomi,
si sarà fatto un passo più avanti nella storia dell'arte lombarda.
IV.
La decorazione della parete dell'altare.
Ritengo che l'altare del nostro oratorio sorgesse dinanzi alla parete rivolta ad oriente.
Infatti, non poteva essere collocato nella parete d'ingresso, che abbiamo già studiata, nep-
pure in quella che le stava di fronte che studieremo in seguito e che aveva un grande ed
unico affresco. La occidentale, verso la strada, aveva tre finestre. Necessariamente, mi pare
adunque che l'altare dovesse stare al muro orientale, che rispondeva al cortile interno del
collegio. La decorazione del resto si riduce a poco. In alto abbiamo gli avanzi di un affresco